Voyager, un nome una leggenda: a 36 anni dal lancio le sonde gemelle partorite dalla NASA fanno ancora parlare di loro; e lo fanno in grande stile. Alla fine di Settembre infatti la sonda Voyager 1, a circa 17 miliardi di chilometri di distanza dalla Terra, potrebbe essere ufficialmente diventato il primo oggetto realizzato dall’uomo ad aver oltrepassato i confini del nostro Sistema Solare. E anche se il condizionale è sempre d’obbligo in una questione delicata come questa, l’entusiasmo per quello che sarebbe senza dubbio un altro “grande salto per l’umanità” è incondizionato.
L’Esplorazione Planetaria
Pasadena, 1977. Era il 5 Settembre quando la NASA lanciava fuori dall’atmosfera terrestre la sonda Voyager 1, a pochi giorni di distanza dalla gemella Voyager 2. Destinazione della missione: i pianeti esterni del Sistema Solare, sfruttando un vantaggioso allineamento planetario verificatosi proprio a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta. In primo luogo, le attenzioni erano rivolte a Giove e Saturno, di cui ambo le sonde ci hanno regalato immagini memorabili, fotografando dettagli prima mai visti, come le lune dei giganti gassosi e gli spettacolari anelli di Saturno. Successivamente, mentre la Voyager 2 veniva spinta per intercettare le orbite di Urano e Nettuno, diventando l’unica sonda terrestre ad aver visitato questi pianeti, la sonda Voyager 1 proseguiva il proprio viaggio verso i confini del Sistema Solare, avendo concluso la propria missione di esplorazione.
Ma proprio in quel momento per la sonda cominciava una seconda “missione”, che paradossalmente potrebbe diventare più importante e intrigante dello stesso scopo per cui era stata progettata. Dagli anni Ottanta a oggi, infatti, la Voyager 1 non è stata un corpo inerte vagante nello spazio interplanetario, ma un oggetto nel pieno della propria operatività, continuando a inviare dati e immagini del suo viaggio. Pian piano però, a partire dagli anni Novanta, la NASA ha cominciato progressivamente a spegnere alcune attrezzature per risparmiare le batterie al Plutonio. Prima però l’agenzia spaziale statunitense ha voluto regalare a ogni pianeta una foto da circa 6 miliardi di chilometri di distanza; messe tutte insieme, esse formano il collage “Ritratto di Famiglia”, uno scatto unico di quasi tutti gli attori della giostra planetaria.
Anche la Terra è stata ripresa in un’immagine rimasta memorabile, in cui il nostro pianeta non è altro che un “pallido pallino blu”. Uno sguardo verso casa voluto dallo scienziato e direttore del progetto Voyager Carl Sagan, che meglio di chiunque altro ha saputo commentare e cogliere il senso di questo scatto nel suo libro “A Pale Blue Dot”:“Da questo distante punto di osservazione, la Terra potrebbe non sembrare di particolare interesse. Ma per noi è diverso. […] E’ qui. E’ casa. E’ noi. Su di esso, tutti coloro che amate, tutti coloro che conoscete, tutti coloro di cui avete mai sentito parlare, ogni essere umano che sia mai vissuto. […] Non c’è forse migliore dimostrazione della follia delle vanità umane che questa distante immagine del nostro minuscolo mondo. Per me, sottolinea la nostra responsabilità di occuparci più gentilmente l’uno dell’altro, e di preservare e proteggere il pallido punto blu, l’unica casa che abbiamo mai conosciuto.”
Ma era di fondamentale importanza che gli scienziati interpretassero correttamente i dati inviati dalla Voyager 1 per capire effettivamente dove si trovasse e se avesse già oltrepassato i confini del Sistema Solare oppure no. A tal proposito, la sonda fu equipaggiata con alcuni importanti strumenti: fra questi, il rilevatore del livello di plasma nel Sistema Solare. Questo strumento smise di funzionare negli anni Ottanta, subito dopo che la sonda ebbe terminato la propria esplorazione planetaria. Per questo motivo gli scienziati della squadra responsabile del progetto si sono concentrati più sul rilevamento della direzione delle linee del campo magnetico che sulla misurazione diretta della densità di plasma.
Infatti, il plasma veicola il campo magnetico solare e quello interstellare, che inevitabilmente devono differire tra loro. D’altronde molti modelli matematici suggerivano che bisognasse attendersi un brusco cambio nella direzione delle linee del campo magnetico al momento del passaggio della sonda dalla zona d’influenza solare a quella d’influenza interstellare. Inoltre ci si aspettava anche un aumento importante della concentrazione dei raggi cosmici non appena la Voyager 1 avesse varcato il confine dell’eliosfera (la bolla magnetica che racchiude il Sistema Solare) e fosse entrata nello spazio aperto. Per diversi anni lo strumento del plasma non rilevò nulla, ma gli scienziati registrarono delle oscillazioni che furono imputate a perturbazioni del plasma interstellare da parte del plasma solare.
A partire dall’Aprile del 2013, le perturbazioni divennero sempre più frequenti e le oscillazioni crebbero in ampiezza: era questa la traccia che la sonda stava effettivamente entrando in una regione fatta di plasma più denso; il plasma interstellare, appunto. Già da allora, forse, si poteva pensare che la Voyager 1 avesse superato il confine estremo del Sistema Solare, inteso come quella porzione di spazio entro cui orbitano i pianeti e dove l’influenza del Sole è assolutamente predominante. Tuttavia, l’ufficialità da parte della NASA è arrivata solo a Settembre, quando i dati non hanno lasciato più spazio a interpretazioni o fraintendimenti. Nel giro di altri 300 anni, la sonda dovrebbe raggiungere il limite interno della Nube di Oort, ossia quella zona in cui diventano preponderanti le azioni gravitazionali delle stelle vicine, per poi uscirne solo dopo 30.000 anni.
Il Viaggio Senza Fine del Genere Umano
Voyager 1 continuerà a operare fino al 2025, quando si esauriranno le batterie al Plutonio di cui dispone. Poi proseguirà il suo lungo cammino, in silenzio, come un messaggero discreto e prudente. Prossimo appuntamento tra 40.000 circa, quando la sonda dovrebbe raggiungere la stella più vicina al Sistema Solare. Forse nessuno spettatore sarà più lì a ricordarsi di lei, ma la Voyager 1 continuerà a vagare nello spazio infinito, portandosi dietro con sé quel Disco d’Oro in cui sono raccolti pezzi di noi: le immagini, le lingue del mondo, il pianto di un neonato, il suono del vento, la quinta sinfonia di Beethoven, le indicazioni in codice binario su come trovare il nostro pianeta. E quando inevitabilmente la Terra scomparirà dal palcoscenico dell’Universo tra 5 miliardi di anni, ingoiata da un Sole morente, quel disco su una sonda partita nel lontano 1977 da un pianeta minuscolo e azzurro continuerà a esistere, diventando forse l’ultima testimonianza di cosa è stato il genere umano.
di Michele Mione
Linkografia:
Fonte NASA: http://www.jpl.nasa.gov/news/news.php?release=2013-278
Fonte NASA: http://www.jpl.nasa.gov/news/news.php?release=2013-277
Per sapere dove si trovano in questo momento le sonde Voyager: http://voyager.jpl.nasa.gov/where/
Pale Blue Dot: A Vision of the Human Future in Space – Carl Sagan, Random House, 1994
novembre 19th, 2013 at 12:16
Burt Rutan:
http://www.massacritica.eu/burt-rutan/2894/
novembre 19th, 2013 at 12:16
Scaled Composite prende il volo:
http://www.massacritica.eu/burt-rutan-scaled-composite-prende-il-volo/3653/
novembre 19th, 2013 at 12:17
SpaceShip One, la prima navetta spaziale privata della storia:
http://www.massacritica.eu/ancora-fame-di-record-per-burt-rutan/4014/
novembre 19th, 2013 at 12:22
A questo punto bisognerebbe proprio scoprire le leggi dell’antimateria, per organizzare dei viaggi “umani”.
Consiglio un romanzo simpatico “Time Line”..
novembre 19th, 2013 at 12:25
Catturare un asteroide non è più fantascienza:
http://www.massacritica.eu/catturare-un-asteroide-non-e-piu-fantascienza/5654/
novembre 19th, 2013 at 12:26
I netturbini dello spazio!:
http://www.massacritica.eu/i-netturbini-dello-spazio/5403/
novembre 25th, 2013 at 11:30
i più anziani ricorderanno il terribile “V’Ger”, l’antagonista del primo film di star trek…
Voyager davvero immortale nella memoria e nei fatti
http://www.startrek.com/database_article/vger