Gli interruttori molecolari
Un interruttore molecolare è una molecola convertibile, reversibilmente, in due o più stati stabili.
Le molecole possono passare a stati differenti come risposta a certi cambiamenti quali quelli di pH, luce, temperatura, corrente elettrica, microambientali, o in presenza di un ligando. In alcuni casi viene utilizzata una combinazione di questi stimoli.
Le più vecchie forme di interruttori molecolari sintetici sono rappresentate dagli indicatori di pH, che mostrano colori distinti in funzione del pH.
Attualmente gli interruttori molecolari sintetici rivestono un grande interesse nel campo della nanotecnologia per la loro possibile applicazione nei computer molecolari, ossia computer che invece di usare il silicio usano il DNA.
Gli interruttori molecolari sono importanti anche in biologia dato che molte funzioni biologiche si basano su di essi, come per esempio la regolazione allosterica, ossia la regolazione di una proteina mediata da una molecola detta effettore, che svolge la funzione di legarsi nel sito allosterico (allosteria deriva dal greco allos/altro e stereos/struttura, solido), e nella funzione visiva/vista. Queste due funzioni costituiscono uno dei più semplici esempi di macchine molecolari.
Le macchine molecolari sintetiche e biologiche.
Una macchina molecolare, o nanomacchina, è definita come un numero discreto di componenti molecolari che eseguono movimenti simil-meccanici (output) in risposta a specifici stimoli (input). Più in generale si tratta di molecole che semplicemente imitano le funzioni a livello macroscopico. Anche in nanotecnologia si tratta di macchine molecolari altamente complesse usate per costruire assemblatori molecolari.
Un assemblatore molecolare è un dispositivo in grado di guidare le reazioni chimiche tramite il posizionamento di molecole reattive con precisione atomica. Alcune molecole biologiche come i ribosomi si adeguano a questa definizione dato che, durante il loro lavoro all’interno dell’ambiente cellulare, in base alle istruzioni che ricevono dal messaggero dell’RNA, assemblano specifiche sequenze di aminoacidi per costruire le molecole proteiche.
In ogni caso il termine assemblatore molecolare, solitamente è riferito ai dispositivi artificiali o sintetici.
Una molecola di carbonio speciale
Alcuni ricercatori hanno utilizzato gli impulsi laser per far sì che una speciale molecola di carbonio commuti il percorso di un elettrone in modo prevedibile.
Per la prima volta in assoluto, un gruppo di ricercatori internazionali ha prototipato un interruttore molecolare a partire da una singola molecola chiamata fullerene.
Il gruppo di ricerca, sostenuto in parte dal progetto PETACom (Petahertz Quantum Optoelectronic Communication), finanziato dall’UE, è riuscito a usare il fullerene per commutare il percorso di un elettrone in entrata in modo prevedibile.
La loro ricerca è stata pubblicata sulla rivista Physical Review Letters.
Quali sono le applicazioni reali?
Il processo di commutazione, aiutato da un impulso laser accuratamente sintonizzato, può essere più veloce, da tre sei volte, degli interruttori dei microchip.
La velocità effettiva dipende dagli impulsi laser utilizzati. Ciò significa che, se gli attuali switch di rete fossero sostituiti da interruttori in fullerene, si potrebbero ottenere computer con capacità di gran lunga superiori a quelle dei transistor elettronici, nonché dispositivi di imaging microscopici con livelli di risoluzione senza precedenti.
Come un transistor, ma molto più veloce
Quello che il gruppo di ricerca è riuscito a fare è stato di controllare il modo in cui una molecola dirige il percorso di un elettrone in entrata, utilizzando un brevissimo impulso di luce laser rossa.
Hirofumi Yanagisawa dell’Istituto di Fisica dello stato solido, dell’Università di Tokyo, a dichiarato che «A seconda dell’impulso di luce, l’elettrone può rimanere sul suo percorso predefinito o essere reindirizzato in modo prevedibile. Funziona un po’ come i punti di commutazione di un binario ferroviario o di un transistor elettronico, ma molto più velocemente. Pensiamo, infatti, di poter raggiungere una velocità di commutazione di 1 milione di volte superiore a quella di un transistor classico e ciò potrebbe tradursi in prestazioni reali nel mondo dell’informatica. Inoltre se riuscissimo a sintonizzare il laser per indurre la molecola di fullerene a commutare in più modi allo stesso tempo, sarebbe come avere più transistor microscopici in una singola molecola, permettendo così di aumentare la complessità di un sistema senza aumentarne la dimensione fisica.»
La molecola di fullerene è composta da una serie di atomi di carbonio che formano una sfera. Quando sono posizionati su un punto metallico, i fullereni si orientano in un modo specifico che consente loro di dirigere gli elettroni in modo prevedibile. Gli impulsi laser emessi a quadrilioni o addirittura a quintilioni di secondo verso le molecole di fullerene innescano l’emissione di elettroni.
«Questa tecnica è simile al modo in cui un microscopio a emissione di fotoelettroni produce immagini», spiega Yanagisawa, «che tuttavia può raggiungere risoluzioni massime di circa 10 nanometri, ossia dieci miliardesimi di metro. Il nostro interruttore in fullerene migliora questo aspetto e consente risoluzioni di circa 300 picometri, ossia trecentomila miliardesimi di metro».
I risultati ottenuti, grazie al sostegno del progetto PETACom, aprono la strada a interruttori in grado di eseguire compiti di calcolo molto più velocemente degli attuali microchip.
Sono ancora molti, però, gli ostacoli da superare prima di vedere la tecnologia basata sugli interruttori in fullerene nei nostri dispositivi informatici.
a cura della Redazione
La ricerca è stata pubblicata sulla rivista Physical Review Letters: http://journals.aps.org/prl/accepted/c607bYabG5e13784f19161f878cb957c762bf19f8
sito del progetto: http://petacom.bitrix24.site/