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Sottomarini e satelliti si spiano, si controllano: sale la psicosi dell’attacco a sorpresa

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Sottomarini e satelliti si spiano, si controllano: sale la psicosi dell’attacco a sorpresa

Pubblicato il 30 marzo 2018 by redazione

Decollo su allarme di un B52 C del S.A.C. dalla Fairchild Air Force Base.

Decollo su allarme di un B52 C del S.A.C. dalla Fairchild Air Force Base.

Nella prima metà degli anni ’80, il confronto fra gli apparati militari delle superpotenze nucleari, spesso a distanza ravvicinata, avvenne certamente nei mari. La tecnologia in rapido ascesa, specie quella informatica, aveva creato una specie di stallo nello sviluppo degli armamenti nucleari: USA, URSS (e di conseguenza i rispettivi alleati) possedevano o stavano sviluppando sistemi d’arma tali da neutralizzare gli arsenali d’attacco del rispettivo avversario. Questo vuol dire gli armamenti strategici trasportati da aerei o da missili.

Gli USA stavano lanciando il faraonico programma delle “Star Wars”, satelliti e mezzi missilistici operativi nell’orbita terrestre capaci di colpire le testate nucleari dei missili balistici intercontinentali prima che potessero entrare nel proprio spazio aereo, anche con lo sviluppo di sistemi laser. L’URSS, attirata dall’idea di creare una rete di satelliti di difesa, era conscia di non avere sufficienti risorse, per cui si affidò all’industria spaziale, per avere satelliti di sorveglianza più sofisticati, e a quella missilistica per dotarsi di armi capaci di colpire i mezzi offensivi nemici, per lo più missili antiaerei e relativi sistemi di controllo.

Restava però difficile avere sotto i mari il controllo al 100% delle mosse dell’avversario: in caso di guerra un sottomarino poteva avvicinarsi inosservato al territorio dell’avversario, specie grazie a sistemi di propulsione sempre più silenziosi e colpire con il lancio subacqueo di missili a testata nucleare, lasciando all’avversario solo pochi minuti di tempo prima delle detonazioni. I sottomarini lanciamissili, quasi tutti con propulsione nucleare, furono i mezzi su cui puntarono le maggiori potenze nucleari, in particolare l’Unione Sovietica, in una gara che rese però sempre più sospettosi e nervosi governi ed apparati militari.

A che punto è arrivato l’avversario nello sviluppo dei sottomarini da attacco? Ha raggiunto tecnologie in grado di garantire un attacco a sorpresa? I miei mezzi aerei e marini saranno all’altezza di coprire la minaccia? Queste erano le domande che tormentavano i vertici di Mosca e Washington, mentre in tutto il mondo cresceva di nuovo la paura dell’olocausto nucleare. In questo panorama di crescente tensione internazionale, i militari continuavano a combattere davvero la guerra fredda, spiandosi e sfidandosi reciprocamente nel dominio del campo di battaglia ormai più importante, sotto la superficie dei mari. Questa è la storia degli incidenti che sono accaduti e dei rischi che ancora gravano sull’umanità per colpa degli avvenimenti di quegli anni.

1982

22 marzo il sottomarino lanciamissili nucleari americano USS Jacksonville, della classe Los Angeles,  entrò in collisione con il mercantile turco General Z. Dogan, mentre navigava in superficie a circa 25 miglia est di Cape Charles, in Virginia, senza che alcuno dei due natanti subisse danni rilevanti.

Immagine 3 sottomarini nucleari da attacco sovietici classe Alpha all'attracco in una base nell'Artico o nel Baltico

Figura 1: sottomarini nucleari sovietici appartenenti alla Classe Alfa all’attracco in una base della Marina, probabilmente nel Mar baltico o Artico. Si noti come tutti i sottomarini siano collegati con tubazioni che portano costantemente vapore, necessario per mantenere allo stato liquido il metallo (piombo e bismuto) usato in questi sottomarini per raffreddare i reattori nucleari , al posto dei sistemi tradizionali a base di acqua mantenuta ad alta pressione (oltre 300 atmosfere).

8 agosto (vedi fonti generali nelle note) la marina russa “ricambiò il favore” quando il sottomarino K 123 , appartenente alla classe Alpha (figura 1) in codice NATO, emerse  durante un pattugliamento nel mare di Barents con una perdita grave nel sistema di raffreddamento. Gli Alfa, cacciasommergibili capaci di velocità massime intorno ai 40 nodi in immersione (circa 74 chilometri all’ora), basavano le loro prestazioni sull’uso esteso di titanio ed altri materiali di eccellenza e su reattori raffreddati a metallo liquido (LMC, Liquid Metal Cooled), costituito al 44% da Piombo e al 56% circa da Bismuto, con una temperatura di ebollizione alta, intorno ai 1670° gradi. Ma questo sistema ha anche un tallone di Achille: se la temperatura del liquido scende sotto i 123° il metallo solidifica nelle tubazioni, lasciando il reattore privo di raffreddamento, completamente dipendente  della rapidità con cui il sistema di sicurezza riesca acalare  le barre neutrone-assorbenti tra quelle di Uranio U235 del combustibile… Quindi il sistema a vapore di preriscaldamento doveva restare sempre acceso, sia in navigazione che in attracco in porto,  con problemi tecnici e logistici  enormi. Nell’incidente dell’8 agosto, il metallo liquido invase la camera del reattore da una perdita nel generatore di vapore, solidificandosi attorno alla camera del reattore in un blocco unico che lo rese irreparabile. Nonostante questi sottomarini fossero dotati di RRCU (Removable Reactor Core Unit), cioè di moduli contenenti il reattore removibili autonomamente dal resto del battello. Tuttavia l’avaria fu talmente grave (risultarono sversate oltre 2 tonnellate di metallo) che il comparto reattore, altamente contaminato, dovette essere tagliato via e posto in custodia in un deposito per rifiuti nucleari, in attesa di capire come separare il Piombo dall’Uranio. Ci vollero ben nove anni di lavori (e di sicuro una spesa elevatissima)eseguiti presso i cantieri SevMash di Severodinsk prima che il K 123 potesse rientrare in servizio.

19 agosto (nota 1), l’HMS Revenge, sottomarino lanciamissili al servizio di Sua Maestà Britannica ed appartenente alla classe Resolution, subì un danno grave agli ingranaggi di trasmissione all’elica per la presenza i detriti metallici (sabotaggio o negligenza?), come una commissione tecnica appurò. L’unità aveva passato quasi 2 anni e mezzo al porto militare di Rosyth, sottoposto a un programma di profonda revisione del battello. Il sottomarino dovette passare ancora alcuni mesi in porto per riparare i danni.

21 settembre, secondo fonti del Dipartimento della Difesa americano la nave da pesca  Howard M. , mentre era impegnata in una battuta di pesca ai gamberi a largo delle coste dello stato di Washington, nell’Oceano Pacifico, fu trascinata per oltre un miglio e mezzo da un oggetto rimasto intrappolato nelle sue reti, identificato probabilmente in un sottomarino nucleare Sovietico impegnato in una crociera di sorveglianza. Solo il cedimento di un cavo delle reti evitò peggiori conseguenze sia per il peschereccio che per il sottomarino.

28 (nota 2) ancora un incidente durante lavori di manutenzione orinaria per un sottomarino americano, questa volta l’USS Sam Houston (SSN609):  mentre è ancorato nel Puget Sound Naval Shipyard, nello stato di Washington,  subisce una perdita di acqua dell’impianto di raffreddamento, circa 50 galloni (circa 190 litri) di liquido a bassa radioattività. L’incidente irradia in maniera lieve due addetti alla manutenzione, mentre il liquido viene recuperato prima che uscisse dallo scafo del sottomarino. Le autorità si affrettarono a dichiarare che il reattore al momento era spento.

29 novembre (nota 3) l’USS Thomas A. Edison (SSBN 610) venne investito mentre si trovava a quota periscopica dal destroyer USS Leftwich (DD-984) mentre si trovavano nel Mar Cinese Meridionale per esercitazioni antisommergibili. Il battello era in fase di emersione e la nave di superficie non rispettò le distanze previste. Seppure con la torre e i timoni di profondità danneggiati, il battello riemerse e navigò in superficie fino alla base di Subic Bay nelle Filippine, per riparazioni urgenti. Il reattore nucleare venne tenuto sempre sotto controllo e non riportò danni dall’incidente. Poi il battello rientrò a Bremerton (nello stato di Washington) con una penosa  navigazione in superficie di 35 giorni. Il sottomarino venne radiato nel 1983, dopo un breve periodo di servizio, trasformato in sottomarino da attacco (SSN) e non più lanciamissili, per le norme del trattato di riduzione armamenti e vettori SALT 1, ma anche per i danni subiti durante l’incidente che ne compromisero definitivamente l’affidabilità.

12 dicembre è il sottomarino lanciamissili nucleare inglese HMS Spartan finisce nelle reti del peschereccio d’altura Algrie, a largo di Land’s End in Cornovaglia. Al prezzo delle preziose reti, che dovettero essere tagliate, il sottomarino riuscì a liberarsi e a proseguire la navigazione. Ma incidenti del genere potrebbero essere potenzialmente molto pericolosi, qualora rendessero inservibili le superfici di controllo e navigazione.

31 dicembre, ultimo giorno del 1982, l’USS Permit (SSN 594) mentre naviga in superficie entra in collisione con l’USS La Jolla (SSN701) altro sottomarino nucleare della US Navy, che naviga invece in immersione a quota periscopica. L’incidente avviene ad appena 30 miglia dalla città di san Francisco, per fortuna si risolse in danni non gravi per entrambe le unità, per quanto il Permit riportò uno squarcio di alcuni metri sulla parte inferiore dello scafo.

1983

17 febbraio la militarizzazione e l’atomizzazione dello spazio esterno al pianeta ritornò alla ribalta quando i centri spaziali russi persero il controllo di un altro satellite – spia, il Cosmos 1402 (nota 4). Come per altri casi citati nelle precedenti parti, il problema consisteva nell’ampio uso di piccoli reattori nucleari per garantire l’energia elettrica ai sistemi operativi del satellite. Una volta ultimata la vita operativa dello stesso ed esaurito il combustibile nucleare, il reattore doveva essere semplicemente “parcheggiato” su un’orbita superiore ai 500 km dall’atmosfera, in quarantena eterna,  lontano a sufficienza perché la forza di gravità non finisse per risucchiarlo indietro nell’atmosfera. Ma non sempre, come in questo caso, l’ottimismo dei tecnici riuscì ad evitare l’opera sabotatrice del caso, dimostrando quanto sia irresponsabile lanciare delle palle di metallo piene di Uranio o Plutonio sopra le nostre teste…. Come dicevamo, per il Cosmos 1402 sin dall’inizio le cose non andarono per il verso giusto. Lanciato dal territorio sovietico, molto probabilmente dal grande centro aerospaziale di Baikonur, il 23 agosto del 1982, incominciò ben presto a dare problemi ai tecnici sovietici, tanto da programmare il lancio del reattore verso l’orbita “di stoccaggio”. Lì avrebbe dovuto restare per almeno 2000 anni, al sicuro per la salute umana e in attesa del naturale decadimento dell’Uranio U235, presente a bordo in ben 50 chilogrammi. Ma il comando di lancio non funzionò a dovere, così che prima il satellite rientrò a bruciare nell’atmosfera il 23 gennaio, poi fu la volta del reattore con i suoi 50 chili di Uranio a polverizzarsi sopra l’Oceano Atlantico meridionale. Il problema enorme è che nessuno pteva prevedere dove l’Uranio sarebbe caduto, ormai ridotto in pulviscolo finissimo ma ancora radioattivo come lo era quando si presentava in forma di barre combustibili. Avrebbe potuto concentrarsi in un’area particolare della superficie terrestre, come accadde al Cosmos 954, oppure resterà sospeso negli strati alti dell’atmosfera, in balia delle correnti. Il Dipartimento dell’Energia statunitense diede il via ad una ricerca approfondita attraverso l’uso di spettrometri di massa spediti negli strati-limite dell’atmosfera con palloni sonda metereologici. I dati dei micro filtri in carta e delle registrazioni degli spettrometri vennero studiati dall’Enviromental Measurement Laboratory di New York e dal National Bureau of Standards di Gaithersburg: ben oltre un anno dopo il rientro l’Uranio 235 era presente negli strati superiori dell’atmosfera in concentrazioni superiori alla radioattività di fondo naturale. Così come quantità di uranio arricchito U238 chiaramente eccedenti il normale furono evidenziate in almeno uno dei filtri di uno spettrometro. La domanda terribile è come e quando entreranno nella catena alimentare, verranno respirate da esseri viventi o comunque come si concentreranno nell’ambiente queste polveri. Secondo una valutazione fatta dalla Martin Marietta (colosso aerospaziale americano che produceva satelliti e testate nucleari) sulla base di analoghe dispersioni avvenute in precedenza, la quantità di Uranio nel reattore del Cosmos poteva esser sufficiente a causare la morte di almeno 40.000 persone per cancro al polmone, oltre che entrare stabilmente nella catena alimentare attraverso le piogge ed i venti. A trent’anni di distanza esatti, nessuno può dire dove sia quell’Uranio, nemmeno escludere che una parte di esso si trovi ancora nell’atmosfera sopra di noi.

28 aprile  la più grande (e longeva, con i suoi oltre 50 anni di servizio) nave da guerra di tutti i tempi, la portaerei nucleare USS Enterprise (CVN 65) al rientro  dopo una crociera di 8 mesi nel Pacifico, si arenò su alcune rocce all’ingresso del porto di San Francisco. Dopo 5 ore di incessante lavoro, grazie alla marea e a numerosi rimorchiatori intervenuti riuscì a disincagliarsi e a entrare nella baia. Ufficialmente nessuno dei ben 8 reattori che potenziano ancora oggi la nave subì alcun danno dall’impatto. (nota 5)

1 e il 23 giugno In un giorno qualsiasi di questo periodo, a sud della penisola della Kamchatka, un sottomarino a propulsione nucleare classe Charlie I (probabilmente il K 429) appartenente alla Flotta Sovietica del Pacifico, andò a fondo poco dopo aver lasciato la base navale di Petropavlovsk. Secondo fonti dell’ “intelligence” occidentale, l’incidente causò la morte di tutto l’equipaggio (90/100 uomini circa) o almeno della maggior parte di esso. Il battello venne recuperato dai Sovietici nel mese di agosto, essendo adagiato su un fondale di solo 50 metri, mentre le osservazioni della US Navy statunitense sui lavori di recupero assieme a prelievi ambientali effettuati nei pressi del relitto confermarono che non vi era stata alcuna contaminazione. Ancora oggi non sono note le cause dell’incidente, probabilmente un guasto meccanico o un incendio, piuttosto frequenti sui battelli russi. Ironia della sorte, il K 429 andò di nuovo a fondo poco tempo dopo, mentre era ormeggiato in porto, per un errore umano.

19 luglio il rischio di incidente nucleare viene corso dalla USS Texas (CGN 39) (nota 6) incrociatore lanciamissili da crociera classe Virginia, che rimase danneggiata nello scafo sotto alla linea di galleggiamento per l’urto con una banchina, mentre salpava dal porto di Brisbane, in Australia. La nave era spinta da due reattori D2G e armata con missili da crociera Tomahawk , equipaggiabili con testate nucleari. L’incidente rende bene l’idea di quanto sia pericoloso, anche per gli equipaggi più addestrati, manovrare grandi navi con presenza nucleare a bordo, anche in situazioni di pace e relativa calma.

Agosto, in Scozia, vicino alla città di Glasgow, mentre un trasporto della Royal Air Force sta portando due testate per missili Polaris, venne coinvolto in un incidente stradale con una auto. Il mezzo restò danneggiato, ma lo “shelter” corazzato resse e le testate non subirono alcun danno. Dell’incidente non si conosce molto altro, resta lo sconcerto di come alcuni degli oggetti più pericolosi al mondo possano essere esposti a rischi di questo tipo.

18 settembre (nota 7) il sottomarino da attacco inglese HMS Conqueror (S48), appartenente alla classe Churchill, fu vittima di un incendio mentre si trovava in secca in bacino di carenaggio a Devonport, per lavori di aggiornamento. Secondo il report ufficiale, l’incendio fu posto rapidamente sotto controllo e in nessun momento vi è stato rischio per il reattore nucleare. Il Conqueror divenne famoso poiché fu il primo sottomarino nucleare a vedere  un impiego bellico, durante la guerra delle Falkland/Malvinas, avendo silurato il 1 maggio 1982 l’incrociatore argentino General Belgrano. I

31 ottobre un altro contatto ravvicinato fra i grandi contendenti della guerra fredda portò vicino ad una catastrofe ambientale: la fregata della US Navy USS McCloy (FF-1038) (nota 8) mentre trainava a largo delle Bermuda un trasmettitore sonar, perse improvvisamente l’apparecchio. Il giorno dopo un aereo pattugliatore P3C della marina individuò un sottomarino nucleare russo classe Viktor III in superficie, a 282 miglia marine dall’isola di Bermuda, in evidente difficoltà. Secondo fonti ufficiali della marina il sottomarino stava seguendo le esercitazioni per testare le prestazioni dei sistemi antisom americani, quando il traino del McCloy lo ha colpito all’elica. Il 5 novembre una nave appoggio sovietica prese al traino il sottomarino fino al porto cubano di Cienfuegos. L’assenza di radioattività attorno al battello confermò l’ipotesi che per fortuna fu solo il sistema di trasmissione finale della propulsione a restare danneggiato. L’anno si chiude con l’incidente occorso al sottomarino lanciamissili strategici USS Florida (SSBN / SSGN 728).

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Figura 2: la camera di controllo immersione, durante la navigazione subacquea sul sottomarino lanciamissili statunitense USS Florida (SSBN/SSGN 728).

19 dicembre (nota 9). Il sottomarino (figura 2), inizialmente appartenente alla classe Trident, poi trasformato in un classe Ohio armato con 154 missili tattici guidati Tomahawk, restò lievemente danneggiato dalla collisione con un oggetto sommerso mentre navigava nel Long Island Sound, ma fu in grado di raggiungere la base di partenza. Fonti della US Navy non furono in grado di fare ipotesi sulla collisione.

1984

10 gennaio l’US Air Force rischiò di rivivere un incubo da cui era già passata nel settembre del 1980 : questa volta siamo nella Warren Air Force Base, in Wyoming, dove dal 1963 ha sede il 90th Missile Wing (attualmente rinominato 90th Space Wing), con le sue sotto – unità 319th, 320th e 321st Missile Squadron. Ogni  Squadronè responsabile del controllo di 50 silos sotterranei, sparsi su una superficie di centinaia di chilometri quadrati nelle campagne tra gli stati del Wyoming, del Nebraska e del Colorado, ognuno contenente un missile balistico intercontinentale Minuteman III,  per un totale di 150 missili. Ogni gruppo di 10 silos fa capo ad una struttura di controllo lancio, che a sua volta fa riferimento al comando di Squadron, il tutto controllato a sua volta dal comando del 90th Wing, a sua volta sotto il comando del NORAD, il centro di comando strategico di difesa del Nord America. Quel 10 gennaio  tutto sembra procedere come al solito nel turno del personale di controllo: non si può non notare il senso dell’humour dei militari, che hanno dato un nomignolo a ciascuno dei silo sotterranei: basta dare un occhio al sito http://asuwlink.uwyo.edu/~jimkirk/warren-mm.html , che pubblica una foto satellitare di ogni installazione con il suo soprannome. Accanto a dediche a personaggi o luoghi geografici  ci sono anche nomignoli come  Life’s End (fine della vita), Armageddon, Doomsday (giorno del giudizio universale), Pestilence (pestilenza), Worldwide Winter (inverno globale), Starving Children (bambini affamati), Hunts Humans (grossomodo, cacciatore di umani, n.d.r.), Blood and Ashes (sangue e ceneri), Genocide (genocidio), Apocalypse, Agony (agonia), Fire Storm (tempesta di fuoco) e così via…probabilmente è un modo di reagire  al fatto di avere in mano le chiavi della distruzione di massa e di passare buona parte del proprio tempo sottoterra, accanto alle cose più letali che l’uomo abbia mai creato…. dal silo H 10, soprannome “Damned” (dannato, mledetto) al centro di controllo arriva un segnale che il missile Minuteman III custodito nelle sue viscere si sta preparando alla sequenza di lancio. Gli uomini  nel silo H 10 evidentemente non erano responsabili di questa attività non autorizzata, ma comunque il sistema computerizzato indicava chiaramente che la procedura di riscaldamento motori e check-up sistemi era iniziata. Possiamo solo immaginare lo stupore, la crescente ansia dei tecnici e della catena di comando quando fu chiaro che ogni tentativo fatto per esautorare il controllo elettronico risultava inutile, il sistema stava procedendo a un lancio reale, verso un obbiettivo già registrato nella guida elettronica della testata, nel cuore dell’Unione Sovietica. Anche se teoricamente per l’attivazione della testata i cervelli elettronici richiedono il codice di lancio in possesso solo del Presidente, custodito nella cosiddetta ‘valigetta atomica’, la situazione stava diventando così paradossale che nulla poteva esser dato più per scontato, l’impossibile stava accadendo…. Se il portello a prova di esplosione atomica fosse rimasto chiuso, con le sue 110 tonnellate di peso sarebbe stato sufficiente a fermare il missile, intrappolato nel silo. Ma le possibili conseguenze della deflagrazione di migliaia di chili di combustibile ad altissima resa con in cima, come ciliegina sulla torta, una testata termonucleare sono sufficienti a far venire un attacco di cuore…mentre in tutti i modi gli avieri cercavano di strappare il controllo del missile al computer, sull’uscita del silo venne parcheggiato addirittura un mezzo corazzato, a prova dello stato di disperazione totale in cui si trovavano gli uomini dell’USAF. In una maniera o nell’altra i tecnici riuscirono a riprendere il controllo dell’arma. L’incidente fu naturalmente classificato come segreto (avrebbe clamorosamente smentito la spavalda sicumera ufficiale delle autorità sul controllo assoluto delle armi atomiche) per 4 anni, fino a che la cosa arrivò ad un reporter, che con una serie di indagini riuscì a fare ammettere al Dipartimento della Difesa l’accaduto.

15 febbraio l’unità di addestramento armi nucleari – Atlantico della US Navy lancia il codice “ OPREP 3 Navy”  bent spear”, ovvero  nel codice  del pentagono, un incidente che comporti la perdita di un’arma nucleare o di materiale fissile, con contaminazione ambientale. L’incidente sarebbe occorso durante operazioni su una testata W80T (trainer), cioè sulla  versione da addestramento del missile da crociera BGM 109 Tomahawk, con perdita della stessa o di materiale radioattivo. Né le coordinate, la nave o le conseguenze finali dell’incidente sono note. Resta curioso che su una testata da addestramento vi fosse materiale altamente pericoloso come su un ordigno operativo.

12 marzo avviene una collisione notturna fra la portaerei statunitense USS Kitty Hawk (CV 63) (nota 10) ed un sottomarino da attacco nucleare sovietico appartenente alla classe Viktor I, il K 314. La collisione avvenne nel mar del Giappone, a circa 100 miglia nautiche dalle coste nipponiche, mentre la flotta americana procedeva verso il Mar Giallo meridionale, dove avrebbe partecipato all’esercitazione “Team Spirit 84” assieme alla Marina Sud-Coreana. Il sottomarino russo a propulsione nucleare  era stato individuato dalle unità di scorta da molte ore, tanto che le stesse avevano simulato l’aggancio e la distruzione dello stesso almeno una quindicina di volte. Quando però al tallonamento delle unità americane si aggiunsero anche unità di superficie russe provenienti dalla base di Vladivostock, il comandante della Kitty Hawk decise che ne aveva abbastanza ed iniziò una manovra per “seminare” la flotta russa. In quel momento il K 314 stava riemergendo a quota periscopica per localizzare la portaerei americana e riprendere l’inseguimento, ma la sua posizione era troppo a ridosso dell’unità americana, che lo speronò.  Il sottomarino effettuò un’emersione di emergenza e rimase immobile in superficie, privo di controllo, con i segni evidenti della collisione sul ponte. Immediatamente affiancato dall’incrociatore Petropavlovsk, nelle ore successive venne preso al traino da una nave – appoggio e riportato alla sua base di partenza.  La Kitty Hawk subì un danno allo scafo, con danneggiamento di uno dei serbatoi di carburante per aerei, che però non le impedì di proseguire e partecipare alle manovre. In seguito, una volta raggiunta la base di Subic Bay nelle Filippine per  le riparazioni, nella parte prodiera dello scafo venne  trovata incastrata l’intera elica del sottomarino! Inoltre parte del rivestimento antisonar dello stesso era rimasto anche questo attaccato alle paratie della nave americana, a testimonianza della durezza della collisione. La Kitty Hawk aveva propulsori convenzionali, ma sicuramente come tutte le grandi unità aveva diverse decine di armi nucleari destinate ai velivoli imbarcati, mentre il sottomarino russo, oltre il suo reattore  ad alta pressione, aveva almeno 2 siluri a testata nucleare a bordo, come da dotazione standard. Un incidente del tutto simile era avvenuto nel Mediterraneo nell’agosto 1976.

2 aprile successivo il giornale The Glasow Herald pubblicò la notizia secondo cui sul sottomarino lanciamissili a propulsione nucleare USS Sam Rayburn (SSBN 635) al suo rientro da una crociera oceanica nella base scozzese di Holy Loch, sarebbe stato trovata radioattività diffusa su tutto lo scafo (nota 11). La notizia sarebbe stata tenuta riservata dalla US Navy e dalla Royal Navy britannica in quanto sarebbe stato il risultato della collisione in navigazione con un altro sottomarino avvenuta alla fine del 1983, che avrebbe causato una perdita nel sistema di raffreddamento (problema mai del tutto risolto evidentemente), con la conseguente contaminazione del sottomarino e delle acque in cui questo stazionava. La US Navy rispose ufficialmente che la radioattività, tanto lieve da non essere rilevabile con i normali rilevatori Geiger, era dovuta a una leggera perdita nel sistema secondario di raffreddamento. Ma la politica ufficialmente seguita dalla Marina Americana di “non negare, né confermare” altre notizie delicate non fece che aumentare la controversia già aperta da tempo con le comunità attorno alla base.

23 aprile (nota 12): mentre si appresta a lasciare il porto militare di Norfolk, l’anziano battello appoggio USS Kittiwake (ASR 13) investì il sottomarino nucleare d’attacco USS Bergall (SSN 667), provocandone la rottura dell’alloggiamento sonar. Il Kittiwake ebbe l’elica danneggiata e dovette rientrare in bacino per le riparazioni. La causa dell’incidente (che poteva avere conseguenze peggiori) fu individuata in un tragicomico errore di manutenzione da parte del personale della base, per cui i comandi motore della nave appoggio risultarono in posizione invertita: la USS Kittiwake quindi partì macchine indietro invece che in avanti, come l’equipaggio si aspettava… Secondo L’Oxburgh report del 1992 (nota 13).

Immagine-5-una-bomba-termonucleare-tattica-inglese-WE-177-sul-suo-carrello13 maggio (alcune fonti citano il giorno 14) in una non identificata base della RAF in Germania durante il trasferimento di alcuni ordigni nucleari WE177 (figura 3), uno dei contenitori di protezione in cui venivano trasportate cadde dal carrello per un errato aggancio. All’impatto uno degli attrezzi necessari al montaggio e manutenzione dell’arma (attrezzi che erano sistemati all’interno del contenitore assieme alla bomba) si liberò e danneggiò esternamente l’involucro della bomba stessa. Da allora gli attrezzi non vennero più custoditi assieme alle armi nucleari.

11 agosto il sottomarino a propulsione nucleare lanciamissili USS Nathanael Greene (SSBN 636) della classe James Madison  avrebbe perso l’elica mentre è in navigazione nel Mare d’Irlanda (nota 14). Sarebbe poi rientrato alla base scozzese di Holy Loch usando un sistema di propulsione secondario. Non potendo ricevere le riparazioni necessarie e la sostituzione dell’elica, il sottomarino fu trainato fino alla base dei sottomarini di Sua Maestà britannica a Faslane. Qui mentre il battello era in secca nel bacino di carenaggio, 18 agosto fu vittima di un incendio scoppiato nelle attrezzature del bacino. Ma l’incendio venne prontamente domato prima che potesse intaccare il sottomarino. Le fonti ufficiali della marina statunitense e di quella inglese negarono la presenza di armi nucleari sull’unità o la possibilità di rischi corsi dal reattore.

18 settembre successivo fu il giorno nero della flotta sottomarina sovietica e uno dei peggiori per i rischi corsi di incidenti nucleari in mare (vedi fonti generali). Nello stretto di Gibilterra, un sottomarino nucleare classe Viktor I fu gravemente danneggiato nella collisione con la poppa di una petroliera, anch’essa russa. Il sottomarino, secondo una pratica molto usata dai sottomarini, stava sfruttando la scia sonora del grande natante per passare nel Mediterraneo inosservato dai mezzi antisom inglesi e spagnoli, in pattuglia nello stretto. Secondo la rivista specializzata nel settore difesa Jane’s Defense Weekly il sottomarino probabilmente è incappato nello scorrimento fra correnti calde del Mediterraneo e correnti fredde provenienti dall’Atlantico. La corrente più calda, come un enorme fiume, è stata talmente forte da non permettere alcuna correzione da parte dell’equipaggio del sottomarino, che è stato trascinato verso la superficie dalle acque più calde. Il sottomarino ebbe il doppio scafo a prua squarciato, l’alloggiamento del sonar e i tubi di lancio prodieri devastati, tuttavia riuscì a guadagnare l’approdo amico di Hammamet in Tunisia per le riparazioni più urgenti, prima di tornare alla propria base nella penisola di Kola. Lo stesso giorno, nel Mar del Giappone,  mentre sta procedendo a una battuta di pesca al gambero il peschereccio d’altura Sumyoshi Maru intrappolò nelle sue reti un sottomarino lanciamissili nucleari russo classe Golf II. Per più di 3 ore il natante venne trascinato finché il pesante cavo d’acciaio delle reti cedette. Due giorni dopo pattugliatori oceanici di stanza in Giappone individuarono il sottomarino in superficie mentre veniva assistito da altre navi sovietiche, con chiari segni di un incendio a bordo. Con tutta probabilità lo sforzo di liberarsi dalle reti ha causato un sovraccarico nell’impianto elettrico del sottomarino, che è andato in corto circuito. Di seguito, il battello ha ripreso la navigazione rientrando alla base di Petropavlovsk. Lo stesso giorno (anche se per alcune fonti l’incidente sarebbe avvenuto il precedente 18 giugno) sul sottomarino lanciamissili da crociera russo K 131, classe Echo II, si sviluppa un incendio catastrofico nel compartimento numero 8. Un quadro interruttori andò in corto circuito mentre si stavano svolgendo dei lavori di manutenzione, probabilmente per l’inosservanza delle misure di sicurezza. I vestiti di un elettricista presero fuoco e l’incendio si propagò velocemente attraverso le linee elettriche fino al 7°  compartimento. Prima che si riuscisse nello spegnimento, tredici marinai persero la vita. Il rischio di perdere l’unità con il reattore e le armi nucleari a bordo fu concreto.

21 settembre (nota 15) è di nuovo il sottomarino da attacco USS Jacksonville della US Navy protagonista di un incidente: dopo quello del 1982 con un cargo Turco, due anni dopo, mentre sta navigando in superficie nella baia di Norfolk, in Virginia, speronò una grossa chiatta della marina, centrandola quasi perfettamente su una fiancata. La dinamica dell’incidente e le condizioni  metereologi che nella baia in quel momento non sono note.  Tranne alcuni danni superficiali alla prua, anche questa volta il sottomarino fu fortunato. Ma nello sfortunato caso i natanti fossero rimasti incastrati, l’eventuale affondamento della chiatta probabilmente avrebbe trascinato con se anche il sottomarino.

IM88DA~112 novembre quattro attivisti pacifisti appartenenti al gruppo Silo Pruning Hook (da un verso del profeta Isaia che incitava a trasformare le spade in vomeri e le lance in falci) Padre Paul Kabat, il fratello Karl Kabat (anch’egli era un religioso), Larry Cloud Morgan e Helen Woodson (figura 4) riuscirono ad eludere la sorveglianza della U.S. Air Force  attorno al silo sotterraneo N5, contenente un missile intercontinentale Minuteman II, sul territorio della Whiteman Air Force Base, in Missouri. Una volta entrati, danneggiarono la copertura del silo con mazze ferrate ed un martello pneumatico, poi Paul Kabat celebrò la messa con eucarestia e gli assalitori lasciarono un documento con passi della Bibbia e della tradizione dei Nativi americani (a una tribù delle quali apparteneva Larry Cloud Morgan) contro il governo americano, accusato di violare la legge divina ponendo sotto la spada di Damocle nucleare la terra e tutto il creato. Immediatamente dopo furono arrestati dalla polizia militare e consegnati alle autorità del Missouri. Vennero processati da una corte federale con l’accusa di cospirazione contro gli Stati Uniti e per danneggiamento di proprietà pubblica federale. Vennero condannati a pene molto pesanti, tra gli 8 e i 18 anni. Le pene vennero ridotte in seguito  a multe, periodi di libertà vigilata e residenza obbligata, ma non fermarono i membri dall’organizzare altre azioni dimostrative o dal parteciparvi violando le disposizioni dei giudici. Helen Woodson ad esempio fu incarcerata successivamente per ben 27 anni e rilasciata solamente nel 2011. In realtà i movimenti pacifisti nel decennio 1970/1980 avevano intrapreso forme anche più radicali che in passato (sit in, incatenamenti collettivi a cancelli di basi, blocchi stradali), sentendo sempre più la minaccia che la corsa all’atomo militare poneva sull’umanità. Film come “the day after”, sulle terribili conseguenze per l’umanità in caso di guerra nucleare globale, davano voce all’inquietudine delle opinioni pubbliche verso un sistema di distruzione totale, che si sentiva ogni giorno meno sotto il controllo dalla politica e sempre più influenzante gli atteggiamenti e le decisioni dei governanti….

Ma non sono solo pacifisti ed ambientalisti combattivi (altre associazioni nonviolente verso le persone, ma decise a colpire le rami di distruzione di massa, avevano già messo a segno altre azioni di sabotaggio): in realtà sempre più l’atomo militare entrò nelle mire di terroristi. Nel 1983 in Germania tre militanti di un gruppo  vicino a movimenti eversivi di sinistra entrarono in un sito di missili Pershing e cercarono di forzare un bunker dove venivano custodite le testate dei missili per danneggiarle. Mitomani, approfittatori, trafficanti venivano calamitati sempre più da questi oggetti di morte assoluta, tanto che le misure di sicurezza e le procedure di spostamento subirono una drastica revisione restrittiva…. La paura di un caso di “empty quiver (faretra vuota)”, ovvero nel codice del pentagono il furto di un’arma nucleare, diventa sempre più uno scenario realistico.

di Davide Migliore

 

Riferimenti e bibliografia

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intrusione russa sulle coste svedesi, sottomarino K 363

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Gruppi di azione pacifista e sabotaggio delle armi nucleari

Fonti:

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o potenzialmente nucleari dal 1971 ad oggi

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blog con liste dei principali pericoli e situazione attuale della strategia atomica

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Documenti

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Canada’s claim against Soviet Union for compensation of damage caused by Cosmos 954 satellite

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U.S. Department of Defense (D.o.D.), declassified report on Cosmos 954 satellite decay, by Dr. Gus W. Weiss

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IAEA (International Atomic Energy Agency) Inventory of accidents and losses at sea involving radioactive materials, IAEA – TECDOC  – 1242

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Incidenti nucleari militari: 1987-1988

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Incidenti nucleari militari: 1987-1988

Pubblicato il 18 dicembre 2012 by redazione

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1987

Uno dei camion speciali costruiti per il trasporto di armi atomiche procede su un’autostrada inglese in direzione nord, verso le basi dei sottomarini nucleari in Scozia. I convogli, composti da numerosi mezzi tecnici e di scorta che viaggiano a poca distanza gli uni dagli altri, usano abitualmente strade di grande scorrimento, vicino a grandi centri abitati, come testimonia il cartello inquadrato nella foto. Probabilmente a bordo del mezzo inquadrato è custodito un missile nucleare balistico D5 Trident II, che costituisce attualmente l’arma di deterrenza strategica nucleare principale in dotazione alla Royal Navy. Le foto sono state scattate dall’attivista pacifista Margaret Downs il 13 novembre 2006. Gli attivisti seguono e fotografano i convogli per sensibilizzare l’opinione pubblica sui rischi corsi nel movimentare le armi di distruzione di massa. Dal sito http://oxford.indymedia.org.uk/2006/11/356129.html

1Gennaio 1987 (nota1) durante il trasporto di alcune bombe termonucleari a caduta libera WE177 in un convoglio stradale nella contea dello Wiltshire, uno dei camion corazzati che trasportavano gli ordigni slittò sulla strada ghiacciata e finì fuori strada nella scarpata sottostante, rovesciandosi su un fianco. L’autista dell’automezzo che seguiva, benché il convoglio stesse procedendo secondo il protocollo a bassa velocità e a distanza di sicurezza, non riuscì ad evitare il ghiaccio e perse il controllo del mezzo, ma evitò rocambolescamente che cadesse dalla sede stradale sull’altro mezzo. L’incidente fu causato da un’auto privata parcheggiata male sulla carreggiata. La commissione d’inchiesta militare concluse le indagini affermando che non vi fu mai alcun pericolo per le armi, custodite nei loro shelter speciali da trasporto WE165, specialmente di esplosioni accidentali, essendo prive di innesco. Il comportamento del personale del convoglio fu corretto e aderente alla procedura tecnica stabilita. Un convoglio stradale, ancora oggi, è il metodo considerato più sicuro ed economico per trasportare le testate tra gli stabilimenti in cui vengono costruite (e periodicamente sottoposte a revisione) e le basi militari in cui vengono custodite. Oltre a dare la possibilità di percorsi di trasporto alternativi a quelli su rotaia, per quanto anch’essi continuino a essere ampiamente usati. Ogni convoglio è molto complesso, consta di camion speciali e mezzi di scorta della polizia e delle squadre speciali antiterrorismo dei Royal Marines, assieme a personale specializzato nelle emergenze in campo NBC (Nucleare, Batteriologico e Chimico) con equipaggiamenti di primo intervento di contenimento e decontaminazione. I convogli spesso utilizzano autostrade oppure attraversano paesi e zone abitate (come le aree di città quali Londra, Birmingham, Leeds, Manchester, Newcastle, Edimburgo) per quanto strettamente seguiti e scortati, gli incidenti succedutisi negli anni testimoniano come non sia del tutto evitabile che qualche imprevisto accada, fosse anche una semplice “pannes” a uno dei mezzi del convoglio. Per raggiungere le basi della RAF (Royal Air Force, l’aeronautica militare), del Royal Army (l’esercito reale di Sua Maestà) e della Royal navy (la marina da guerra) i convogli spesso devono attraversare l’intera isola da Sud, ove si trovano le AWE (Atomic Estabilishment Weapon) di Aldermaston e Burghfield, in Berkshire, fino alle basi dei sottomarini nucleari di Coulport (base di stoccaggio e carico dei missili nucleari sui sottomarini) e Faslane, nel Nord della Scozia, le più lontane. Questi viaggi sono frequenti perché il materiale fissile delle testate (masse critiche in Plutonio 239 e Uranio 235, “bottiglie di gas di Trizio per l’innesco della fusione nucleare) decade con una certa velocità perdendo la propria piena capacità fissile. Per cui è necessario sostituire l’esplosivo nucleare con altro “ricaricato” e quindi più radioattivo, ma paradossalmente anche più stabile nella struttura chimico-fisica.  Inoltre le strumentazioni complesse e il corpo della bomba o del missile vanno costantemente controllati perché sono sottoposti all’usura continua delle radiazioni di Uranio e/o Plutonio contenuti nei “pit” delle armi.

In un’intervista rilasciata al giornalista Rob Evans del The Guardian, il fisico Frank Barnaby, che lavorò agli impianti di Aldermaston negli anni ’50, ha dichiarato che il rischio di esplosioni accidentali corso in incidenti con armi nucleari delle prime generazioni, dotate di sistemi di sicurezza più primitivi, è stato molto alto. Shaun Gregory, studioso dell’Università  di Bedford esperto in materia, ha anche sottolineato, secondo quanto riportato dal giornalista del Guardian, che l’elenco rilasciato dal ministero della Difesa nel 2003 sugli incidenti nelle basi militari e nel corso dei trasporti suona abbastanza “addolcito” in molti punti per non irritare l’opinione pubblica. In effetti, nel rapporto ufficiale non si fa menzione di alcun tipo di incidente prima del 1960, il che può essere certamente possibile, ma suona statisticamente improbabile, visti anche gli incidenti gravissimi subiti dalle forze Statunitensi proprio sul territorio metropolitano inglese, come quello accaduto a Lakenheat, che ha coinvolto un B47 dell’USAF ed un deposito di armi nucleari, nel 1956. E in ogni caso, secondo studi statistici, anche i moderni sistemi si sicurezza per quanto complessi possano essere, non riescono ad essere al 100% immuni da malfunzionamenti indotti da combinazioni di eventi non previsti, né prevedibili al momento della loro progettazione.

1 gennaio (nota 2) Se la data dell’incidente descritto prima non è certa, lo è invece quella che vide coinvolto l’HMS Splendid (codice S 106), sottomarino da attacco della Royal Navy a propulsione nucleare, nelle acque dell’Oceano Artico. In quei giorni il sottomarino, appartenente alla classe Swiftsure, stava pattugliando le acque del mare di Barents davanti al porto di Murmansk, usate da sottomarini e navi militari sovietiche appartenenti alla flotta russa del Nord per raggiungere le zone di operazione dell’Atlantico e del Baltico. Sottomarini della NATO, specie americani ed inglesi, abitualmente seguivano da vicino le attività di addestramento in mare della marina sovietica e i russi erano particolarmente nervosi riguardo all’essere controllati, spiati sin dentro ai propri “santuari”, specie per quel che riguardava la flotta strategica subacquea. Secondo una ricostruzione plausibile, avallata anche da fonti russe alcuni anni dopo, lo Splendid, nel compiere manovre evasive per raggiungere le acque profonde, entrò in collisione col sottomarino russo che stava seguendo, identificato come il TK 12, un lanciamissili nucleare (SSBN) appartenente alla classe Typhoon. Vero colosso dei mari, il più imponente tipo di sottomarino nucleare mai entrato in servizio con la sua lunghezza di 175 metri e le sue 48.000 tonnellate di stazza in immersione, armato con ben 20 missili intercontinentali RSM 52 (SS-N-20 nel codice NATO) a testata multipla (MIRV). Nella manovra di sganciamento reciproco, i sottomarini passarono pericolosamente vicini, tanto che il Typhoon russo finì per investire e agganciare il bulbo – sonar che l’HMS Splendid stava usando trainato con un cavo d’acciaio. Il cavo si spezzò e lo Splendid sfuggì all’abbraccio mortale del gigante russo rifugiandosi finalmente in acque più profonde. Probabilmente per i sovietici non fu un evento del tutto negativo, poiché in ambiente  NATO si è sempre sospettato che il bulbo trainato dall’HMS Splendid, contenente sistemi sonar e di rilevamento di ultima generazione, non andò disperso, ma rimase avvolto col cavo di traino al corpo del TK 12, permettendo così ai russi di entrare in possesso di apparecchiature di ultima generazione… Pare che lo Splendid riuscì a raggiungere la base inglese di Devonport, per le riparazioni, solo il 31 gennaio successivo.

Per giusta osservazione, alcune fonti riportano l’incidente accaduto alcuni giorni prima, tra il 24 e il 28 dicembre 1986 e identificano il battello come l’HMS Sceptre.

18 febbraio mentre stava effettuando una battuta di pesca a largo della costa irlandese, il peschereccio d’altura nord irlandese Summer Morn venne trainato per due ore e mezzo e percorrendo oltre 20 miglia, da un sottomarino in immersione che era entrato nelle sue reti (nota 3). Il peschereccio dovette tagliare parte delle proprie preziose attrezzature per non rischiare il naufragio. Una volta recuperate a bordo quelle restanti, i pescatori irlandesi vi trovarono incastrati da una boa di comunicazioni, del tipo utilizzato dai sottomarini statunitensi. Il Dipartimento della Difesa americano dovette confermare l’incidente, ma rifiutò di rivelare l’identità del sottomarino coinvolto. E’ l’ennesimo scontro fra mezzi civili e militari nell’area del mare d’Irlanda ricompresa fra la costa nord est della Scozia, l’Irlanda e l’isola di Man. Tra gli anni ‘70 e ‘90 dello scorso secolo questo braccio di mare vide crescere esponenzialmente gli incidenti tra imbarcazioni da pesca e sottomarini, il cui traffico attorno alle basi navali in Scozia era notevolmente aumentato (erano gli anni tesi della “Guerra Fredda”), costando la perdita di oltre cinquanta vite umane e di alcuni battelli. Sottomarini con armamento e propulsione nucleare appartenenti alle marine inglesi, americane, russe, ma anche mezzi convenzionali olandesi, francesi e tedesco occidentali incrociavano spesso le acque internazionali della regione, notoriamente molto frequentate anche dai pescatori d’altura di molti paesi nordeuropei  per la loro ricchezza di pesce e crostacei. Senza contare la presenza  sulla costa inglese del famoso impianto di riprocessamento per combustibile nucleare civile e militare di Sellafield, protagonista nel corso degli anni di malfunzionamenti con inquinamento ambientale più volte duramente contestati dalle associazioni locali e da mass media internazionali. Le autorità politiche dell’EIRE, delle comunità locali Scozzesi e Gallesi, delle isole del Canale d’Irlanda promossero un’azione di fronte alla International Maritime Organization per cercare di costringere il Governo Inglese e i suoi alleati (americani in primis) ad affrontare la situazione ed evitare disastri potenzialmente irreparabili in una zona biologicamente tra le più importanti dell’ecosistema dell’intero Atlantico.

25 aprile l’USS Daniel Boone, sottomarino nucleare lanciamissili appartenente alla classe James Madison, mentre stava rientrando da prove in mare nella sua base a Newport News, in Virginia, si arenò sul fondale del fiume St. James, il cui letto serve da canale per raggiungere le banchine del cantiere navale (nota 4). Il sottomarino era allora al termine di grandi lavori di aggiornamento a cui era stato sottoposto per 2 anni e mezzo e costati ben 115 milioni di dollari USA. L’incidente ritardò il calendario dei collaudi in mare e costrinse la Marina a stanziare altri fondi urgentemente per le riparazioni. La Marina americana sostenne che l’evento non causò alcun pericolo per  l’integrità del reattore S5W e quindi di contaminazione per l’equipaggio e per la popolazione delle zone circostanti la base, oltre che naturalmente per tutto l’ecosistema del fiume. (nota 5) Quando, nel 1985, il Daniel Boone entrò nel bacino per i lavori di potenziamento, la marina americana, con in linea 594 unità,  aveva quasi ultimato il programma “the 600 warships Navy”, fortemente sostenuto dall’amministrazione Reagan per portare a 600 le unità da guerra effettive, il più possibile moderne negli equipaggiamenti. Su 139 sottomarini, ben 136 erano a propulsione nucleare, secondo la tendenza “all nuclear” perseguita dalle maggiori potenze per le prestazioni militari dei battelli. Il budget riservato alla Marina aveva raggiunto i 274 miliardi di dollari, dimostrando l’importanza primaria del potere marittimo per gli strateghi militari del Pentagono.

30 giugno mentre si trova in navigazione nell’Oceano Pacifico, il sottomarino lanciamissili nucleari USS Nevada (SSBN 733) subì un guasto grave agli ingranaggi di riduzione dell’albero di trasmissione,  permettendo di controllare il regime di rotazione e la spinta dell’elica (nota 6). L’USS Nevada in quel momento era uno dei più moderni mezzi da attacco strategico nucleare in servizio nella US Navy. Appartenente alla classe Ohio, era armato con 24 missili Trident I ed in seguito anche Trident II (ciascuno capace di portare fino a 8 testate nucleari indipendenti), era stato accettato in servizio nel 1986 e la Marina lo aveva destinato al servizio nella flotta del Pacifico, inviandolo alla base sottomarini di Bangor, nello stato di Washington, al confine con la British Columbia canadese. In realtà, secondo quanto riportato dal quotidiano “The Day” di New London, già tra febbraio e aprile si erano manifestati dei problemi ai grandi ingranaggi di riduzione della turbina e dell’albero motore, tanto che furono sottoposti a smontaggio e controllo presso i cantieri navali di Newport News, in Virginia. Nei mesi successivi ad alcuni regimi di rotazione dell’albero di trasmissione, l’intero apparato aveva manifestato rumori anormali, che però non erano stati sottovalutati. Fino a quando la trasmissione cedette lasciando il sottomarino praticamente quasi privo di propulsione. La commissione di inchiesta, congiunta a livello politico-militare, accertò tra l’imbarazzo generale una situazione che ha dell’incredibile: le ispezioni fatte presso i cantieri di Newport News erano state affidate dalla Newport News Shipbuilding Company a una ditta in subappalto. Inoltre tale compagnia era già costruttrice di sottomarini per la Marina americana, montando tra l’altro le turbine ed i reattori nucleari costruiti dalla General Electric Boat Company, di Groton nel Connecticut, società sua diretta competitrice in questi appalti e, incidentalmente, ditta costruttrice proprio dell’USS Nevada. Per questioni di fretta (magari anche di costi) nelle riparazioni, nonché per valutare la capacità della Newport News Shipbuilding di misurarsi con sommergibili di grande complessità (gli Ohio erano i più grandi, nuovi e costosi battelli nell’arsenale subacqueo americano, con un valore di circa 1 miliardo di dollari dell’epoca per esemplare), la Marina affidò direttamente, senza gare d’appalto, i lavori sul Nevada. La General Electric Boat Company fu molto irritata dal comportamento della Marina militare e della Newport News Shipbuilding, che cercò di allontanare da sé il sospetto di aver condotto con negligenza i lavori, sostenendo velatamente la possibilità di difetti costruttivi di origine, ma evitò commenti fino alla conclusione delle indagini. In ogni caso l’incidente costrinse in porto per altri mesi un’unità nuova di zecca e comportò un costo aggiuntivo per i contribuenti, stimato (ma mai pubblicamente ammesso) di parecchi milioni di dollari. La US Navy affermò che nessun pericolo era stato corso dall’equipaggio o dal battello, che comunque era sempre rimasto in grado di manovrare e portare a termine i propri compiti. Restano comunque aperti alcuni dubbi: cosa sarebbe successo se l’avaria fosse incorsa in immersione mentre il battello era in pattugliamento vicino alle coste sovietiche della Kamchatka o della Siberia Orientale? Magari mentre era impegnato in manovre per eludere le attenzioni dei sottomarini da attacco russi, come di frequente abbiamo visto poteva accadere. Poteva potenzialmente essere investito da un inseguitore? E con quali conseguenze?

26 agosto  mentre è ormeggiato alla base alla base di Devonport, il sottomarino da attacco HMS Conqueror (S48) è vittima di un incendio che danneggia la sala macchine (nota 7). Benché sia citato nel report al parlamento del Sottosegretario di Stato alla Difesa del 2009 come incidente di media entità e le autorità della marina abbiano sostenuto che le fiamme erano state tenute lontane dal comparto del reattore, il rischio che venisse coinvolto l’Uranio con una conseguente catastrofe ambientale non può essere negato. Il Conqueror, appartenente alla classe Winston Churchill, è diventato famoso come l’unico sottomarino nucleare ad avere usato siluri in combattimento: infatti durante la guerra delle Falkland/Malvinas, nel 1982, aveva affondato l’incrociatore argentino General Beglrano. Il Conqueror, coinvolto in molte altre temerarie azioni segrete durante la guerra fredda, era fermo a Devonport per una revisione approfondita destinata a durare almeno 4 mesi.

Secondo il report presentato il 16 settembre 2009 dal Sottosegretario alla Difesa alle camere del Parlamento inglese, ufficialmente dal 1984 al 2006 sono scoppiati 266 incendi su mezzi a propulsione nucleare o che trasportavano armamento nucleare: 3 di entità tale da richiedere l’intervento di squadre speciali, 22 di medie dimensioni comunque affrontati dagli equipaggi senza superare i parametri di sicurezza e senza bisogno dell’intervento di personale specializzato, il resto di minima entità.

1 ottobre durante lavori di rimessaggio presso la base di Rosyth in Scozia, il sottomarino lanciamissili balistici HMS Renown (S 26) perse acqua radioattiva dal circuito secondario di raffreddamento, mentre parti del reattore venivano sottoposte a stress – test di funzionamento. Fonti della marina hanno minimizzato la quantità di liquido perso dall’impianto, (nota otto) dichiarando che il rischio di contaminazione esterna è stato minimo.

9 novembre un altro incidente nel mare di Irlanda: il peschereccio d’altura Angary, basato nella Contea di Down, mentre si trovava a 17 miglia nautiche a nord dell’isola di Man venne trainato per alcuni lunghi secondi, rischiando di affondare, finché l’attrezzatura da pesca fu strappata via all’altezza del ponte, staccando gli anelli di una catena capace di resistere alla trazione di 32 tonnellate, per poi sparire in mare. Chiaramente visti i precedenti e le modalità dell’incidente la causa più probabile fu considerata subito quella di aver intrappolato nelle reti un sottomarino, ma il Ministero della Difesa inglese negò la presenza di propri battelli nell’area al momento dell’incidente. Questo non vuol dire però che battelli di altre nazioni non stessero incrociando in quelle acque, a ridosso di alcune delle più importanti basi per sottomarini della NATO.

3 dicembre (nota 9) a causa di un errore umano aggravato da un difetto tecnico, non rilevato nella gru, nella base scozzese di Coulport, durante manovre di carico, un missile intercontinentale per sottomarini (probabilmente un Trident II) colpì il carrello di carico, danneggiando il contenitore dello stesso. Dato che l’incidente non portò alcuna conseguenza e la divulgazione di notizie avrebbe solo aiutato azioni terroristiche o spionistiche, sull’incidente non vennero fornite altre notizie. Già nei due decenni precedenti la delicata manovra di carico e scarico dai sottomarini di armi nucleari era stata causa di pericolosi incidenti e di forti proteste da parte delle comunità  locali circostanti alle basi.

1988

Un esemplare del missile a testata multipla termonucleare Lockheed Martin UGM 27 Polaris, che in varie versioni equipaggiò tra gli anni 60 e gli anni 90 molti tipi di sottomarini nucleari strategici americani e britannici. I mezzi in dotazione alla Royal Navy avevano elettronica e ordigni costruiti in Inghilterra. L’esemplare fotografato è esposto all’Imperial War Museum a Londra.

226 gennaio (nota 10) L’HMS Resolution (codice di individuazione S22) è stato il sottomarino capostipite della classe di lanciatori di missili nucleari balistici strategici che ne porta il nome. Costituita da 4 battelli, armati ciascuno con 16 missili di costruzione statunitense Lockheed Martin UGM 27 Polaris SLBM (Sea Launched Ballistic Missile, missile balistico lanciato dal mare), ciascuno equipaggiato da una testata multipla a 3 ordigni termonucleari. Consegnato nel 1967 con una cerimonia solenne nei cantieri Vickers Armstrong alla presenza della regina Madre Elisabetta, rappresentava la punta di lancia della forza di reazione rapida nucleare inglese. Quel mattino di gennaio il battello, veterano di molte crociere svolte attorno a tutto il globo, stava per uscire in mare per un pattugliamento di alcune settimane. Il reattore nucleare Vickers – Rolls Royce PWR 1 da 20.500 Kilowattore era già stato portato alla temperatura di servizio e gradualmente stava aumentando il livello di potenza erogata alla turbina. L’equipaggio nella sala motori staccò la linea che da terra forniva energia elettrica agli equipaggiamenti del reattore per passare all’alimentazione autonoma da parte dei generatori a bordo. Ma la linea interna non  si collegò e istantaneamente le pompe, che facevano circolare l’acqua per il raffreddamento delle barre di Uranio, cessarono di funzionare. Come nel peggiore degli incubi, man mano che gli addetti facevano scattare gli interruttori delle pompe di emergenza e il collegamento con le batterie di servizio, nessuno degli apparati rispondeva, mentre in pochi secondi la temperatura del reattore superava ogni record di risalita. Nemmeno il tentativo di tornare all’alimentazione esterna da terra riuscì…. Mentre la tensione saliva assieme alla temperatura nel nucleo, febbrilmente gli addetti alle macchine cercarono di far partire la procedura manuale per inserire le barre di controllo nel nocciolo del reattore, prima che fosse troppo tardi. Finalmente due marinai riuscirono a far partire un generatore ausiliario a motore Diesel e l’energia tornò a scorrere nell’impianto elettrico del sottomarino.

Secondo le indagini di alcuni giornalisti del quotidiano Observer, nei lunghi e terrificanti minuti in cui si rischiò la fusione del nucleo, i livelli di calore furono tali da danneggiare l’impianto primario di raffreddamento determinando una perdita, nell’ambiente, di acqua fortemente radioattiva, e di cui non si seppe mai l’entità. Inoltre le enormi emissioni di energia superarono le capacità di contenimento della schermatura del reattore, tanto che un marinaio venne sottoposto a procedure di decontaminazione e tenuto in osservazione per 24 ore per il pericolo di un avvelenamento acuto da radiazioni. Le fonti della Royal Navy sull’incidente hanno sempre sostenuto si sia trattato di un’avaria di minore entità e che quelli che hanno gridato al disastro, letteralmente “non sapevano di che cosa stessero parlando”… sinceramente una reazione un po’ insolita per un incidente definito di lieve entità e poco in linea col tipico ‘aplomb’ britannico.

29 aprile L’USS Sam Houston (SSN 609)finisce per arenarsi nel Carr Inlet, un’insenatura all’estremità Sud – Est della Fox Island, nel Puget Sound, mentre sta effettuando prove di rumorosità in acque basse (nota 11). Il Sam Houston è un veterano della guerra fredda, essendo entrato in servizio nel 1962 come SSBN, ovvero sottomarino capace di lanciare in immersione missili intercontinentali balistici. Nel 1980, dopo 18 anni di servizio di prima linea, a seguito del trattato internazionale di riduzione di armamenti e vettori SALT 1, venne privato delle attrezzature di lancio e furono installati degli anelli di cemento nei silos dei missili, per renderne impossibile il trasporto ed il lancio. Venne trasformato così in SSN, un sottomarino da attacco antinave a propulsione nucleare. Fu anche adattato al ruolo di supporto per le forze speciali, come i Navy Seals, creando degli alloggiamenti per i soldati al posto di alcuni silos ed attrezzature per trasporto mezzi anfibi. Dopo l’incidente l’equipaggio immediatamente mise in moto la procedura per accertare gli eventuali danni, specialmente al sistema di propulsione, quindi cercò di liberare autonomamente il battello dal fondale, ma vista l’impossibilità attese l’arrivo il giorno dopo della nave appoggio e soccorso USS Florikan e di rimorchiatori dal Puget Sound Naval Shipyard di Bremerton. Una volta rientrati in porto vennero constatati danni alle strutture esterne. Ormai però lo Houston era un mezzo obsoleto, a fine carriera, con strutture logorate dall’uso, per cui il battello venne riparato, ma si preferì comunque ritirarlo dal servizio nel settembre 1991 ed avviarlo allo smantellamento attraverso il Submarine Recycle Program, concluso il 3 febbraio 1992.

18 maggio (nota12) L’HMS Conqueror (S48) ancora una volta fu abbastanza sfortunato protagonista di incidenti. Mentre era ormeggiato al porto di Gibilterra subì un principio di incendio immediatamente spento dal personale di servizio.

1 giugno il periodo negativo dell’HMS Conqueror continuò pochi giorni dopo. Rientrato dalla crociera nel Mediterraneo, mentre  prendeva parte ad una esercitazione sulla costa occidentale scozzese, venne colpito per errore da un siluro inerte da esercitazione sganciato da un elicottero ASW (Anti Submarine Warfare, ovvero con ruolo antisommergibile). La copertura del ponte del sottomarino rimase danneggiata, per cui il Conqueror dovette interrompere la navigazione e rientrare a Faslane per  le necessarie riparazioni.

2 luglio (nota 13) il traffico civile e militare navale nel Ireland North Channel fece un’altra vittima quando lo yacht Dalriada, appartenente alla Army Sail Training Association, venne investito sulla fiancata destra dal solito HMS Conqueror (per quanto alcune fonti parlino dell’HMS Corageous) in fase di emersione, a circa 11 miglia sud – ovest dal Mull of Kintyre, la punta estrema dell’omonima penisola sulla costa scozzese. L’equipaggio dello yacht lanciò immediatamente l’SOS, perchè  si rese conto che la barca sarebbe rapidamente affondata. Le chiamate del Dalriada e del Conqueror vennero raccolte dalla fregata HMS Battleaxle, che circa 35 minuti dopo il naufragio soccorse i dispersi nell’oscurità della sera e riportò a bordo i 4 membri dello yacht. Il Conqueror, per fortuna, non riportò danni degni di nota. Nel Canale d’Irlanda, d’altronde, la questione della convivenza fra il traffico militare e quello civile resta un problema irrisolto. Da un lato le bellissime coste di Irlanda, Scozia e Galles, e il loro mare ricco di risorse ittiche, richiama molto turismo marittimo; dall’altro in Scozia si concentra su sottomarini la forza di deterrenza nucleare britannica, nonché quella statunitense in forza alla NATO. Ovviamente si tratta di navigazioni ben diverse: in superficie piccole navi da turismo e da pesca, che solitamente procedono isolate, e in profondità grandi sottomarini, pressoché ciechi che per procedere utilizzano solo attrezzature elettroniche. Spesso, per ispezionare l’area circostante utilizzano sonar attivi (è il gioco del gatto col topo che le marine dei blocchi NATO e del Patto di Varsavia facevano attorno ad una delle coste più militarizzate), perché i sonar e gli idrofoni passivi non sempre sono attendibili. Per chi guarda la superficie attraverso un periscopio pochi centimetri sopra il pelo dell’acqua, la presenza all’orizzonte di un’imbarcazione relativamente piccola può restare nascosta dal gioco delle onde, fino a che non ci si trova ormai che a pochi metri di distanza. Inoltre tutte le politiche di riservatezza frapposte negli anni dalle autorità militari e politiche sono state percepite dalle comunità locali come un atteggiamento di arroganza. Il punto della questione è che pur ammettendo che una forza nucleare strategica sia ancora necessaria, in un mondo imperfetto in cui i rapporti fra gli stati erano (e sono) una questione di posizioni di forza, occorre migliorare i modi in cui viene gestita. In gioco ci sono le vite degli equipaggi e delle popolazioni residenti.

29 agosto mentre rientra nel porto di Norfolk in Virginia da una crociera nel Mediterraneo e nel Mare Arabico, iniziata a febbraio, la USS Dwight D. Eisenhover (CVN 69), portaerei nucleare della classe Nimitz, urta contro la nave carboniera spagnola Urdulitz, attraccata in banchina (nota 14). L’enorme portaerei che stazza oltre 110.000 tonnellate ed è lunga 340 metri faticava a manovrare negli spazi per lei relativamente stretti del Reach Channel, in una giornata di vento e correnti particolarmente forti. Proprio i venti che premevano sull’enorme struttura spinsero la portaerei lateralmente, senza che alcuna correzione posta in essere avesse effetto sull’inerzia dell’enorme massa metallica. La Eisenhower colpì la nave da carico spagnola, ancorata al molo in attesa di caricare, senza alcuna conseguenza per gli equipaggi. I danni alla Eisenhower furono valutati in 2 milioni di dollari, mentre quelli alla Urdulitz ammontarono a circa 300.000 dollari. L’impianto propulsivo costituito da 2 reattori nucleari Westinghouse A4W non fu messo in pericolo dalla collisione, avvenuta a bassa velocità, ma molto probabilmente nelle santabarbare a bordo erano custoditi armamenti nucleari in dotazione agli aerei da attacco della nave, potenzialmente più esposte  nel caso di incendio provocato dall’impatto.

3

L’operaia Wanda Hood chiude con cura uno dei fusti contenenti rifiuti contaminati dal Plutonio e fortemente radioattivi durante la demolizione della fabbrica per componenti di bombe nucleari a Rocky Flats, nel Colorado. Foto di Mark Leffingwell.

ottobre al Rocky Flats Nuclear Weapons Factory in Colorado un ispettore del D.O.E. (Department of Energy, il dipartimento governativo per l’energia) e due lavoratori restano contaminati per aver inalato micro polveri di Plutonio 238 (nota 15). Per l’impianto, posto a sole 15 miglia a nord ovest della città di Denver e ai piedi della catena delle Rocky Mountains, è l’ultimo di una lunga serie di incidenti e violazioni. Aperto nel 1952 come impianto per la produzzione di inneschi al Plutonio, le “bottiglie” di trizio e i “pit” corazzati per le bombe H, nel 1969 fù vittima di un grave incendio che fece temere una forte contaminazione esterna. Nel 1970 le polveri radioattive rilevate nell’area di Denver avevano portato a scoprire sistematiche violazioni nelle norme di sicurezza, smaltimento di residui di Uranio e Plutonio che andavano avanti da decenni e avevano irrimediabilmente compromesso vari strati del terreno attorno ai Rocky Flats e la falda acquifera superficiale. Al deposito 903 vennero misurati livelli di Plutonio e radionuclidi di elementi transuranici estremamente elevati. Dopo le denunce all’FBI da parte dei dipendenti, i poliziotti federali svolsero delle indagini riservate da cui risultò che l’inceneritore dell’impianto funzionava fino a tarda ora della notte. Scoprirono che fusti di scorie della lavorazione venivano seppelliti attorno all’impianto senza alcuna precauzione, mentre molti altri lasciati all’aperto, alle intemperie, risultavano gravemente danneggiati: all’interno era contenuto un letale mix di acidi, reagenti e polveri radioattive di Uranio. Già in passato le azioni legali promosse contro l’impianto avevano rivelato una grave spregiudicatezza nella gestione, tanto da provocare la cancellazione dell’appalto alla Dow Chemicals Company per la conduzione dell’impianto e il subentro della Rockwell International, ma nonostante le attività di decontaminazione svolte inizialmente dal nuovo gestore, nella sostanza non cambiò nulla. L’impianto era strategico per l’arsenale nucleare e gli standard produttivi richiesti andavano mantenuti, a qualsiasi costo. Il Department of Energy, organo anch’esso governativo, negli anni ‘80 aveva posto sotto stretta osservazione i laboratori. Ma le pressioni dall’alto per limitare lo scandalo furono enormi, tanto che uno degli agenti dell’FBI, Jon Lipsky, decise di rivelare i risultati delle indagini a cui aveva partecipato, pur prevedendone le conseguenze….Nel 1990 la EG & G, subentrata alla Rockwell International, inizia finalmente un serio programma di contenimento dell’inquinamento radioattivo. Nel 1992, a seguito dei trattati internazionali di disarmo e del mutato atteggiamento nell’opinione pubblica, l’impianto viene definitivamente fermato. Nel 1995 parte la più costosa e gigantesca opera di decontaminazione della storia statunitense (immagine 3): l’equivalente di 2000 autocarri di terreno e macerie contaminate vengono inviate ai siti di stoccaggio in Utah, Idaho e New Mexico, nonché al Nevada Test Range, dove si effettuano le esplosioni atomiche sperimentali. Oltre 1900 fusti di residui di Plutonio furono inviati al deposito militare specializzato di Savannah River e altre 21 tonnellate di materiali, a un grado di radioattività pari a quello del materiale fissile militare, vengono mandati alla decontaminazione. Solo nell’impianto di circolazione dell’aria viene recuperata l’incredibile quantità di 28 chili di polvere di Plutonio (per avvelenare un essere vivente, o provocargli il cancro al polmonne, basta una particella di un decimo di micron di diametro). L’operazione si conclude nel 2006 con un costo astronomico finale di 7 miliardi di dollari. Una class action promossa da associazioni di cittadini e ambientalisti, come “the Sierra Club”, forse la più antica e influente negli States, portarono alla condanna della Dow e della Rockwell al pagamento ciascuna di 117 milioni di dollari come risarcimento danni e rispettivamente di altri 110 per la Dow e 89 milioni per la Rockwell come sanzione per le violazioni delle leggi sulla protezione ambientale. Alcuni chilometri quadrati attorno a dove si trovavano i laboratori  resteranno troppo radioattivi per risiedervi per decine di migliaia di anni. L’area è stata dichiarata nel 2007 riserva per la fauna e la flora selvatica, che ha ripreso pieno possesso delle Rocky Flats, come successe a Chernobyl. La riserva da quest’anno è visitabile al pubblico, sebbene l’ombra del Plutonio continui ad aleggiare su tutta la regione, dove Uranio e Plutonio hanno lentamente continuato a depositarsi per 50 anni. Circa 4 chilometri quadrati, corrispondenti al centro degli impianti di lavorazione restano infatti sotto lo stretto controllo del DoE. Per tutti coloro che lavorarono o che vissero nelle vicinanze degli impianti, probabilmente resterà sempre il dubbio di essere stati fortemente esposti e dovranno convivere con la paura delle possibili conseguenze sulla loro salute. E il Plutonio ha un tempo di dimezzamento radioattivo di 24 mila anni…..

di Davide Migliore

 

NOTE E RIFERIMENTI

(1)  http://www.publications.parliament.uk/pa/cm199798/cmhansrd/vo980629/text/80629w03.htm

sito ufficiale del parlamento Britannico, Camera dei Comuni, interrogazioni parlamentari n. 46824 e 47804 al Segretario di Stato al Ministero della Difesa sulle armi termonucleari WE177 a caduta libera, produzione, stato di servizio, eliminazione, giugno 1998.

http://www.guardian.co.uk/environment/2003/oct/13/energy.nuclearindustry

articolo di Rob Evans sul quotidiano “The Guardian”, 23 ottobre 2003, lista degli incidenti di servizio ad armi nucleari di Sua Maestà rilasciata dal Ministry of Defence britannico.

http://www.nukewatch.org.uk/accidents.php

sito sugli incidenti incorsi a convogli di trasporto armi nucleari sul suolo inglese ed attività delle associazioni anti nucleari inglesi.

http://peacedevelopmentfund.wordpress.com/2011/04/02/nuclear-repercussions/

attivisti antinucleari contro gli spostamenti di armi e materiali minitari atomici negli U.S.A.

http://vimeo.com/20872194

video girato dal gruppo Camcorder Guerrillas sull’uso intensivo di convogli nucleari su strada in                 Inghilterra e delle attività dei volontari per protestare ed informare.

(2)  http://en.wikipedia.org/wiki/HMS_Splendid_(S106)

http://everything2.com/title/Submarine+Collisions

http://www.skeptictank.org/treasure/GP5/UKNUC5.TXT

collisione tra l’HMS Splendid ed un sottomarino sovietico nel mare di Barents

 (3) http://historical-debates.oireachtas.ie/D/0387/D.0387.198903070132.html

Estratto dei dibattimenti del  7 maggio 1987 e del 7 marzo 1989 al Parlamento Irlandese sui frequenti  incidenti tra pescherecci d’altura irlandesi e sottomarini in immersione nel nord Atlantico

http://www.imo.org/Pages/home.aspx

sito dell’International Maritime Organisation, agenzia delle Nazioni Unite che promuove la navigazione  internazionale sicura e combatte le forme di inquinamento da parte di natanti

(4)  http://navysite.de/ssbn/ssbn629.htm

http://www.mesotheliomaweb.org/mesothelioma/veterans/submarines/uss-daniel-boone

http://en.wikipedia.org/wiki/USS_Daniel_Boone_(SSBN-629)#Operational_history

incidente all’USS Daniel Boone (SSBN 629)

(5)  http://www.navy.mil/navydata/cno/n87/history/chrono.html

Cronologia dello sviluppo dell’Arma sottomarina USA

 (6)  http://www.apnewsarchive.com/1987/Sub-Damage-Worse-Than-Previous-Report-Caused-By-Faulty-

Maintenance/id-7a2e648c72d1cf6fd05053bc69a69866

Associated Press Archive, july 14, 1987 – article on USS Nevada (SSBN 733) main transmission gear  failure

http://navysite.de/ssbn/ssbn733.htm

http://www.uscarriers.net/ssbn733history.htm

guasto nel Pacifico all’USS Nevada

(7)  http://en.wikipedia.org/wiki/HMS_Conqueror_(S48)

http://www.robedwards.com/2009/09/exposed-22-serious-fires-on-nuclear-submarines.html

Sito news di Rob Edwards, giornalista indipendente in campo scientifico ambientale

http://www.publications.parliament.uk/pa/cm200809/cmhansrd/cm090916/text/90916w0009.htm

Acts of UK Parliament, House of Commons, answer to deputies interrogation, 16 september 2009, Column 2223W: lista degli incendi scoppiati sui sottomarini a propulsione nucleare inglesi tra il 1984 e il 2009

(8) http://www.skeptictank.org/treasure/GP5/UKNUC5.TXT

HMS Renown leak reactor coolant

(9) http://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&frm=1&source=web&cd=1&sqi=2&ved=0CDMQFjAA&url=http%3A%2F%2Fwww.mod.uk%2FNR%2Frdonlyres%2FCD66C835-C933-4F6E-8005D3301971E809%2F0%2Fnuclear_weapons_various_incidents_letter.pdf&ei=_2XGUPClHsTBswbXvoCgCQ&usg=AFQjCNEQ95OotIjHgESrUstoJ-yYCf1PTQ&sig2=OiaW7fxWL-VdZpXNeAuoRQ

Ministry of Defence, Directorate of Safety and Claims, letter 16 august 2007, Code File DSC_02_01_09 MoD FOI Ref: 08-05-2007-174033-010 : incidenti nucleari potenziali 1985/1987, dichiarazioni ufficiali al Parlamento inglese da parte del Governo

(10) http://en.wikipedia.org/wiki/HMS_Resolution_(S22)

http://www.hmsresolution.org.uk/index.php

http://hansard.millbanksystems.com/written_answers/1988/feb/19/hms-resolution#S6CV0127P0_19880219_CWA_73

http://www.banthebomb.org/archives/magazine/cracking.htm

The Scottish Campaign for Nuclear Disarmament and Faslane Peace Camp, “cracking under pressure” difetti e guasti dei sottomarini nucleari britannici Incidente in porto all’HMS Resolution , Sez. 6.2

http://www.bbc.co.uk/news/uk-scotland-15801357

BBC news, 18th November  2011, video “dismantling a nuclear submarine”

http://www.thecourier.co.uk/News/Fife/article/2995/damage-found-to-submarine-hms-resolution-

at-rosyth-dockyard.html

pericoli oggi per l’HMS Resolution e altri sottomarini dismessi.

(11)  http://navysite.de/ssbn/ssbn609.htm

Incidente all’USS Sam Houston

(12)  http://en.wikipedia.org/wiki/HMS_Conqueror_(S48)

HMS Conqueror incendio a Gibilterra.

http://www.plymouth.unisonplus.net/dig/dig.htm

 (13)  http://www.publications.parliament.uk/pa/cm200809/cmhansrd/cm090402/text/90402w0024.htm

HMS Conqueror, collisione con lo yacht Dalriada, Parliament query, answer n° HC 2 apr. 2009, Column 1396W                    

http://www.telegraph.co.uk/news/uknews/defence/8112935/Cuts-warning-as-nuclear-

submarine-crash-rate-nears-one-a-year.html

The Telegraph, “cuts warning as nuclear submarine crash rate nears one a year”, by John Bingham, 6 november 2010, lista degli incidenti che hanno coinvolto sottomarini nucleari Britannici tra il 1988 e il 2010, con commenti ufficiali del Ministry of Defence.

http://www.robedwards.com/2010/04/is-scotland-safe-from-nuclear-submarine-crashes-in-the-clyde.html

Sito news di Rob Edwards, giornalista indipendente in campo scientifico ambientale, citazione del Sunday Herald del 4 aprile 2010

 (14)  http://en.wikipedia.org/wiki/USS_Dwight_D._Eisenhower_(CVN-69)

http://www.uscarriers.net/cvn69history.htm

collisione nel porto di Norfolk per la USS Dwight D. Eisenhower (CVN69)

 (15) https://docs.google.com/viewer?a=v&q=cache:ASmnq3_IrRMJ:www.unm.edu/~bgreen/ME360/Rocky%2520Flats%2520Colorado.pdf+pdf+rocky+flats+colorado&hl=it&pid=bl&srcid=ADGEESgGL6z-Svq157YdEJsvV3eQhxoTvNLe34SLE0Vsrlc-jaFVmdhuWn6w8jgiR9hQxyrEHR6g48VB_8iVkFJpr1HHhr0nLHKI6E47AdK7R9E6fEyT0sO-3KHtPyhFuMPN1pqxnWYx&sig=AHIEtbTPRthTBJTWpAqE3NRWE3G6M3FAwQ

State University of Colorado: Rocky Flats Colorado Nuclear Weapons Production Facility 1952 – 1988

http://en.wikipedia.org/wiki/Rocky_Flats_Plant“Full body burden: growing up in the shadow of Rocky Flats”, Kristen Iversen, 2011 Random House Inc.

http://www.ens-newswire.com/ens/aug2010/2010-08-05-01.html

“Rocky Flats Nuclear Site Too Hot for Public Access, Citizens Warning”, from the “Environment News Service”,

Denver, Colorado, 5 august 2010.

http://prisonphotography.org/tag/the-rocky-flats-nuclear-weapons-plant/

“Incendiary iconography”, by A.W. Thompson – photographing the Rocky Flats Nuclear Facilities

 

Fonti generali

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“storia segreta degli incidenti nucleari”, Nico Sgarlato, AEREI – rivista aeronautica, n. 2, febbraio1991

“A Handbook of Nuclear Weapons Accidents”, Shaun Gregory – Alistair Edwards , University of Bradford, Bradford 1986

“SOMMERGIBILI NUCLEARI : PROBLEMI DI SICUREZZA ED IMPATTO AMBIENTALE” ,  F. Iannuzzelli, V.F. Polcaro, M. Zucchetti, Politecnico di Torino, 2004

“La Marina Sovietica”, Michele Cosentino – Ruggero Stanglini, ED.A.I., 1991

“ Lost Subs: From the Hunley to the Kursk, the greatest submarines ever lost  and found” Dunmore – Spencer, 1st ed. , Madison Press,  Toronto 2002

“Spy Sub”, Roger C. Dunham, 10th ed. New York: Penguin Books, 1997

“Big Red – three months on board a Trident missile submarine”, Waller, Douglas C. “1st ed. Harper Collins, New York 2001

 “The Hidden Cost of Deterrente:  Nuclear Weapons Accidents”, Shaun Gregory, Brassey’s UK, London, 1990

P.L. Olgaard , “Nuclear ship Accidents – Description and Analysis”, Technical University of Denmark,  Lyngby, May 1993

“the limits of safety”, Scott. D. Sagan, Princeton University Press, 1995.

http://www.progettohumus.it/public/forum/index.php?topic=428.0;wap2

incidenti nucleari o potenzialmente nucleari dal 1971 ad oggi

http://www.nuclear-weapons.info/vw.htm

interessante sito creato da Brian Burnell in cui ricostruisce la storia delle armi nucleari inglesi con lo sviluppo di ogni singola arma

http://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&frm=1&source=web&cd=40&ved=0CG8QFjAJOB4&url=http%3A%2F%2Fwww.peaceheroes.com%2Fimages%2Fpdf%2Ftridentsubs_plrc_020799.pdf&ei=2_DFUJTNEojgtQap9YCoCw&usg=AFQjCNFuUj8TM3n8ECU0SNpi7jT2tK-QaQ&sig2=gx1MyyAayUu10MMByuIqdA

sottomarini americani ed inglesi operativi con missili Trident I e II, sviluppo e servizio.

http://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&frm=1&source=web&cd=6&sqi=2&ved=0CFgQFjAF&url=http%3A%2F%2Fwww.rtna.ac.th%2Farticle%2FUS%2520Trident%2520Submarine%2520%26%2520Missile%2520Sytem.pdf&ei=GhfGUM3LJ8Xesgbe-oHoDQ&usg=AFQjCNGhCXRr5rFYlhXBxCgNEuj7XX0Pcg&sig2=3y1SaOR3QLC-9A54XCDF1A

documento PDF, Pacific Life Research Center, bollettino del 16 novembre 2002,  studi sui missili Trident I e II e operatività sui sottomarini classe Ohio

http://lists.peacelink.it/armamenti/msg00252.html

http://www.at1ce.org/themenreihe.p?c=United%20States%20submarine%20accidents

lista di incidenti a sottomarini e vascelli militari angloamericani dal 1945

http://www.cddc.vt.edu/host/atomic/accident/critical.html

Trinity Atomic Website, history, nuclear weapons and conseguences

http://spb.org.ru/bellona/ehome/russia/nfl/nfl8.htm#O17b

lista incidenti a sottomarini sovietici con cause

https://www.cia.gov/library/center-for-the-study-of-intelligence/csi-publications/books-and-monographs/a-cold-war-conundrum/source.htm sito ufficiale della C.I.A.

siti ufficiali della C.I.A. , Central intellige Agency

http://nuclearweaponarchive.org/Nwfaq/Nfaq0.html

the nuclear weapons archive

http://books.google.it/books?id=3wUAAAAAMBAJ&pg=PA23&lpg=PA23&dq=us+nuclear+submarine+accidents+1985&source=bl&ots=QvKSE3wTuu&sig=y6tbBUeneIb4ZiRAi6BYv-2tHOc&hl=it&sa=X&ei=3-mjUIuqFsfEsgbL-4DoAw&ved=0CCYQ6AEwATgK#v=onepage&q=us%20nuclear%20submarine%20accidents%201985&f=false

Bulletin of the Atomic Scientists, july /august 1989 issue

https://docs.google.com/viewer?a=v&q=cache:ASmnq3_IrRMJ:www.unm.edu/~bgreen/ME360/Rocky%2520Flats%2520Colorado.pdf+pdf+rocky+flats+colorado&hl=it&pid=bl&srcid=ADGEESgGL6z-Svq157YdEJsvV3eQhxoTvNLe34SLE0Vsrlc-jaFVmdhuWn6w8jgiR9hQxyrEHR6g48VB_8iVkFJpr1HHhr0nLHKI6E47AdK7R9E6fEyT0sO-3KHtPyhFuMPN1pqxnWYx&sig=AHIEtbTPRthTBJTWpAqE3NRWE3G6M3FAwQ

State University of Colorado: Rocky Flats Colorado Nuclear Weapons Production Facility 1952 – 1988 (PDF)

http://www.nukewatchinfo.org/nuclearweapons/index.html

informazioni aggiornate sulla produzione di armamenti, sulle conseguenze mediche e ambientali della produzione di armi, iniziative pacifiste e di eliminazione degli armamenti nucleari.

http://bispensiero.blogspot.it/2007_05_01_archive.html

blog con liste dei principali pericoli e situazione attuale della strategia atomica

http://archive.greenpeace.org/comms/nukes/chernob/rep02.html

http://www.rmiembassyus.org/Nuclear%20Issues.htm

http://www.web.net/~cnanw/a7.htm

10 mishaps that might have started an accidental nuclear war.

http://forum1.aimoo.com/American_Cold_War_Veterans/Cold-War-Casualties/Naval-Accidents-During-Cold-War-1-1579633.html

incidenti navali con vittime durante la Guerra Fredda

http://www.navsource.org

informations on naval accidents on duty and conseguences

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