Breve storia delle neuroscienze
L’approccio scientifico allo studio del cervello umano è relativamente recente. Dopo gli esperimenti di Luigi Galvani alla fine del Settecento, bisognerà aspettare un secolo, fino al 1890 circa, per assistere a sviluppi fondamentali in questo campo. Questi arrivarono grazie ad un altro italiano, Camillo Golgi, inventore di una tecnica per macchiare i neuroni e renderli cosí visibili al microscopio con una finezza di dettagli senza precedenti. Santiago Ramón y Cajal fece uso di questa tecnica per osservare e caratterizare le cellule della retina umana, aprendo di fatto la strada alla moderna disciplina delle neuroscienze.
Questi studi anatomici furono presto affiancati da quelli fisiologici e biochimici. Insieme alla psicologia, questi tre punti di vista sono i pilastri su cui si basa la neuroscienza moderna. Il termine “neuroscienze”, usato per indicare studi scientifici di qualsiasi natura che abbiano come oggetto il sistema nervoso umano, viene coniato nella seconda metà del Ventesimo secolo. Le neuroscienze moderne sono in effetti un insieme di studi interdisciplinari. È difficile considerarle un semplice ramo della biologia, visti i contributi da parte di altre discipline quali ad esempio chimica, fisica, matematica, informatica, ingegneria e medicina.
Lo studio del cervello nell’età digitale
Nell’età digitale era inevitabile che l’informatica assumesse un ruolo importante in questo campo, come già accade in tanti altri. I vantaggi ottenuti non sono solo puramente tecnologici; lo sviluppo di supercomputer sempre più potenti permette infatti di ottenere quantità enormi di dati che consentono di eseguire simulazioni dettagliate di sistemi complessi. Anche il contributo teoretico è molto significativo. Dal punto di vista processuale, è possibile pensare al cervello come ad un computer: rimangono da capire gli esatti funzionamenti e i dettagli delle sue regole interne.
Non è dunque sorprendente che i più ambiziosi progetti neuroscientifici siano di natura computazionale.
Il primo tra questi è il Blue Brain Project, frutto di una collaborazione tra il Politecnico di Losanna (EPFL) e il gigante dell’informatica IBM. L’azienda americana ha costruito, su commissione della EPFL, un supercomputer (il BlueGene/L) progettato su misura. Lo scopo è quello di modellare ogni singolo neurone in una sezione della corteccia cerebrale del ratto, per cominciare; a lungo termine l’idea sarebbe di arrivare a un modello completo del cervello dei mammiferi. Lanciato nel 2005, il progetto, al momento, è passato dallo studio sperimentale della corteccia cerebrale (a livello cellulare), alla raccolta dei dati sui meccanismi molecolari della trasmissione sinaptica e sui circuiti neuronali locali. La quantità di dati necessaria è considerevole, e passerà del tempo prima che tutte le conoscenze acquisite sulle singole cellule potranno essere integrate nel programma del supercomputer.
Per capire gli ostacoli che separano gli scienziati del Blue Brain Project dall’obiettivo prefissato, basta guardare qualche numero: per modellare un singolo neurone serve il potere computazionale di un laptop commerciale. Nella colonna corticale di un ratto (nome tecnico della sezione di cervello da simulare) ci sono circa 10.000 neuroni (un decimo di quelli dell’uomo); si stima che nella corteccia cerebrale di un ratto, ci siano in totale 100.000 di queste colonne (fino a due milioni negli esseri umani).
Verso un modello computazionale del cervello
Insomma si parla di un’operazione al limite delle frontiere tecnologiche contemporanee. E se per affrontare una sfida al limite dell’impossibile serve una grande ambizione (condizione forse necessaria, non sempre sufficiente), Henry Markram ne ha da vendere. Cittadino Israeliano nato in Sudafrica, dopo una distinta carriera scientifica tra il Sudafrica e gli Stati Uniti, Markram ha fondato il Brain Mind Institute a Losanna, e attualmente dirige sia il Blue Brain Project che il collegato Human Brain Project che, di recente, ha ricevuto la somma di un miliardo (sí, miliardo!) di euro dall’Unione Europea, per finanziare la ricerca dei prossimi dieci anni.
Quest’ultima è la naturale estensione del Blue Brain project al cervello umano: una volta raccolti sufficienti dati dovrebbe essere possibile combinarli secondo le attuali conoscienze teoriche, per creare un modello del cervelo, pezzo per pezzo, all’interno di un supercomputer. A parte la curiosità scientifica, avere accesso a un cervello umano virtuale (praticamente un cervello elettronico, in un laboratorio in Svizzera) offrirebbe possibilità mai viste prima– ad esempio ricreando le condizioni osservate in un paziente con il morbo Alzheimer, potrebbe contribuire a sviluppare una cura.
Finora tuttavia queste sono possibilità e obiettivi a lungo termine. Henry Markram ha molti oppositori all’interno della comunità scientifica. Alcuni lo vedono come un ottimo comunicatore, capace di vendere le proprie, indubbiamente visionarie, idee, ma dubitano che sia altrettanto abile nel metterle in pratica e capace di condurre un centro di ricerca. È chiaro che i fondi ricevuti sono una conseguenza del successo della fase preliminare del Blue Brain. Non è però garantito che sia possibile applicare lo stesso metodo su larga scala, né tantomeno che possa portare ai risultati futuristici di cui parla Markram, che arriva a sostenere che sarà possibile riprodurre la coscienza umana con un modello altamente sofisticato.
Christof Koch, “Chief Scientific Officer” dell’Allen Brain Institute di Seattle, nel documentario “The Singularity”, spiega che sappiamo ancora pochissimo dei processi cognitivi del “C. elegans”, un invertebrato con 302 neuroni, del quale è già stata ottenuta una mappa completa delle sue connessioni neuronali.
Ma Markram ha anche dei sostenitori. La sua è una di quelle visioni talmente ambiziose da essere intrinsecamente affascinanti. E in fondo, anche se gli obiettivi ultimi sono di dubbia realizzabilità scientifica, finanziare questo tipo di ricerca in genere porta i suoi frutti. Le frontiere della conoscenza umana saranno ampliate, cosí come la nostra percezione di ciò che è possibile ottenere attraverso la modellazione al computer.
di Alejandro Torrado
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