Il 21 Marzo scorso la Corte Penale Internazionale ha condannato Jean-Pierre Bemba Gombo, comandante del Movimento per la liberazione del Congo (MLC, fondato e finanziato principalmente da Bemba nel 1998 con l’obiettivo di rovesciare il governo di Kinshasa) ed ex vicepresidente della Repubblica Democratica del Congo per due crimini contro l’umanità (omicidio e stupro) e tre crimini di guerra (omicidio, stupro e saccheggio). Si tratta di una sentenza storica a detta di diverse organizzazioni per i diritti umani: per la prima volta il Tribunale ha emesso una sentenza di condanna per stupro in quanto crimine di guerra.
I fatti
I fatti cui risalgono i capi d’accusa vanno dal 26 Ottobre 2002 al 15 Marzo 2003, quando l’allora Presidente Patassé, per difendere il proprio governo dall’avanzata dei ribelli del Generale François Bozizé, richiese l’assistenza del Movimento per la Liberazione del Congo e del suo braccio militare, l’Armata di Liberazione del Congo, guidata dal comandante Bemba. I soldati di Bozizé, ex militari delle Forze Armate Centraficane (FACA) e cittadini del Chad, infatti, nella seconda metà del 2002 stavano avanzando dal Chad verso la Repubblica Centrafricana, occupando diverse città prima di entrare a Bangui il 25 Ottobre 2002. Fu a questo punto che iniziò il vero e proprio conflitto armato.
Bemba rispose all’appello stanziando una milizia di tre battaglioni nella Repubblica Centrafricana, per un totale di 1500 uomini. A partire dal 26 Ottobre 2002, con l’intervento delle truppe di Bembo cominciò quella che la Corte ha soprannominato Operazione 2002-2003, un conflitto armato non di carattere internazionale condotto nella Repubblica Centrafricana tra le Autorità Centrafricane, assistite anche dal MLC, e il gruppo armato di ribelli guidati dal Generale Bozizé.
A questo punto, arriviamo ai capi d’imputazione. Le prove sottoposte alla Corte dimostrano che nel corso dell’Operazione 2002-2003 le truppe di Bembo commisero numerosi atti di saccheggio, omicidi e stupri contro la popolazione civile, su una vasta area geografica. Quest’ultimo dato è molto importante, perché mostra come le condotte dei soldati del MLC non fossero isolati o sporadici, bensì la componente essenziale di un preciso modus operandi protrattosi costantemente dall’inizio delle ostilità fino a Marzo 2003: le vittime, infatti, erano civili che non stavano prendendo parte allo scontro. Cosa accadeva? Ebbene, dopo che le truppe di Bezozé avevano lasciato un territorio, i soldati di Bembo andavano casa per casa in cerca di ribelli, violentavano i civili e saccheggiavano le loro proprietà: senza distinzione di sesso, età o condizione, intere famiglie sono state seviziate (inclusi quindi bambini, uomini, donne e anziani), le loro famiglie costrette a guardare. Da ciò, la Corte ha dedotto, al di là di ogni ragionevole dubbio, che fosse proprio la popolazione civile centrafricana l’obiettivo degli attacchi e non un semplice ostacolo lungo il percorso, obiettivo che seppure non espressamente formalizzatosi in un ordine è stato inequivocabilmente e attivamente incoraggiato dai superiori. Conclusioni avvalorate da diversi criteri di identificazione: le ripetute interazioni tra le vittime, i testimoni e i soldati MLC, la lingua e l’abbigliamento indossato dai responsabili e il modo in cui gli autori si sono presentati alle vittime, così come la presenza sul territorio delle truppe MLC al momento della commissione dei crimini contestati.
In particolare, la Corte ha evidenziato come tale crimini siano stati perpetrati con il preciso scopo da un lato di autocompensazione a fronte di paga e razioni di cibo inadeguate, dall’altro per umiliare, punire e spaventare sospetti ribelli, loro simpatizzanti o semplicemente chiunque opponesse resistenza a tali violenze.
Per tutte queste ragioni, il Tribunale internazionale ha concluso che tali crimini sono stati commessi dai soldati MLC come parte di un attacco alla popolazione della Repubblica Centrafricana e che i superiori di tali milizie non potevano non esserne a conoscenza.
Il processo
Jean-Pierre Bemba Gombo, cittadino congolese, ex Vicepresidente della Repubblica del Congo e Presidente del Movimento di Liberazione del Congo, nonché comandante dell’Armata di Liberazione del Congo venne arrestato il 24 Maggio 2008, dalle autorità belghe, in seguito a un mandato di arresto emesso dalla Corte Penale Internazionale.
A seguito della conferma delle accuse a suo carico, il 23 Novembre 2010 iniziò ufficialmente il procedimento a suo carico.
Per raggiungere il verdetto, i tre giudici hanno analizzato 733 elementi di prova, tra cui 5724 pagine di documenti e più di 33 000 pagine di trascrizioni delle testimonianze di 77 persone. Inoltre, è stato permesso a 5229 vittime di partecipare al processo.
Si tratta in ogni caso di una sentenza non definitiva che entrambe le parti potranno impugnare nel termine perentorio di 30 giorni, ottenendo che la questione venga riesaminata da una Corte d’Appello composta questa volta da cinque giudici.
Quale potrebbe essere la pena? Al momento la Corte ha semplicemente deliberato sulla colpevolezza di Bemba, al quale potrebbe presumibilmente essere inflitta una pena detentiva fino a un massimo di 30 anni (e in casi estremi, l’ergastolo) da scontare presso il centro di detenzione di uno Stato terzo rispetto all’Olanda, che il Tribunale provvederà ad individuare in un secondo momento.
La sentenza
“Not only is it the first time that the ICC has convicted someone for rape as a war crime, but it is also the first ICC conviction based on command responsibility.” – Samira Daoud
La Sezione Terza della Corte Penale Internazionale si è espressa all’unanimità sulla colpevolezza di Jean-Pierre Bemba Gombo al di là di ogni ragionevole dubbio per due crimini contro l’umanità (omicidio e stupro) e tre crimini di guerra (omicidio, stupro e saccheggio).
In particolare, la Corte ha concluso al di là di ogni ragionevole dubbio che:
- Bemba agisse all’epoca dei fatti in qualità di comandante in capo del MLC e avesse autorità e controllo effettivi sulle milizie responsabili dei crimini: le prove hanno, infatti, mostrato che questi ricopriva un ruolo di rilievo sia politico che militare nell’Armata e fosse l’autore delle decisioni di maggior rilievo all’interno dell’organizzazione. Aveva ampi poteri formali, autorità decisionale, poteri di nomina, promozione e licenziamento sia all’interno del MLC che del suo braccio militare. Questi, inoltre, controllava anche il finanziamento dell’organizzazione, aveva contatti diretti con i comandanti di alto livello delle truppe ed era costantemente informato sulle operazioni delle milizie, grazie a report dettagliati sulle operazioni e di intelligence. Bemba nel corso dell’Operazione 2002-2003 mantenne anche diversi poteri disciplinari, istituendo commissioni d’inchiesta, esercitando poteri di arresto e convocando corti marziali;
- Bemba sapesse che le forze MLC commettevano o stavano commettendo crimini: nonostante all’epoca del conflitto Bemba si trovasse lontano dal luogo del conflitto, essendo nella Repubblica Democratica del Congo, i comandanti delle truppe MLC potevano comunicare dalla Repubblica Centrafricana con telefoni satellitari, radio e dispositivi mobili. In particolare, Bemba era costantemente in contatto col Colonnello Moustapha, il più alto ufficiale del MLC e l’ufficiale più anziano a livello di brigata, che periodicamente riferiva sullo stato delle operazioni e sulla situazione sul territorio. Questi, così come gli altri comandanti riferivano anche al Capo di Stato Maggiore, che a sua volta aggiornava Bemba. A tutto ciò si aggiungano i giornali di bordo, anch’essi trasmessi all’imputato.
Inoltre, Bemba veniva aggiornato dall’intelligence del Presidente Patassé sulla situazione del conflitto, la posizione delle truppe e le accuse di crimini (tra quelli in capo alle truppe MLC si evidenziano: furto, stupro, uccisione di civili, molestie e trasporto di merci saccheggiate).
Nello stesso periodo, diversi media locali e internazionali denunciarono i crimini perpetrati dalle truppe MLC con report cui lo stesso Bemba rispose in diverse occasioni, in particolar modo durante uno dei suoi innumerevoli viaggi nella Repubblica Centrafricana dove di fronte al Rappresentante delle Nazioni Unite, il Generale Cissé, e al Presidente Patassé, apostrofò le sue truppe per il loro “cattivo comportamento”, i “furti” e la loro “brutalità”.
La stessa Corte ha sottolineato che anche le misure prese da Bemba in relazione ai crimini contestati al MLC non fanno che avvalorare la dimostrazione che l’uomo fosse a conoscenza dei crimini commessi. Se da un lato, infatti, egli istituì una Commissione d’inchiesta in seguito ai crimini commessi a Mondonga, ossia lo stupro e il saccheggio di soli civili, dall’altro le prove mostrano che egli fu in contatto col Colonnello Moustapha sia il giorno prima che il giorno dopo l’operazione! Pur sapendo dell’attacco non dispose alcuna misura di prevenzione o repressione di questo;
- Bemba abbia omesso di prendere tutte le misure necessarie e ragionevoli per prevenire o reprimere la commissione di reati. L’uomo ha, inoltre, omesso di sottoporre la questione alle autorità competenti per le indagini e per l’azione penale: la Corte ha sottolineato come l’imputato abbia risposto “grossolanamente” alle notizie di reato pervenutegli dai report dei media e dei suoi sottoposti, limitandosi a pubblici ammonimenti alle sue truppe di non maltrattare la popolazione civile, alla creazione di due commissioni d’inchiesta, la cui attività di indagine peraltro si limitava alle sole accuse di saccheggio nel corso delle operazioni e al trasporto di beni saccheggiati, e di altre misure altrettanto blande o comunque sempre incardinate sulle sole denunce di saccheggio. Il Tribunale sottolinea come Bemba avrebbe potuto accertarsi che le sue truppe venissero formate sulla base delle regole del diritto umanitario internazionale, che le indagini delle proprie commissioni d’inchiesta e della propria corte marziale fossero effettive, così come l’esecuzione delle pene da questi inflitte, o ancora che gli ordini impartiti ai comandanti delle truppe fossero precisi e chiari quanto alla prevenzione della commissione di reati.
Inoltre, la Corte ha sottolineato che l’Autorità disciplinare competente ad indagare e perseguire i crimini commessi dal contingente MLC fosse proprio il comandante Bemba. Pertanto, qualora non fosse stato in grado di incidere sulla condotta delle proprie truppe o di perseguirne le accuse, avrebbe dovuto sottoporre la questione alle Autorità centrafricane competenti;
- Bemba non abbia esercitato un controllo adeguato: la Corte ha concluso che a fronte della sua posizione Bemba avesse sia l’autorità che la capacità di intervenire per prevenire e reprimere la commissione di tali crimini. Se l’imputato avesse utilizzato gli strumenti in suo potere, si sarebbe diminuito o addirittura eliminato quello che la corte definisce “un clima di acquiescenza”, tipico di operazioni in cui le truppe non sono formate adeguatamente, ricevono ordini poco chiari o i cui comandanti sono contemporaneamente complici nella commissione di reati.
Pertanto, il Tribunale ha concluso all’unanimità che: “I crimini contro l’umanità di omicidio e stupro, e i crimini di guerra di omicidio, stupro e saccheggio commessi dalle forze MLC nel corso dell’Operazione 2002 e 2003 sono stati il risultato del fallimento del comandante Bemba di esercitare un controllo adeguato sulle proprie truppe”.
di Giulia Pavesi
Linkografia
www.reuters.com/article/us-warcrimes-congodemocratic-bemba-idUSKCN0WN1K8
http://www.theguardian.com/world/2009/jan/13/congo-bemba-war-crimes-trial-hague
https://www.icc-cpi.int/en_menus/icc/press%20and%20media/press%20releases/Pages/pr1200.aspx
http://it.ibtimes.com/bosnia-erzegovina-larma-dello-stupro-durante-la-guerra-1351561