Bomba czar.
Eccoci arrivati ai “magici sixties”, gli anni sessanta, il decennio che divenne mitico a livello planetario per le grandi aspettative di progresso economico, di ideali, di cultura e costumi. Circa dieci anni, perché non si possono chiudere certi fenomeni in ristretti precisi recinti, che cambiarono il mondo in meglio, con la presa di coscienza dei movimenti d’opinione giovanili, la sensibilità pacifista, le controculture, la creatività artistica… un decennio anche di grandi contraddizioni, con il proseguire della guerra fredda (nonostante le grandi speranze del dialogo Khrushev – Kennedy), che divenne caldissima nel sud-est asiatico, con il conflitto in Vietnam che durerà dieci anni. Ma oltre alle delusioni, il decennio successivo ereditò una nuova sensibilità, la pretesa di conoscere i costi pagati dal mondo in termini di contaminazioni dovute agli esperimenti, alla produzione del materiale fissile e agli incidenti in cui incorsero (ed incorrono tuttora) coloro che si trovano a custodire (e potenzialmente utilizzare) una delle più grandi fonti di pericolo per l’umanità. Grazie anche ai dati che molti scienziati mettono a disposizione dell’intera opinione pubblica mondiale, arriviamo al dunque: l’inquietante carrellata di incidenti degli anni ‘60, terribile (ed a giustificato sospetto, incompleto) racconto che ha coinvolto le armi nucleari da allora praticamente fino ad oggi.
1 Maggio 1960, un aereo spia Lockheed U2B, pilotato dal capitano Francis Gary Powers, venne abbattuto sopra Sverdlovsk, 1300 chilometri all’interno del territorio dell’Unione Sovietica e a oltre 20.000 metri di quota, da un missile terra aria SA 2 Guideline sulla base dei dati forniti dai radar da inseguimento e puntamento della difesa arerea. Buona parte del velivolo e Powers stesso vennero recuperati e mostrati al mondo smentendo la versione ufficiale della Casa Bianca che negava l’accaduto. Il mondo entrò in una delle peggiori crisi dell’era nucleare compromettendo gravemente le timide prove di dialogo fra le due superpotenze, portate avanti dal presidente Eisenhower e dal Segretario Khrushev dopo dieci anni di durissimo confronto ideologico: da un lato gli Stati Uniti adoperavano aerei spia per controllare i progressi tecnici sovietici, dall’altro l’Unione Sovietica possedeva armamenti e tecnologie che aveva sempre negato di avere. La cattura e il processo a Powers, che dal 1956 aveva lasciato l’USAF e lavorava al programma di spionaggio della C.I.A., gettarono anche nello sconforto l’estabilishment militare occidentale perché la ricerca oltre la “cortina di ferro” provò di essere ben più avanzata di quanto si ritenesse. Come conseguenza, nel campo della corsa agli armamenti, nonostante il successivo trattato internazionale del 1962 che pose al bando gli esperimenti atomici in atmosfera e nello spazio esterno, segnò un’accelerazione enorme nello sviluppo delle armi di distruzione di massa basate sull’atomo (non a caso erano rimasti coscientemente esclusi o poco regolati dalla convenzione gli esperimenti sotto la superficie terrestre o dei fondali marini….) e proprio nel 1962 la crisi dovuta al dispiegamento di missili russi sul territorio di Cuba portò il mondo sull’orlo della terza guerra mondiale…
L’ultima delle bombe H modello B28RI perdute durante il cosiddetto “incidente di Palomares” del 17 gennaio 1966, rimessa assieme per le foto ufficiali dopo il recupero in mare. L’ordigno è ancora agganciato ad una parte del travetto portabombe.
7 Giugno 1960 : questo è il primo incidente (di cui si abbia notizia certa) del decennio. Stati Uniti, base aerea McGuire di Trenton, nel New Jersey, uno degli impianti dove sono in servizio missili antiaerei a testata nucleare IM99 BOMARC. In uno di essi un contenitore a pressione di elio, che serve all’elettronica interna, cede distruggendo il serbatoio di carburante liquido, che a sua volta a contatto con l’aria si incendia. La temperatura nell’ordigno raggiunge qualche migliaio di gradi, il tritolo dell’innesco della testata atomica esplode, il magnesio e l’ossido di Torio contenuti nell’arma letteralmente si sciolgono e bruciano assieme al resto del missile. Alla fine metallo e ceneri sono solidificate in un’unica massa. Il pentagono ammetterà la contaminazione (ma senza rivelare l’entità) dell’area interessata sotto al missile per circa trenta metri quadri, per effetto dell’acqua del sistema antincendio che ha trascinato con se i resti del plutonio contenuto nella testata.
Il confronto si fa sempre più serrato e l’atomo inizia a scorrere anche sotto il mare. Il missile è il vettore del futuro, sfuggente, economico da costruire, una volta lanciato non ha bisogno di alcun altro intervento. La propulsione atomica consente di ampliare quasi senza limite il raggio di azione dei sottomarini e di arrivare silenziosamente, non visti, a lanciare le armi atomiche fin quasi sotto casa dell’avversario, rendendo inutile qualsiasi sistema radar di sorveglianza e di reazione antiaerea. La competizione a qualunque costo inizia a mietere vittime sotto agli oceani ed a far pagare anche ad essi l’irresponsabilità umana. Pensate a una centrale sulla terraferma: è composta da un edificio imponente, gusci di protezione, barriere, chilometri di tubazioni, cavi, sistemi elettronici di controllo. Eppure le centinaia di incidenti, più o meno gravi che si sono succeduti indicano che ancora oggi nemmeno tutta questa complessità ci mette al riparo dalla pericolosità dell’atomo. Ora pensate a un sottomarino, con le sue esigenze di spazi limitati: è facile capire come tutto debba essere semplificato, quindi nessun sistema di propulsione nucleare installato su un sottomarino potrà garantire minimamente degli standard accettabili ! (2). Eppure i paesi dotati di armi atomiche hanno costruito, e programmano di costruire tutt’ora, battelli sempre più complessi e grandi. Solo la ex Unione Sovietica ha costruito tra gli anni 50 e gli anni 90 del secolo scorso quasi 300 sottomarini. Cosa potrebbe succedere se un sommergibile dovesse uscire dal controllo umano e sprofondare negli abissi, a pressioni per cui nessun battello è progettato per resistere…e per di più trascinando con sé numerose testate nucleari contenute nei missili e nei siluri? Quanto fosse facile un evento del genere lo si vide ben presto…
Un missile intercontinentale balistico a testata nucleare Minuteman riceve manutenzione direttamente nel suo silo corazzato sotterraneo (dal sito http://www.aerospaceweb.org/question/weapons/q0268.shtml).
13 Ottobre 1960 : durante una crociera di esercitazione nel mare di Barents, il sottomarino lanciamissili a propulsione nucleare K8 della marina sovietica subisce la rottura di un tubo a pressione, con un calo nella portata del sistema di refrigerazione tale quasi da raggiungere la fusione delle barre di Uranio arricchito U235. Solo la reazione pronta dell’equipaggio, che ha creato una sorta di sistema di raffreddamento d’emergenza con l’acqua di mare ha impedito il disastro. Tre membri dell’equipaggio subiranno gravi contaminazioni, mentre in tutto lo scafo si espanderà una nube di gas radioattivo. Il grado di irradiazione effettivo subito dai membri dell’equipaggio non è stato rilevato con certezza perché la contaminazione ha raggiunto livelli tali superiori alla taratura degli strumenti…
Una rara foto d’epoca del sottomarino a propulsione nucleare russo K 19, protagonista di un incidente tra i più gravi dell’era atomica.
24 Gennaio 1961 : un B52D appena decollato dalla Seymour-Johnson Air Force Base subisce un cedimento strutturale ad una ala che determina la rottura di un serbatoio di carburante con la successiva distruzione in aria del bombardiere che si incendiò e si disintegrò nei pressi della cittadina di Goldsboro in North Carolina. L’equipaggio cercò di lanciarsi dall’aereo, ma su 5 uomini tre perirono nel tentativo. Le due bombe termonucleari M39 caddero nel vuoto. In una di esse tre dei sistemi di sicurezza su quattro fallirono per cui il computer della bomba durante la caduta proseguì le operazioni di attivazione come se fosse un lancio reale di guerra….Tra queste vi era l’apertura del paracadute freno che rallentava la caduta della bomba. Questo in realtà si rivelò un vantaggio perché fece in modo che la bomba toccasse il suolo quasi del tutto intatta, mente la sicura della spoletta elettronica resistette e non vi fu alcuna esplosione. Ma la seconda bomba non fu così fortunata: precipitando da parecchie migliaia di metri la bomba impattò su un terreno argilloso frantumandosi e distribuendo rottami per una profondità fra i 6 e i 17 metri. L’esplosivo atomico di plutonio e la “bottiglia” di trizio (H3 l’isotopo dell’idrogeno che serve innescare la fusione nucleare) vennero recuperati sostanzialmente intatti, ma l’innesco in Uranio arricchito è rimasto nel terreno. Troppo alto il rischio di provocare una contaminazione con una falda acquifera quasi in superficie. L’U.S. Air Force ha espropriato la porzione di terreno coinvolta e da allora sottopone a monitoraggio continuato i resti della testata, senza per altro ancora oggi avere la soluzione definitiva del problema… A seguito dell’incidente, il Presidente americano Kennedy ordina un rapporto dettagliato sulla sicurezza dei dispositivi militari, al termine della quale il Dipartimento della difesa dovrà ammettere che dal 1945 si erano verificati più di 60 incidenti e in almeno due casi erano stati lanciati missili con testata operativa per errore… ed era solo il 1961….
14 Marzo 1961 : un altro B52 decollato dalla Mather Air Force Base subisce una decompressione violenta mentre è in volo con due bombe termonucleari a caduta nella stiva. Il pilota è costretto a abbassarsi di quota per evitare che la struttura dell’aereo esploda letteralmente per il differenziale di pressione e cerca di raggiungere la base più vicina che abbia una pista adatta all’atterraggio dell’enorme velivolo. Ma le condizioni strutturali ed il consumo enorme di carburante nel volo a bassa quota resero impossibile l’incontro con un velivolo cisterna per un rifornimento in volo, il pilota, dopo aver fatto eiettare il resto dell’equipaggio, governò l’aereo verso una zona disabitata prima di lanciarsi una volta esaurito il carburante. Le bombe vennero sbalzate fuori dal relitto al momento dell’impatto, avvenuto a circa 24 chilometri da Yuba City, ma le sicure funzionarono bene e il cuore nucleare di entrambe fu recuperato senza danni ambientali.
Una classica scena che dagli anni 50 si ripete fino ad oggi. Un B52 sta per essere rifornito in volo da un aereo cisterna Kc 135. E’ durante una manovra delicata come questa che sono successi molti dei più drammatici incidenti di volo, compreso quello di Palomares, in Spagna.
- Un Douglas C124 Globemaster II, uno dei cavalli di battaglia del trasporto aereo dell’USAF tra gli anni 50 e 60. Spesso fu coinvolto in incidenti mentre trasportava armi atomiche o parti di esse.
4 luglio 1961 : la vicenda del sottomarino atomico K19 è forse una delle più tragiche ed esemplari del totale sacrificio di procedure e norme di sicurezza che veniva coscientemente perseguito in nome della competizione militare nella ‘guerra fredda’, specialmente nella Russia sovietica, anche se comportamenti simili non mancarono neppure schieramento occidentale.
Recentemente la storia di quella missione fatale ha ispirato un famoso film. Commissionato nel 1958 e varato nel 1960, il K 19, primo sottomarino SSBN (Submersible Ship Ballistic Nuclear, ovvero sottomarino nucleare lanciamissili balistici) della classe definita Hotel 1 nel codice NATO, per la fretta dei vertici politici di Mosca nel dotare la marina di tali mezzi d’attacco, fece almeno 10 vittime mentre era ancora nel bacino in allestimento: impressionante la fine di sei operaie che stavano applicando l’isolamento in gomma pesante tra i gusci del doppio scafo, morte soffocate da un principio di incendio e quello di due operai addetti alle saldature, arsi vivi in un compartimento. Da notare che, al momento della cerimonia del varo, la bottiglia lanciata tradizionalmente sul muso del battello scivolò sulla copertura in gomma di alcuni apparati invece di rompersi…i marinai di vecchio corso presenti, piuttosto superstiziosi, lo presero come un cattivo presagio, ma nessuno poteva sapere quanto fosse stata fondata stavolta quella superstizione …
Sottomarino nucleare SSN 589 Scorpion a fianco della nave appoggio USS Tallahatchie County nella baia di Napoli, nell’aprile del 1968. Questa è forse l’ultima foto dello Scorpion , prima dell’affondamento avvenuto ad inizio maggio, mentre era in rotta per la base di Norfolk, in Virginia.
Nonostante numerose mancanze segnalate dal controllo tecnico, il battello venne consegnato in gran segreto alla marina sovietica e inviato alla sua prima crociera di addestramento. Mentre si trovava nell’Atlantico settentrionale, a largo dell’isola di Jan Mayen, il circuito di raffreddamento di uno dei due reattori a Uranio cedette e la temperatura raggiunse rapidamente gli 800 gradi centigradi, prossimi alla fusione catastrofica del nucleo di Uranio, nonostante il sistema di sicurezza automaticamente avesse spento il reattore e vi avesse calato le barre di controllo per fermare la reazione a catena. L’antenna per le trasmissioni radio in onde lunghe bassa frequenza, vitale per i contatti a lungo raggio, era rimasta danneggiata nel corso di un’immersione profonda, per cui il sottomarino rimase isolato, navigando a velocità ridotta. Grazie al sacrificio di otto uomini (a bordo per la fretta non erano state caricate tute protettive per rischio nucleare, ma solo quelle chimiche e antincendio, totalmente inutili) che si alternarono a coppie nel vano del reattore, a turni di 5 minuti, per riparare la tubazione e riattivare la circolazione dell’acqua di raffreddamento, il sottomarino riuscì a guadagnare tempo prima di essere rintracciato da un altro sommergibile della flotta del baltico, l’S270, e rimorchiato alla base di partenza. Gli otto uomini che ripararono il circuito morirono tra il 10 e il 25 luglio, tra atroci sofferenze, avendo assorbito radiazioni fra i 7 e i 54 Sievert. Stessa sorte toccò ad altri 30 marinai nei due anni successivi, avvelenati dagli isotopi della fissione che si erano diffusi col vapore perso dal reattore, attraverso il sistema di areazione del sottomarino. La restante parte dei membri dell’equipaggio è stato afflitto per il resto della vita da disturbi e malattie causate dall’energia assorbita, nessuno dei caduti ebbe riconoscimenti in quanto in missione segreta e non durante stato di guerra, mentre il comandante fu arrestato e processato al suo rientro in patria, per il sospetto che l’incidente fosse solo una macchinazione per disertare e consegnare l’unità agli americani… solo la testimonianza in blocco dei sopravvissuti lo scagionò, ma non ebbe più alcun comando per il resto della sua carriera. Il sottomarino in seguito inquinò un’area di almeno 700 metri attorno al bacino durante la sostituzione del reattore e le riparazioni. Anche gli altri due missili a bordo dovettero essere rimossi, demoliti e stoccati in sicurezza. La causa del disastro fu individuata in scorie di elettrodo da saldatura cadute nel sistema di raffreddamento prima della sua sigillatura. Una volta decontaminato e riparato, il K19 ritornò in linea, meritandosi tra i marinai il terribile soprannome di ‘Hiroshima’ . Infatti, prima della sua radiazione e demolizione, avvenute tra il 1991 ed il 2003, il K19 ebbe numerosi altri incidenti, tra cui il 24 febbraio 1972 un incendio in immersione a largo del Canada, che uccise altri 28 marinai… Ma gli incidenti non riguardano solo armi e mezzi in linea coi reparti militari, anche i test sperimentali hanno avuto la loro serie di coincidenze sfortunate e incredibili sottovalutazioni, le cui conseguenze furono altrettanto tragiche.
1 Maggio 1962 : siamo ad Ecker, nel Sahara algerino, dove la Francia sta sviluppando il proprio armamento nucleare, secondo la politica di indipendenza militare dai blocchi delle superpotenze seguita dal presidente De Gaulle. Il suolo di questa regione infatti è costituito da granito ritenuto adatto a resistere alle pressioni enormi di un’esplosione atomica. Ciascun test della serie era chiamato col nome di un elemento. Quello svolto quel giorno era definito in codice “esperimento Berillio” ed ebbe come testimoni anche Pierre Mesmer, ministro della difesa francese e Gaston Palewski, ministro della ricerca scientifica. L’ordigno era posto all’interno della montagna, in una galleria a forma di chiocciola che terminava in un rettilineo di circa un chilometro. Un tappo di cemento armato e quattro porte blindate di enorme spessore avrebbero dovuto contenere la reazione all’interno, ma così non fu. Per un errore di calcolo l’esplosione liberò non 20 chilotoni di potenza, ma ben 50. Se le rocce si vetrificarono sotto l’enorme calore, la volta della galleria non riuscì a crollare completamente, mentre il tappo di cemento e le quattro porte blindate vennero facilmente divelti. Una nube di detriti e gas altamente radioattivi fu espulsa e contaminò oltre 150 chilometri quadrati attorno al sito dell’esperimento. Nessuno dei tecnici o dei militari presenti aveva protezioni adatte o adottava procedure di sicurezza, per cui furono tutti irradiati. E In seguito molti soldati vennero inviati a riaprire la galleria e a prelevare campioni di materiale nel punto dove la montagna aveva ceduto. Non è solo incredibile negligenza, è il più totale disinteresse per la vita delle persone! Le conseguenze furono terribili. Buona parte dei presenti morirono nel giro di pochi anni nonostante le immediate procedure di decontaminazione. Il pilota dell’elicottero inviato a prelevare campioni di aria sulla verticale dell’esplosione, il veterano Jacques Muller, all’epoca venticinquenne, divenne cieco alcuni anni dopo. Sulla vicenda venne steso il segreto di stato, nonostante il dolore e le proteste dei parenti delle persone decedute, tanto che il numero esatto di coloro che pagarono con la vita ancora oggi non è certo. Lo stesso ministro Palewski morì di leucemia 22 anni dopo l’incidente, convinto che l’irradiazione subita quel giorno ne fosse la causa. Alcuni anni dopo Mesmer durante un’intervista televisiva ammise che era rimasto stupito dalla differenza di equipaggiamento dei dipendenti civili del ministero della ricerca scientifica e dei militari, così come dall’impreparazione alle emergenze, visto il panico che si scatenò fra i presenti subito dopo l’incidente…oggi alcune drammatiche fotografie scattate durante quegli istanti testimoniano quel terribile momento. Nel 2005 la tv France 2 produsse un film sulla vicenda dal titolo “Irradiati per la Francia”, sulla testimonianza di alcuni sopravissuti di quel giorno e di molti altri che operarono in Algeria ed in seguito, dopo l’indipendenza algerina, a Mururoa (nella Polinesia francese) nel corso del programma di sviluppo nucleare voluto dal governo di Parigi.
(7) 4 Giugno 1962 : l’atollo di Johnston, parte di un piccolo arcipelago corallino nell’Oceano Pacifico sud – occidentale, è occupato dagli Stati Uniti sin dalla seconda metà del 1800, dal 1926 ospita anche un’oasi naturale protetta per gli uccelli migratori, in quanto praticamente deserto. Dopo la guerra con il Giappone le strutture militari vengono ampliate e l’atollo è utilizzato come base di lancio per test sperimentali nucleari tra il 1958 e il 1975, oltre che di un deposito di armi chimiche per un eventuale teatro di guerra nel Sud Pacifico, ma in alcune isole vicine sono presenti comunità di pescatori di origini polinesiane, che hanno strutture d’appoggio temporanee per le battute di pesca. Quel giorno venne lanciato un missile a medio raggio Thor con motore a razzo a propellente solido e dotato di testata atomica della potenza di alcuni kilotoni. Lo scopo è misurare gli effetti di esplosioni in alta atmosfera o immediatamente al di fuori di essa, nell’ambito del programma militare “starfish prime”. Durante il lancio però qualcosa va storto e il missile praticamente in uscita dall’atmosfera perde il sistema inerziale di autoguida, per cui il controllo da terra decide di azionare il comando di autodistruzione. Rottami piovono nell’Oceano ma la testata si è vaporizzata per attrito con l’atmosfera. Si ignora però se parte del plutonio sia anch’esso ricaduto in acqua sottoforma di polveri.
20 Giugno 1962 : altro lancio di un missile Thor per testare gli effetti degli impulsi elettromagnetici generati dal bang atomico sulle apparecchiature elettroniche. Un minuto dopo il lancio il razzo improvvisamente si spegne e il missile viene autodistrutto ad una quota di appena 10.600 metri. Questa volta i tecnici e i militari statunitensi non sono così fortunati: polveri di plutonio contaminano l’atollo e le altre isole dell’arcipelago, tanto da richiedere procedure di emergenza di decontaminazione per il personale di stanza, mentre i pescatori abitanti le isole vicine vengono spostati con giustificazioni vaghe….
13 Novembre 1963 : nella Medina Air Force Base in Texas, ben 120 chili di alto esplosivo convenzionale provenienti da testate nucleari obsolete in corso di demolizione esplosero per motivi non chiariti, provocando tre feriti tra il personale addetto, ma non coinvolgendo le capsule di Uranio e Plutonio, custodite però inspiegabilmente nello stesso edificio…
13 Gennaio 1964 : un B52D decollato dalla Westover Air Force Base (AFB) nel Massachussets , si infilò in una fortissima turbolenza che strappò letteralmente dall’aereo lo stabilizzatore verticale di coda. Solo i due piloti sui 5 membri dell’equipaggio riuscirono a mettersi in salvo mentre le due bombe termonucleari nella stiva furono ritrovate quasi intatte tra i rottami dell’aereo. Fu quasi un miracolo che non vi fosse stata contaminazione radiologica, perché anche se gli ordigni erano in condizione “di trasferimento” e quindi inattivi, le testate contenevano comunque l’Uranio e il Plutonio necessari alla detonazione.
5 Dicembre 1964 : mentre un nuovissimo missile balistico intercontinentale LGM 30B Minuteman I veniva sottoposto a manutenzione nel suo silos corazzato sotterraneo, sulla Ellesworth AFB nello stato del South Dakota, uno dei retrorazzi del veicolo di rientro della testata si accese d’improvviso. La testata cadde dal missile, ma le batterie elettriche di alimentazione si staccarono e le sicure si attivarono automaticamente evitando in extremis la detonazione nucleare.
8 Dicembre 1964 : un bombardiere ultrasonico Convair B58B sta rullando sulla pista della Bunker Hill AFB (stato dell’Indiana), ma per un errore di manovra esce di pista e prende fuoco. Pilota e copilota riescono ad abbandonare l’aereo, il navigatore azionò il seggiolino eiettabile ma non sopravvisse al lancio. Sull’aereo erano presenti ben 5 armi nucleari a caduta, alcune di queste sicuramente si danneggiarono generando un inquinamento, definito peraltro “lieve” dalle autorità militari.
11 Ottobre 1965 : mentre si sta rifornendo di carburante sulla pista della base Wright – Patterson , in Ohio, un aereo da trasporto C 124 Globemaster II prende fuoco. Nella stiva sono caricati un ordigno da esercitazione e diverse componenti per armi nucleari. L’incendio subito avvolse l’aereo che andò perduto assieme al suo carico, determinando contaminazione da radiazioni attorno al velivolo.
(8) 2 Dicembre 1962 : un treno che trasporta componenti per testate nucleari e inneschi atomici, prodotti dalla grande industria aeronautica statunitense Martin, mentre è in viaggio dalla città di Marietta, in Georgia, verso Louisville e Nashville, deragliò, provocando tre feriti tra i tecnici che seguiva il pericoloso carico, ma non fughe radioattive, stando alle dichiarazioni delle autorità militari…
(9) 10 Aprile 1963 : il Tresher fu il capostipite della omonima classe di sottomarino da attacco antisommergibili a propulsione nucleare e alta velocità sviluppata a fine anni 50 per la marina statunitense come contromisura all’espansione della flotta di omologhi lanciamissili russi (vedi il caso del K19). Entrato in servizio nel 1961 però suo malgrado divenne più conosciuto per la sua tragica fine. Quel giorno il Tresher era alle prese con prove di immersione profonda, a350 chilometri a largo di Cape Cod in Massachussets, assieme alla nave da ricerca Skylark . Dopo aver raggiunto la quota prevista, il Tresher chiamò lo Skylark col telefono subacqueo, ma la comunicazione era disturbata…a bordo capirono che il Tresher era in un qualche guaio…pochi istanti dopo sentirono come il suono di aria che entra a pressione in un contenitore, poi più nulla. Il Tresher era imploso schiacciato dalla differenza di pressione esterna una volta che aveva raggiunto i 400-600 metri di profondità, uccidendo i 112 membri dell’equipaggio e i 17 tecnici civili coinvolti nelle prove quel giorno. Il batiscafo Trieste che raggiunse a 2600 metri di profondità il Tresher scattò foto desolanti dei suoi resti sparsi su oltre 134mila metri quadri di fondale oceanico. Le ricerche su cosa fosse accaduto hanno coinvolto la Marina, i tecnici dei cantieri costruttori e scienziati. Dopo molte simulazioni e test, la causa del disastro fu trovata in una serie di eventi: una tubazione nel comparto motori che era stata installata con sistema di brasatura e non di saldatura aveva presumibilmente ceduto, inondando i comparti e provocando un corto circuito nell’impianto elettrico. Come conseguenza, il sistema di sicurezza ha bloccato il reattore nucleare mettendolo in sicurezza, ma ha lasciato il sottomarino privo di energia elettrica. Per di più, l’ufficiale al reattore fece chiudere le valvole di vapore per conservare la potenza massima possibile da usare per la riemersione rapida forzando l’espulsione dell’acqua dalle casse di zavorra. Ma la temperatura a quella profondità aveva congelato le valvole impedendo di spostare il vapore, che si era rapidamente raffreddato. Il Tresher a quel punto, privo di energia e di controllo meccanico era affondato come un masso verso morte sicura. Da quella dolorosa lezione la Marina americana sviluppò il programma SUBSAFE per la revisione di tutte le tecnologie applicate alla costrizione degli impianti e degli scafi dei sottomarini, sviluppando il sistema EMBT che consente in emergenza di controllare le valvole di sfiato e i comandi di manovra anche a reattore spento, quindi senza elettricità e spinta delle eliche. Il reattore S5W in ogni caso giace ancora là, con il suo carico di barre di Uranio ancora attivo…..
(10) 5 Dicembre 1965 : a largo dell’arcipelago delle Ryukuyu, circa 80 miglia dall’isola giapponese di Okinawa, il sottotenente Douglas M. Webster della U.S. Navy è nell’abitacolo di un assaltatore A4E Skyhawk, numero di matricola 151022, appartenente allo squadrone imbarcato VA56 e sta per essere portato dal grande ascensore sul ponte della portaerei USS Ticonderoga. La nave e la sua flotta d’appoggio si erano trovate pochi mesi prima coinvolte negli incidenti del Golfo del Tonchino, a largo delle coste del Vietnam del Nord, tra il 2 e il 4 agosto del 1964, che furono il casus belli (in buona parte inventato, come da recenti rivelazioni) per gli Stati Uniti per intervenire direttamente nella regione contro il Vietnam del Nord, a regime comunista, che appoggiava la guerriglia nel Vietnam del Sud, strettamente controllato da Washington . Era l’inizio della terribile guerra del Vietnam, costata in dieci anni 58mila soldati uccisi, migliaia di mezzi e 200 miliardi di dollari di spese belliche e finita con la più cocente sconfitta militare per gli U.S.A. . Ma tornando a quella mattina di Dicembre del 1965, l’A4E di Webster avrebbe dovuto essere lanciato in volo per un’esercitazione che sembrava di ordinaria amministrazione, ma che tanto ordinaria poi non era in quanto alla fusoliera del piccolo aviogetto era agganciata una bomba termonucleare tattica B43 da un megatone di potenza. Per motivi ancora oggi non chiari, l’aereo scivolò dal ponte e cadde in mare dove affondò assieme al pilota, senza lasciare tracce, su un fondale di quasi 5mila metri…l’incidente, costituisce una classica ‘broken arrow’ (freccia spezzata) nel codice militare statunitense, ovvero lo smarrimento di una testata nucleare attiva con il rischio di detonazione e nei suoi particolari venne rivelato solo nel 1981, quando fu cancellato il segreto militare che l’aveva coperto per tutti quegli anni. Molti esperti hanno dubitato che a una tale profondità e pressione il pit corazzato che contiene l’Uranio, il Plutonio e l’innesco di Deuterio per la fusione nucleare possa resistere per molto tempo, prima di generare un gravissimo inquinamento radioattivo nelle correnti profonde dell’oceano. Queste notizie hanno ingenerato un’enorme e malcelata irritazione nel governo giapponese che dalla pesca e dall’Oceano in generale trae moltissime risorse alimentari ed industriali. Del resto, su un fondale cosi profondo e vasto, ancora oggi non si ha una precisa idea come smantellare e recuperare eventualmente l’ordigno, sempre che si riesca ad individuarlo…
(11) 17 Gennaio 1966: Palomares è un piccolo paese di agricoltori e pescatori dell’Almeria, sulla costa mediterranea nel Sud della Spagna. E’ un villaggio piuttosto povero, dalla terra arida, in un paese che è isolato dalla comunità internazionale dal colpo di stato fascista del generalissimo Francisco Franco. E in quel giorno uggioso d’inverno il caso ha voluto che si aggiungesse per gli abitanti alla difficoltà di vivere in quel luogo anche la paura nucleare. Sopra la verticale del villaggio, a circa 9.500 metri di quota un B52G diretto alla Seymour -Johnson Air Force Base, in North Carolina, intorno alle 10.30 del mattino sta per incontrarsi con un aereo cisterna Boeing Kc135 Stratotanker proveniente dalla base spagnola di Moròn, poco distante. L’aereo è impegnato in una delle lunghissime missioni dell’operazione “Chrome Dome”, in cui i bombardieri dello Strategic Air Command pattugliavano 24 ore su 24 i confini dell’Unione Sovietica, armati con ordigni nucleari, sempre pronti in caso arrivasse l’ordine in codice ad attivare le bombe ed entrare nel territorio nemico per assolvere la loro missione di morte. L’aereo appartenente al 68 Heavy Bombardament Wing era assegnato alla rotta sul Sud del Mediterraneo, aveva attraversato l’Atlantico, effettuato un primo rifornimento sulla Spagna, attraversato il Sud Italia facendo periplo sulle stazioni di navigazione radio in Puglia, sorvolato l’Adriatico per lunghe ore notturne, poi aveva riattraversato l’Italia diretto verso un’altra “stazione di servizio volante”, che gli avrebbe dato il carburante per passare di nuovo l’Atlantico e tornare alla base di partenza. Il tutto con 4 bombe all’idrogeno B28R.I. (Retarded Internal, ovvero adatte al trasporto all’interno degli aerei e dotate di paracadute freno per ritardare la caduta) da 1 megatone e mezzo ciascuna di potenza, nella sua stiva bombe. Durante l’approccio per il rifornimento in volo il bombardiere si avvicina troppo velocemente, ma probabilmente sulla cisterna volante l’addetto alla lunga asta che porta il carburante non si accorge in tempo e non avverte il pilota che si sta avvicinando sotto di lui…la collisione avviene in un istante, l’asta squarcia il dorso del B52 come un apriscatole, l’ala sinistra cede alla giunzione con la fusoliera, i serbatoi si rompono ed entrambi gli aerei spariscono in una immensa palla di fuoco alimentata da decine di migliaia di litri di carburante.… la scena viene chiaramente vista da terra e dall’equipaggio di un altro B52 che sta attendendo il suo turno ad alcune miglia di distanza. Tutto l’equipaggio di 4 uomini del KC135 e 3 dei 7 a bordo del B52 muoiono, le 4 bombe precipitano verso terra. Gli inneschi di due delle bombe esplosero nei campi coltivati attorno al paese, spargendo polveri di Uranio e Plutonio. I reparti anticontaminazione dell’aeronautica e della Marina americani che si precipitarono sul posto rimossero ben 1400 tonnellate di terreno e incenerirono animali, piante, perfino vestiti che al controllo dei contatori geiger risultassero contaminati, impacchettando i resti per portarlo oltre oceano nel deposito di scorie nucleari di Savannah River. L’inquinamento in alcuni punti toccò gli 1.2 MegaBequerel al metro quadro, senza contare che di per sé come elemento chimico, il Plutonio è uno dei materiali più velenosi che si conoscano in natura. Gli abitanti all’inizio gradirono i risarcimenti che vennero immediatamente versati al comune e a loro per i danni, poco o nulla sapevano di radioattività. Ma in seguito impararono a conoscere la paura atomica, quando appezzamenti interi vennero recintati e isolati per sempre. Loro stessi e i loro figli condannati a subire controlli periodici per il resto della loro vita… La terza bomba venne trovata praticamente intatta nel letto di un fiume. Ma la quarta? Il ritrovamento della coda dell’ordigno vicino al mare assieme al paracadute e la testimonianza di un pescatore confermarono il timore che l’ordigno fosse stato portato dal vento verso il mare. Venne immediatamente dichiarato il codice “broken arrow” e la marina americana per più di 80 giorni portò avanti una ricerca serrata che coinvolse oltre 20 navi e 4 batiscafi con centinaia di militari, una corsa contro il tempo non conoscendo lo stato di conservazione della testata. L’acqua di mare avrebbe potuto deteriorare l’innesco di deuterio e trizio provocando una reazione parziale ma sufficiente a innescare un’esplosione nucleare, inferiore a quella per cui era stato progettata certo, ma esistono forse esplosioni nucleari sopportabili? Dopo essere stata individuata su un fondale a 780 metri la B28 venne di nuovo persa durante il primo tentativo di recupero, poi finalmente rintracciata e trainata in acque meno profonde fino che il 7 aprile la bomba poté esser orgogliosamente mostrata ai giornalisti sul ponte di una nave della Marina. L’incidente fu molto sentito dall’opinione pubblica internazionale, in un momento in cui il pacifismo e la sensibilità ambientale erano fortemente in crescita, provocando una crisi diplomatica col governo spagnolo che proibì già dal 27 gennaio di quell’anno il sorvolo o l’atterraggio a velivoli con armi nucleari a bordo. Molti Paesi seguirono lo stesso esempio.
(12) 21 Gennaio 1968 : forse dei peggiori incidenti di tutti i tempi, accadde quando durante una dei lunghissimi voli dell’operazione “Chrome Dome” (vedi l’incidente di Palomares) un B52G del 308 Strategic Bomb Wing proveniente dalla Plattsburg Air Force Base (New York State)era in volo di allerta alla quota di 11mila metri sulla baia di Buffin, a est della Groenlandia, sorvegliando l’importantissima stazione radar di Thule, a poca distanza in linea d’aria dal confine nord dell’Unione Sovietica. Nonostante lo sviluppo nei sistemi di comunicazione via satellite e nei missi balistici intercontinentali (nonché il costo astronomico di queste missioni), nei punti più “caldi” del globo, dove le forze strategiche degli schieramenti opposti sono più vicine, continuavano le sentinelle armate, con almeno 4 velivoli in volo 24 ore su 24, , come una spada di Damocle sulla testa dell’umanità intera, anche dopo alcuni gravissimi incidenti, l’ultimo per parte occidentale quello di Palomares. Le condizioni del volo quel giorno sono terribili, con temperature di oltre 60 gradi sotto lo zero a quella quota, il buio dei sei mesi di notte polare. Star fermi, legati ai seggiolini eiettabili per oltre 10/12 ore, impacciati da tute ed equipaggiamenti vuol dire soffrire terribilmente il freddo e la fatica, nonostante i sistemi di condizionamento spinti al massimo. Il comandante fece aprire allora una delle valvole che spillano aria dai motori dell’aereo, destinata a prevenire formazioni di ghiaccio nelle linee idrauliche ed elettriche dell’aereo. Ma qualcosa non funzionò, la valvola non si regolò e ben presto l’aria divenne rovente. Nell’aria si spande l’odore forte di gomma e metallo bruciato. Febbrile parte la ricerca da parte dei membri dell’equipaggio, che trova un principio di incendio dietro a un quadro elettrico, ma nonostante l’uso degli estintori la situazione peggiora rapidamente. Sono le 15.22 quando il Capitano pilota John Haug chiama la torre di Thule e dichiara l’emergenza per un atterraggio di fortuna, ma con l’aria ormai satura di fumi, le linee elettriche in corto circuito l’aereo è quasi ingovernabile, così non appena il radar indicò terraferma sotto l’aereo, diede il segnale e l’equipaggio si lanciò. Su sette uomini, vi fu una sola vittima ed i restanti membri vennero recuperati feriti e semi assiderati ma vivi. Il velivolo alle 15.39 si infranse sul pak ghiacciato, sfondandolo per una cinquantina di metri fino a raggiungere addirittura l’acqua dell’oceano sottostante. Il velivolo strisciò incendiandosi, l’esplosivo convenzionale di innesco delle 4 bombe all’idrogeno B28F.I. (a caduta libera non frenata) da 1,1 megatoni ciascuna fece il suo lavoro, polverizzando gli ordigni. Il fuoco alimentato dal pieno appena fatto da un aereo cisterna fece il resto. l’aereo e tutto ciò che conteneva si ridusse in un mucchietto di cenere radioattiva. Per un raggio di 400 metri e per una lunghezza di circa 3 chilometri e mezzo dal punto di impatto tutto è contaminato dal Plutonio, dall’Uranio arricchito e dal carburante JP4: nell’area venne rilevata la presenza di ben 380 milligrammi di Plutonio per metro quadro mentre i contatori geiger andarono fuori scala. Subito fu lanciata l’operazione “Crested Ice” con quasi un migliaio di uomini, strutture prefabbricate, moduli di decontaminazione, catapultati sulla banchisa per prelevare 2.100 metri cubi di ghiaccio fortemente radioattivo e chimicamente inquinato, assieme ai pochi resti del mostro. Le squadre (rispettando strettamente il turno di lavoro per evitare di assorbire troppe radiazioni), protetti da tute e schermi, lavorarono 24 ore al giorno nella notte polare, a temperature sotto i 40 gradi, sferzati dal vento a oltre 100 chilometri orari, sciogliendo e chiudendo in cisterne di acciaio altre migliaia di tonnellate ghiaccio, trasportate via camion fino alla costa e poi in nave al solito impianto di Savannah River per lo stoccaggio, un’opera mastodontica che si concluderà solo a febbraio nella prima fase d’emergenza. Ma il peggio doveva ancora arrivare: con orrore le squadre di rimozione trovarono i cavi paracadute-freno congelati nella banchisa. Questo voleva dire solo una cosa, che il ghiaccio sotto la temperatura elevata dell’incendio si era sciolto in profondità e che una delle armi, evidentemente dotata di sistemi di frenata al contrario delle affermazioni ufficiali, era scivolata nell’acqua sottostante. Venne lanciato ancora una volta l’allarme “broken arrow”. Carotaggi e ispezioni con sottomarini da ricerca vennero effettuati nei mesi successivi sotto il ghiaccio e i rapporti calcolarono che venne recuperato nei materiali contaminati e nei detriti oltre l’85% per cento dei sistemi di innesco “primari” in Uranio di tutte e 4 le bombe e il 94% di quelli “secondari”, ma solo per 3 ordigni… in realtà la documentazione relativa è stata declassificata dal segreto militare solo di recente ma nessuno al momento può essere del tutto sicuro che sui fondali sabbiosi non siano sprofondate parti della testata del quarto ordigno. Nemmeno i rilievi svolti dai Danesi con regolarità negli anni hanno ad oggi rilevato aumenti rilevanti nei valori di Plutonio o isotopi derivati dal decadimento, per quanto per precauzione non sia consigliabile ad oggi restare nell’area dell’incidente a lungo…I Danesi. Ma cosa c’entrano i Danesi? La Groenlandia è stata colonia e fa parte ancora oggi del territorio Danese. Già l’evento causò un mezzo incidente diplomatico , poiché già dal 1957 in sede NATO la Danimarca aveva ottenuto il non sorvolo ufficiale della Groenlandia da parte di aerei armati con armi non convenzionali, così come il divieto di stoccaggio delle stesse nella base di Thule. E moltissimi furono i lavoratori Danesi che sia nella prima parte della “Crested Ice”, sia nell’opera di rimozione più approfondita dei materiali contaminati hanno lavorato assieme al personale dell’USAF fino al 13 settembre 1968, data di partenza dell’ultima cisterna per gli Stati Uniti. Ed è sempre da parte Danese che si è pagato il prezzo più alto : anche se non lavorarono direttamente sul sito, operai e tecnici danesi vennero impiegati nello stoccaggio dei materiali rimossi, ed hanno lavorato al porto nel carico delle navi. Senza però le precauzioni, le protezioni e il controllo medico a cui erano sottoposti i loro omologhi americani. Per anni moltissimi di questi hanno sofferto problemi gravi di salute. Nel 1995 una ricerca dell’Università di Copenhagen rivelò che su 1.500 lavoratori ben 410 erano deceduti per forme di cancro, con un’incidenza di rischio del 50% maggiore del resto della popolazione groenlandese.
(13) Ma già nell’ 86 il governo danese aveva promosso un’indagine sanitaria sugli uomini coinvolti nell’operazione ed i dati di contaminazione erano stati desolanti (numerosi i casi di sterilità), tanto che 200 di questi avevano intentato una causa contro gli Stati Uniti, fallita in quanto fu negato l’accesso a buona parte della documentazione a carico in quanto coperta dal segreto militare. E neppure la Danimarca risarcì i propri lavoratori (a parte un indennizzo minimo pro capite nel 1995) né fu possibile condannare le autorità per negligenza, poiché la Danimarca entrò nell’Euratom solo nel 1973, per cui nel 1968 le sue normative in materia di rischio nucleare erano assai meno precise. Per questo motivo infatti decadde anche un’azione di fronte alla Corte Europea di Giustizia….Questa drammatica vicenda ha prodotto almeno una conseguenza positiva: davanti all’indignazione dell’opinione pubblica mondiale, finalmente l’operazione “Chrome Dome” venne chiusa e il trasporto di ordigni nucleari su velivoli sottoposto a regolamentazione e procedure strettissime. Stati Uniti ed Unione Sovietica il 30 settembre 1971 firmarono un Protocollo d’Intesa sulla riduzione del rischio di una guerra nucleare”, in cui ognuna delle due parti ed i propri alleati si impegnavano a comunicare tempestivamente alle altre ogni incidente o avvenimento non previsto che coinvolga armi nucleari e possa essere erroneamente interpretato come l’inizio di un attacco nucleare verso l’altra parte. Venne anche istituita la linea diretta fra Washinghton e Mosca, il “telefono rosso” che è diventato famoso in molti film di azione e spionaggio.
(14) Marzo/Aprile 1968 : il sottomarino da attacco sovietico K 129, della classe Golf II scompare nell’Oceano Pacifico assieme ai 98 uomini del suo equipaggio ,dopo aver lasciato la sua base nella Kamchatka. L’ultimo segnale cifrato venne inviato al comando di divisione navale il 24 febbraio, poi il nulla. Immediatamente la flotta russa diede il via a un’operazione di ricerca enorme, che si concluse ad agosto con la dichiarazione di affondamento presunto. Ma quel che i Russi non potevano sapere è che i sottomarini che incrociavano davanti alle basi della marina russa in missione di sorveglianza notarono lo strano andirivieni, che in un primo momento creò il timore fossero preparativi per un attacco nucleare di sorpresa. Di seguito dall’intenso traffico radio in chiaro si comprese che cercavano un battello disperso. Grazie al sistema di sorveglianza SOUS, una enorme rete di ricevitori di suoni e segnali che la CIA e la US Navy avevano sparso per i fondali dei sette mari (una specie di Echelon subacquea della guerra fredda), analizzando le registrazioni di migliaia di suoni, fu ipotizzato che il sottomarino fosse andato perduto a circa 1500 miglia dalle Isole Hawaii, dove l’unità russa probabilmente avrebbe dovuto sostare a sorveglianza della base di Pearl Harbour, pronto a lanciare i suoi 3 missili balistici R26. Il K 129 era un sottomarino a propulsione “convenzionale” Diesel – elettrica, ma aveva armamento nucleare a bordo. La CIA vi intravide un’occasione di impadronirsi della tecnologia nucleare e dei codici di comunicazione Russi. Fu un vero capolavoro di “SIGINT”, ovvero di Signal Intelligence, ascolto e interpretazione di segnali radio, radar, sonar e rumori di fondo. Quando venne individuato e fotografato su un fondale ad oltre 4.900 metri di profondità fu subito chiaro che il recupero sarebbe stato un’impresa titanica. Il battello sicuramente era schiacciato dalla pressione e in condizioni disastrate, come molte foto dei batiscafi spia rivelarono. Tuttavia la CIA promosse il “Progetto Azorian” commissionando alale industrie del discusso miliardario Howard Hughes la costruzione di un’enorme nave da recupero, la Glomar Explorer, ufficialmente un mezzo per estrarre i noduli di manganese dal fondale oceanico. La nave, con un’enorme gru ed una pinza celata all’interno dello scafo, fu pronta nel 1974. L’idea era di sollevare il sottomarino sotto la nave e di calarlo dentro a una chiatta sottomarina con pareti amovibili, per poi portarlo via lontano da sguardi indiscreti: praticamente una cosa degna di un film di James Bond…. Tuttavia la struttura danneggiata del sottomarino non resse ed una parte importante di esso si sbriciolò spargendosi per centinaia di chilometri sul fondale oceanico. Ma che buona parte del sottomarino con i suoi segreti fosse stato recuperato, si può intuire dalle ipotesi sulle cause dell’affondamento contenute in molti rapporti, nonché dal fatto che vennero recuperati i corpi di sei marinai, che vennero sepolti in mare con tutti gli onori (forse perché quasi tutta la carcassa risultò pesantemente contaminata e radioattiva da isotopi di Plutonio?). Fu notato uno squarcio dietro la torre, all’altezza dei silos dei missili, due dei quali erano praticamente distrutti. Si fece l’ipotesi di una perdita delle batterie dei missili che sviluppò idrogeno incendiato dai contatti elettrici, altri ipotizzarono una collisione con il sottomarino da caccia ai sommergibili USS Swordfish, che nei giorni della perdita del K129 rientrò alla base americana di Yokosuka in Giappone per riparare evidenti danni allo scafo…per anni le due marine hanno giocato una partita a rimpiattino nei cieli e sotto la superficie degli Oceani ed i mezzi di entrambe le parti talvolta sono arrivati a collisioni…Seppure nessun rapporto fa menzione dell’inquinamento da Plutonio, è intuibile che vi fu e dovette essere anche grave, per il lungo tempo in cui le testate furono a diretto contatto con l’acqua. In ogni caso, buona parte della documentazione, specie quella sui costi, in danaro ed in vite umane, rimane ancora oggi coperta dal segreto militare.
(15) 24 maggio 1968 : il K27 è stato l’unico sottomarino russo costruito della classe Projekt 645, la cui peculiarità consisteva nell’installazione di un reattore nucleare raffreddato a metallo liquido (una lega di piombo e bismuto) e non ad acqua. La sua esperienza servì alla progettazione di altre classi di unità con reattori di questo tipo. Ottenuto modificando uno scafo da attacco della classe November (in codice NATO) sin dall’inizio il sistema di raffreddamento aveva dato problemi di controllo. Durante una crociera sperimentale, in posizione ancora oggi segreta, il reattore ebbe un forte calo nella potenza. L’equipaggio non era addestrato a sufficienza per cui non riconobbe subito i segni di un surriscaldamento delle barre di Uranio. In realtà, una parte del mantello di protezione del nocciolo si ruppe esponendo il metallo liquido di raffreddamento a contatto con le barre di combustibile, generando gas radioattivi come Radon e forti irradiazioni di raggi gamma. I nove motoristi che restarono nella camera per tentare una riparazione furono mortalmente irradiati, mentre la contaminazione si sparse in tutto il sommergibile causando l’avvelenamento grave del resto dell’equipaggio. Il sottomarino dovette essere trainato in porto da altro battello. Dopo sporadiche uscite in mare il K 27 venne radiato il 1° febbraio 1979, non prima che durante il tentativo di sostituire il reattore a metallo con uno convenzionale ad acqua rimanessero contaminati numerosi operai in bacino di carenaggio…nel 1981 il vano reattore del sottomarino fu sigillato con un mastice speciale e la carcassa semplicemente affondata nella baia di Stepovoy, nel mar di Kara, a largo dell’isola di Novaya Zemlia, conosciuta come una delle peggiori pattumiere atomiche del pianeta… il peggio è che la marina russa, incurante delle raccomandazioni dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (A.I.E.A), affondò il battello su un fondale di soli 33 metri contro i non meno di 3mila raccomandati ! …praticamente una bomba a tempo, solo che ancora oggi la Russia non ha né le conoscenze scientifico-tecnologiche, né le finanze sufficienti a trovare una soluzione, mentre il mare corrode rapidamente lo scafo in titanio….
(16) Maggio-Giugno 1968 : ancora oggi non ci sono opinioni univoche su uno dei disastri più misteriosi del mare e che hanno coinvolto armi e dispositivi nucleari potenzialmente letali per l’ambiente. L’USS Scorpion , sottomarino nucleare di classe Skipjack , andò perduto nella notte tra il 21 e il 22 giugno 1968 a circa 740 chilometri dall’arcipelago delle Azzorre, mentre rientrava negli Stati Uniti da una crociera nel Mediterraneo sotto il comando della 6° Flotta in Italia. Entrato in servizio nel 1960 fu uno dei più moderni battelli cacciasommergibili in servizio al mondo, ebbe un impiego intenso, tanto che nel 1967 avrebbe dovuto entrare in bacino per ricevere il programma di revisione SUBSAFE, sviluppato dopo la tragica perdita dell’USS Trasher nel 1963. In realtà, le pressioni per limitare il tempo in cui i battelli rimanessero fuori servizio, i costi di una revisione che praticamente per gli scafi progettati prima del 1965 era una vera e propria ricostruzione da zero, fecero sì che il programma fosse limitatissimo e lo Scorpion fosse rimesso in mare dopo riparazioni e ispezioni sommarie. Che ci fosse a bordo malumore e il morale dell’equipaggio fosse molto basso è suggerito da una serie di incidenti e malfunzioni che afflissero quello che fu una punta di lancia della flotta americana e dell’alleanza occidentale negli ultimi mesi della sua vita, tanto che due membri dell’equipaggio tentarono di tutto pur di farsi esonerare e trasferire, ma solo uno di essi vi riuscì. In particolare, il sistema EMBT, che permetteva di mantenere la manovrabilità del sottomarino e di scaricare la zavorra di acqua dalle casse anche senza energia elettrica, non era stato installato o , quanto meno, per una polemica tra i cantieri costruttori e il dipartimento della difesa non era stato dichiarato utilizzabile. Tale sistema costituiva era frutto della lezione terribile appresa dall’affondamento del Trasher di qualche anno prima e il fatto che un sottomarino oceanico nucleare non lo avesse utilizzabile non rendeva certo tranquillo nessuno. Durante la notte del 21 maggio lo Scorpion cercò di mettersi in contatto con la stazione radio radio di Rota in Spagna, ma riuscì solo a stranamente ad essere ricevuto da quella di Nea Makrì in Grecia. Quello fu l’ultimo segnale. Dopo il silenzio radio dei giorni successivi e il mancato arrivo a Norfolk, il 5 giugno venne dichiarato disperso e iniziarono le ricerche. Ancora una volta l’interpretazione dei dati del SOUS, il sistema di ascolto sottomarino della US Navy , fu prezioso per circoscrivere l’area dove si pensava fosse avvenuto il disastro. Da notare che in quei giorni tra la primavera e l’autunno del 1968 la US Navy era già pesantemente impegnata nel Mediterraneo nella ricerca di una delle bombe all’idrogeno perse da un B52G nel famoso incidente di Palomares… Una volta individuato il relitto a 3mila metri di profondità, venne inviato il batiscafo Trieste a fotografare i resti, con il grande timore peraltro per il suo equipaggio: i rumori captati dal sistema SOUS, ma ancora di più da una stazione alle Canarie che monitorava il rientro delle capsule spaziali della NASA e il loro ammaraggio, erano compatibili con quelli di uno scafo che implodeva e si schiacciava, come prevedibile essendo sottoposto a pressioni per cui non era stato costruito. Per cui nulla si sapeva sulla tenuta della camera del reattore nucleare e sulla camera siluri, in cui erano alloggiati tra gli altri armamenti due siluri a testata nucleare Mk45 Astor. In realtà le stese campagne fotografiche e di misurazione testimoniarono che il “pit” corazzato del reattore era sicuramente intatto, con le barre di controllo che erano sicuramente scese fra quelle del combustibile di Uranio azionate dal sistema di emergenza. e la sezione di prua con i siluri aveva tenuto bene, benché nell’affondamento il battello avesse sbattuto di prua , incastrando le altre sezioni l’una sull’altra e sradicando la torre di comando. Il fato ci aveva messo del suo, perché sotto allo Scorpion allagato che scendeva a velocità elevata, madre natura ci aveva messo un fondale di melma e sabbia, che assorbì in parte l’impatto. Si suppone che a provocare l’affondamento fu l’esplosione di una batteria di un siluro, che aveva sviluppato gas idrogeno sufficiente a una reazione. Se il siluro si fosse trovato nella camera di lancio, questo avrebbe potuto provocare la rottura dei porteli di sicurezza e l’allagamento traumatico delle sezioni prodiere del sottomarino, il collasso del sistema elettrico, l’incontrollabilità di tutti i comandi principali, mentre i marinai e gli ufficiali eventualmente sopravvissuti si rendevano conto atrocemente che quelli erano gli ultimi istanti della loro vita, intrappolati in una bara che cadeva veloce verso il fondo, aspettando da un secondo all’altro il cedimento dello scafo stritolato da migliaia di chili per centimetro quadro di pressione… Già, ma perché un siluro avrebbe dovuto essere nella camera di lancio, mentre il battello stava placidamente rientrando alla base, con uno stato di allerta minimo e in situazione di pace? Qui viene una seconda teoria, basata sull’interpretazione di suoni registrati dal sistema SOUS e dalla stazione delle Canarie prima dello “sciame” di onde sonore che costituiva il canto di morte dello Scorpion. In realtà vi sono anche tracce di suoni compatibili con manovre evasive e il lancio di almeno un siluro, nonché tracce tali da far affermare che lo Scorpion sicuramente stava procedendo su rotta opposta a quella verso la propria base : cosa che fece ipotizzare ad alcuni ricercatori (vedi le note a piede dell’articolo, ndr) che lo Scorpion si fosse trovato nel mezzo di un duello con almeno un sottomarino, forse più di uno, sovietici che gli avevano teso una trappola. Pochi mesi prima infatti il sottomarino K129 della flotta del Pacifico era affondato a largo delle Hawaii (come raccontato poco più sopra) ed il comando russo in effetti fu per molto tempo convinto fosse stata opera americana, con la collisione con l’USS Swordfish o peggio, che fosse stato silurato. Del resto i russi mal sopportavano la sorveglianza sempre più stretta a cui la marina americana sottoponeva le basi della flotta russa: gli americani monitoravano le uscite e le rotte dei sottomarini lanciamissili sovietici, preoccupati del fatto che potessero apparire e lanciare un attacco a sorpresa vicino alle coste americane. Comportamenti, sospetti e reazioni nervose che sono stati alla base del rischio corso giornalmente in decenni che la guerra fredda divenisse calda….lo Scorpion sarebbe diventato quindi vittima di una “lezione “ data alla Marina statunitense e al contempo di una vendetta per la perdita del K129. Molto più probabilmente, i suoni di manovra captata dalla stazione scientifica alle Canarie furono generati da un incidente con uno dei siluri Mk 37 a testata convenzionale in dotazione allo Scorpion. Talvolta è capitato che le batterie di questi si surriscaldassero per il cattivo mescolamento degli elementi chimici provocato dalle vibrazioni a cui erano sottoposti sui battelli, per cui in emergenza l’unico modo di evitare che esplodessero era di lanciare il siluro. Questo vuol dire per il sottomarino lanciatore riemergere almeno a quota periscopica, controllare che non vi fossero navi attorno (il siluro ha guida acustica e se non programmato, si attiva subito dopo il lancio cercando una eco su cui dirigersi…) prima di liberarsi dell’ordigno. Poi eseguire una manovra evasiva per evitare che il siluro individuasse loro stessi come bersaglio… Nello specifico, un incidente del genere si era verificato alcuni mesi prima proprio sullo Scorpion, quindi non è probabile (ma nemmeno impossibile), che l’evento si sia ripetuto e che questa volta i marinai americani non siano riusciti a lanciare il siluro o a evitare di diventarne essi stessi vittime. Per la cronaca, anche i siluri nucleari Mk45 Astor avevano un sistema di propulsione elettromeccanica simile a quella dei Mk37 (ritirati dal servizio definitivamente negli anni successivi), quindi il rischio corso è stato anche peggio… Il sito di affondamento dello Scorpion è tutt’oggi sorvegliato strettamente dalla US Navy per il rischio radiologico mentre gli atti dell’inchiesta e delle ricerche scientifiche continuano in buona parte ad essere riservati.
di Davide Migliore
Fonti Generali :
www.mongiello.it/chernobyl/elenco-incidenti-nucleari
Shaun Gregory – Alistair Edwards “A Handbook of Nuclear Weapons Accidents”, University of Bradford, Bradford 1986
AEREI – rivista aeronautica, n. 2 febbraio1991 “storia segreta degli incidenti nucleari”.
Legenda :
(1)http://ospiti.peacelink.it/qualevita/html/dossier_incubo_atomico.html dossier Incubo atomico
(2) SOMMERGIBILI NUCLEARI : PROBLEMI DI SICUREZZA ED IMPATTO AMBIENTALE , Politecnico di Torino, 2004 – F. IANNUZZELLI, V.F. POLCARO, M. ZUCCHETTI
(3)http://translate.google.it/translate?hl=it&langpair=en%7Cit&u=http://en.wikipedia.org/wiki/List_of_military_nuclear_accidents : Incidente al sottomarino K8
(4)AEREI – rivista aeronautica, n. 2 febbraio1991 “storia segreta degli incidenti nucleari”.
(5) due link alla vicenda del K19 :
http://it.wikipedia.org/wiki/K-19_(sottomarino) http://www.nationalgeographic.com/k19/k19_html_main.html
(6)http://www.jp-petit.org/Divers/Nucleaire_souterrain/in_ecker.htm incidente Beryl, Ecker Sahara algerino francese
http://www.aven.org/aven-accueil-presentation-temoignages-veuve-colonel-clavert
(7)http://www.aerospaceweb.org/question/weapons/q0268.shtml incidenti missili Thor 1962 e altro
(8) http://www.codicenucleare.it/d2.htm Martin Marietta – treno
(9)http://it.m.wikipedia.org/wiki/USS_Thresher_(SSN-593) 1963 l’affondamento del USS Thresher
http://www.history.navy.mil/danfs/t/thresher.htm
(10) http://en.wikipedia.org/wiki/Douglas_M._Webster : broken arrow – l’incidente delle Ryukuyu
(11) http://en.wikipedia.org/wiki/1966_Palomares_B-52_crash e
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2011/04/17/bomba-palomares.html : Palomares, l’incubo nucleare è già in Europa
Moran, Barbara (2009). The Day We Lost the H-Bomb: Cold War, Hot Nukes, and the Worst Nuclear Weapons Disaster in History. Random House, Inc
(12) – (13) http://en.wikipedia.org/wiki/1968_Thule_Air_Base_B-52_crash il disastro di Thule
Christensen, Svend Aage (2009). The Marshal’s Baton. There is no bomb, there was no bomb, they were not looking for a bomb. Danish Institute for International Studies
Juel, Knud (1992). “The Thule Episode Epidemiological Followup After the Crash of a B-52 Bomber in Greenland: Registry Linkage, Mortality, Hospital Admissions”. Journal of Epidemiological and Community Health (Copenhagen: Danish Institute for Clinical Epidemiology)
(14) http://www.mikekemble.com/misc/k129.html the amazing story of the K129
http://it.wikipedia.org/wiki/K-129_(Golf_II) l’affondamento del K129
http://www.gwu.edu/~nsarchiv/nukevault/ebb305/index.htm il Progetto Azorian, l’operazione più costosa della guerra fredda
(15)http://translate.google.it/translate?hl=it&langpair=en%7Cit&u=http://en.wikipedia.org/wiki/List_of_military_nuclear_accidents : Incidente al sottomarino K27 24th may 1968, Incidente al sottomarino K8 12th april 1970
(16) http://it.wikipedia.org/wiki/USS_Scorpion_(SSN-589) l’affondamento dell’USS Scorpion, may 1968
http://www.oneternalpatrol.com/uss-scorpion-589.htm On Eternal Patrol, tribute to the Us Navy submarine’s crew lost in service
http://it.wikibooks.org/wiki/Forze_armate_mondiali_dal_secondo_dopoguerra_al_XXI_secolo/USA-6
Bibliografia specifica sull’evento:
Stephen Johnson, Silent Steel: The Mysterious Death of the Nuclear Attack Sub USS Scorpion, January 6, 2006, Wiley Edit., pp. 304.
Christopher Drew, Blind Man’s Bluff: The Untold Story of American Submarine Espionage, 3 ottobre 2000, Harper Paperbacks, pp. 432.
Ed Offley, Scorpion Down: Sunk by the Soviets, Buried by the Pentagon: The Untold Story of the USS Scorpion, 20 aprile 2007, Perseus Books Group, pp. 480.