Il 21 febbraio scorso la NASA ha lasciato il mondo col fiato sospeso dopo aver dichiarato che nella conferenza stampa indetta l’indomani avrebbe annunciato una scoperta senza precedenti. E così, il 22 febbraio, la notizia della scoperta di sette nuovi pianeti orbitanti intorno alla nana bianca TRAPPIST-1 ha fatto il giro del mondo, rimbalzando dai giornali alle TV, dalle radio ai siti Internet, sollecitando la meraviglia e le fantasie di tutti, appassionati e non.
Il campo della ricerca dei pianeti extrasolari, ossia pianeti esterni al nostro Sistema Solare, si è espanso rapidamente negli ultimi anni e diverse missioni spaziali sono state lanciate per permetterne l’identificazione e determinarne periodo di rotazione intorno alla propria stella, grandezza e temperatura; tutte caratteristiche in grado di rivelare se su quei pianeti possa esistere acqua allo stato liquido, rendendoli quindi in grado di ospitare condizioni favorevoli allo sviluppo di forme di vita. Migliaia di pianeti orbitanti nella cosiddetta “zona abitabile”, ossia a una distanza dalla stella centrale alla quale l’acqua può esistere nei suoi tre stati, sono stati scoperti, studiati e i dati analizzati sono raccolti in database interattivi accessibili al pubblico.
La missione più prolifica in questo senso è sicuramente Kepler (precedentemente sullo stesso tema: “Kepler a Caccia di Pianeti simili alla Terra”), ma un ruolo fondamentale in quella che può essere ritenuta una delle più sensazionali scoperte in ambito astronomico degli ultimi decenni lo ha giocato il Telescopio Spaziale Spitzer.
La missione: osservare nell’infrarosso
Il Telescopio Spaziale Spitzer rientra in un programma di missioni spaziali della NASA chiamato Great Observatories Program (“Programma Grandi Osservatori”), che comprende altri tre telescopi spaziali: l’Hubble (HST), il Compton Gamma-Ray Observatory (CGRO) e il Chandra X-Ray Observatory (CXO). Ognuna delle missioni appena citate è stata progettata per osservare diversi tipi di luce, o meglio, radiazione nell’Universo. Spitzer è specializzato nell’osservazione della radiazione nell’infrarosso, costituita principalmente da calore. Questo tipo di radiazione è particolarmente abbondante nell’Universo, in quanto ogni oggetto che possieda una temperatura superiore allo zero assoluto (-273.15 °C) emette nell’infrarosso. Tuttavia difficilmente questa radiazione può essere osservata da Terra, poiché l’atmosfera terrestre agisce da filtro, assorbendo larga parte del segnale ad essa associato. Questa è una delle ragioni principali per cui l’osservazione delle diverse radiazioni presenti nell’Universo necessita di strumenti situati al di là del filtro atmosferico, come appunto gli osservatori spaziali. Spitzer rappresenta il culmine delle ricerche effettuate per anni dalla NASA nel campo dell’astronomia dell’infrarosso ed è lo strumento più sensibile a tale radiazione mai costruito dall’uomo.
Perciò, esso è utilizzato per investigare corpi celesti che emettono a lunghezze d’onda invisibili ai tradizionali strumenti ottici, come nebulose, centri galattici e sistemi solari in formazione, ma anche oggetti “più freddi”, come ad esempio nane brune (stelle nella fase terminale del proprio ciclo vitale), pianeti extrasolari e perfino materiale organico, importantissimo nello studio dell’evoluzione di sistemi primordiali.
Tecnologia “a freddo”
Il Telescopio Spaziale Spitzer ha una lunghezza complessiva di circa 4 metri e pesa approssimativamente 850 chili. Dal momento che lo scopo principale della sua missione è di captare calore sotto forma di radiazione infrarossa, gli strumenti ottici devono essere raffreddati e mantenuti a una temperatura più vicina possibile allo zero assoluto, in modo da evitare interferenze termiche nelle misurazioni. Per ottenere questo ambiente termico, lo Spitzer è stato equipaggiato con un sistema di raffreddamento a elio liquido, in grado di mantenere gli strumenti principali a una temperatura di soli 5 gradi al di sopra dello zero assoluto (circa -268 °C). Una delle sfide più grandi è stata quella di separare l’ambiente freddo necessario alle osservazioni di corpi celesti e l’ambiente “caldo” dell’elettronica di bordo e dei sistemi necessari a operare il satellite stesso. Per realizzare questa separazione termica, il satellite ha subito diversi re-styling nel corso degli anni e il satellite lanciato è stato il risultato di diverse iterazioni del progetto originale degli anni ’90.
In particolare, due elementi hanno contribuito a contrassegnare Spitzer come uno dei più innovativi telescopi spaziali mai lanciati. Innanzitutto, Spitzer è l’unico dei 4 satelliti del Programma Grandi Osservatori a non essere stato lanciato con lo Space Shuttle, dal momento che l’incedente del Challenger del 1986 ha portato all’abolizione del sistema propulsivo a idrogeno e ossigeno liquido originariamente designato per piazzare il satellite nella sua orbita finale. La necessità di rientrare nei limiti di capacità e peso del nuovo lanciatore scelto per la missione, il Delta II, ha costretto gli ingegneri a operare pesanti modifiche al progetto originario e trovare soluzioni innovative per ridurre il peso e il volume complessivi del satellite.
In particolare, si è cercato di ridurre il più possibile la massa di elio necessario per il raffreddamento scegliendo un’orbita innovativa, detta Earth-trailing Orbit o orbita eliocentrica. A differenza di orbite più vicine alla Terra, dove una parte significativa del calore assorbito dal satellite è rappresentato dall’albedo (parte della radiazione solare irraggiata verso lo spazio dalla Terra) e dalla radiazione propria della Terra, a distanze maggiori l’unica fonte di calore predominante è quella della radiazione solare. Perciò, è stato possibile adoperare degli scudi solari per ridurre la massa dell’elio e mantenere comunque le basse temperature richieste dallo Spitzer. Dopo 6 anni di piena attività, la riserva di elio si è esaurita e Spitzer ha iniziato una nuova fase “a caldo” (Spitzer Warm Mission), che durerà fino al termine della suo vita operativa, prevista per la fine di questo decennio.
Non solo cacciatore di pianeti
Tra i risultati più importanti raggiunti dalla missione Spitzer, la scoperta di cinque dei sette pianeti del sistema TRAPPIST-1 è sicuramente quella che ha avuto un’eco maggiore. Tuttavia all’epoca del lancio nessuno aveva mai pensato di poter adoperare Spitzer per questo tipo di attività. Adesso invece gran parte delle sue operazioni è incentrata proprio sulla ricerca di pianeti extrasolari, sfruttando la tecnica del transito del corpo celeste davanti alla propria stella e registrandone la curva di luce. In base alla velocità e alla variazione di luminosità è possibile determinare semiasse maggiore dell’orbita e raggio del pianeta sotto osservazione.
Tra gli altri importanti risultati conseguiti da Spitzer nel corso degli anni troviamo immagini e osservazioni di nuclei galattici, nebulose, dischi di detriti primordiali di giovani sistemi planetari e formazione di materiali organici che hanno permesso alla comunità scientifica di trarre importanti conclusioni sulle prime fasi dell’evoluzione del Sistema Solare e della struttura della Via Lattea. Infine, Spitzer è stato il primo telescopio spaziale a isolare lo spettro elettromagnetico e mappare la temperatura atmosferica di pianeti extrasolari.
di Michele Mione
Fonti:
- http://www.spitzer.caltech.edu/: sito del California Institute of Technology dedicato alla missione Spitzer.
- https://exoplanets.nasa.gov/trappist1/: sito della NASA dedicato alla scoperta del sistema planetario TRAPPIST-1.
- http://www.telegraph.co.uk/science/2017/02/22/nasa-announcement-live/
- https://en.wikipedia.org/wiki/Spitzer_Space_Telescope
- https://en.wikipedia.org/wiki/Methods_of_detecting_exoplanets#Transit_photometry
- http://www.massacritica.eu/kepler-a-caccia-di-pianeti-simili-alla-terra/4489/