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Libera a Genova per la XVII Giornata della Memoria e dell’Impegno: “A che serve vivere se non c’è il coraggio di lottare?”

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Libera a Genova per la XVII Giornata della Memoria e dell’Impegno: “A che serve vivere se non c’è il coraggio di lottare?”

Pubblicato il 18 marzo 2012 by redazione

don_ciottiIl buio fa da cornice alla nostra partenza dalla stazione di Sesto San Giovanni.

Non è ancora l’alba, eppure sappiamo che tanti sono già in viaggio verso quello stesso luogo per il quale siamo in procinto di partire: Genova; lì si svolgerà infatti la XVII Giornata della Memoria e dell’Impegno promossa da Libera.

La data scelta, 17 marzo, non è indifferente: l’Italia unita compie 151 anni e ci stiamo avvicinando al 21 marzo, primo giorno di primavera, scelto da Libera per ricordare tutte le vittime di mafia senza rassegnazione, ma guardando al futuro con speranza.

Una speranza non vana e illusoria bensì responsabile, ricca di impegno e di fiducia in una rinascita democratica del nostro Paese.

Quella speranza oggi l’ho vista, l’ho sentita: era nei volti delle 100.000 persone venute da ogni parte d’Italia in occasione di questa giornata, era nelle parole di Margherita Asta che, parlando a nome dei familiari delle vittime, ha detto al termine di un lungo corteo partito da Piazza della Vittoria e arrivato al Porto Antico: “Libera è stata per noi in questi anni la famiglia che la mafia ci ha tolto”.

La memoria delle vittime, ha sottolineato poi don Ciotti nel suo discorso, deve tradursi in impegno, così come devono tradursi in realtà parole dal nobile significato, quali giustizia e legalità, che rischiano però di rimanere vuote se non diventano un corpo vivo capace di scuotere le nostre coscienze e di spingerci all’azione.

Invitando quindi a fare autocritica e a collocare la testimonianza in un orizzonte di normalità e non di eccezionalità da affidare agli eroi, don Ciotti ha posto l’accento sull’inquietudine della coscienza come stimolo a fare di più.

I mafiosi, ha poi continuato, non sono nessuno senza la connivenza di una vasta zona grigia fatta di omertà e di indifferenza all’interno della quale si collocano una parte consistente della politica e del mondo dell’imprenditoria.

Per colpire questa zona grigia il fondatore di Libera ha affermato l’importanza del fatto che il concorso esterno in associazione mafiosa continui ad essere configurato come reato, ricordando anche le oltre un milione e duecentomila firme raccolte per chiedere che si dia concreta attuazione alle direttive comunitarie in materia di lotta alla corruzione; ha poi sottolineato quanto sia fondamentale ovunque l’aggressione ai patrimoni mafiosi.

Il sociale, ha proseguito, è l’anima dei territori e senza diritti e senza uguaglianza anche il benessere è a tempo determinato e lo sviluppo economico non diventa progresso sociale.

Ha infine rivolto un appello da una parte alla politica, perché sia seria e rigorosa, ponendo l’accento sulla necessità di uomini retti che operino per il bene comune, e dall’altra alla Chiesa, invitandola ad una maggiore radicalità nel contrasto alla zona grigia.

Così, coi cuori infiammati da queste parole che continuano a riecheggiare nella mia testa, abbiamo trascorso un pomeriggio a Genova ammirandone il fascino ambiguo, dalla maestosità dei palazzi di via Garibaldi agli intriganti vicoli della città vecchia.

Sulla strada di casa, al ritorno, ripenso alla lista delle 824 vittime di mafia di cui sappiamo il nome dal 1893 ad oggi e ricordo con commozione le parole di don Ciotti: quei nomi sono cosa nostra.

Rivolgo un ultimo sguardo alla Lanterna che per secoli ha indicato la via ai naviganti e mi auguro, mentre diventa di nuovo buio, di far tesoro di questa giornata e di renderla un faro contro il buio dell’indifferenza che troppo spesso ci ottenebra e ci lascia inerti quando invece dovremmo moltiplicare il nostro impegno e non farlo venire mai meno perché, come ha detto Pippo Fava (http://www.isiciliani.it/), a che serve vivere se non c’è il coraggio di lottare?

 di Amina Cervellera

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