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Biennale Italia Cina a Villa Reale a Monza: 120 artisti a confronto

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Biennale Italia Cina a Villa Reale a Monza: 120 artisti a confronto

Pubblicato il 13 dicembre 2012 by redazione

DSC_0436_lightProrogata fino al 6 Gennaio 2013 la Biennale Italia Cina in Mostra alla Villa Reale di Monza

Italia e Cina due nazioni agli antipodi, entrambe culle di civiltà millenarie e d’influenza mondiale. La prima cruciale nell’area euro, paese che, risolvendo la propria crisi, risolverebbe quella di un intero continente. La seconda sulla scia di una rapidissima trasformazione verso una società consumistica moderna, e opportunità di sviluppo economico senza precedenti per se stessa e per il resto del mondo.

”La natura è sempre stata fonte di ispirazione per gli artisti. L’artista deve mettere in evidenza, indipendentemente dal mezzo o dalla tecnica usata, le qualità intrinseche e il fondamentale ruolo che la natura svolge nel garantire l’esistenza dell’uomo. La sua può anche essere una denuncia nei confronti dello sfruttamento inconsiderato delle risorse naturali. Cultura e natura devono rappresentare il futuro per tutti.” Sandro Orlandi

Si tratta della prima più grande rassegna d’arte contemporanea realizzata tra i due paesi, Italia Cina: la prima volta nel mondo e nella storia in cui vengono portati così tanti artisti contemporanei cinesi ad esporre tutti assieme.

Durante tutta la manifestazione, che si terrà alla Villa Reale, di Monza, numerosi saranno gli eventi collaterali dedicati all’approfondimento della Cina moderna e che toccheranno tantissimi aspetti: l’economia, il mercato dell’arte, la finanza, la letteratura, la moda e la gastronomia.

L’ideatore e curatore della mostra è Sandro Orlandi, che si è occupato personalmente di ogni dettaglio, dalla selezione degli artisti, italiani e cinesi, alla direzione artistica, decidendo e predisponendo ogni singolo allestimento dell’intera Biennale, fino al costo economico dell’intera operazione, completamente a suo carico.

DSC_0637_lightSolo per la scelta degli artisti cinesi, Orlandi ha girato la Cina almeno sette volte, incontrando, insieme a Paolo Mozzo, comissario generale della Biennnale Italia Cina, oltre 200 artisti e visitando i loro atelier.

La chiave della mostra è la natura da cui ne prende il titolo: “Naturalmente”.

In Cina, in questo momento, il tema dell’inquinamento è molto caldo. La popolazione sta prendendo coscienza del fatto che, seppur in forte crescita, non può depauperare l’ambiente così come ha fatto negli ultimi decenni.

Un’opera molto bella che sintetizza mirabilmente questa profonda denuncia, non solo dell’inquinamento causato dai rifiuti, ma anche di quello culturale che ha inquinato la tradizione e la storia cinese, fino a intaccare i cuori stessi delle persone, riutilizza le confezioni dei prodotti commerciali trasformandoli in case e templi tradizionali.

DSC_0512_lightMa partiamo dall’esterno della Villa Reale di Monza con una scultura dedicata a Piazza Tienn Ammen. Questo soggetto è una struttura in ferro, posta su un’istabile gigantesca molla, proprio all’ingresso della capella della villa.

Wu Daxin con quest’opera ha voluto rappresentare la Cina moderna in tutte le sue contraddizioni. Quel che si vede è il profilo della piazza, realizzata con i tondini di ferro, elemento base degli edifici cinesi. Come in tutte le economie moderne, anche in Cina l’edilizia è l’elemento trainante di tutte le altre economie. La molla alla base della struttura è però il vero elemento chiave di lettura dell’opera. Questo geniale meccanismo permette a chiunque di imprimere alla struttura un movimento ondeggiante che evidenzia le contraddizioni e i delicati equilibri economico-politici che il governo cinese tiene in piedi tra l’antico comunismo e il più recente selvaggio capitalismo, come un ossimoro. Questo oscillare però indica anche la stabilità finale che questa struttura porta intrensicamente con sé e che si esprime alla fine del movimento, quando ritornerà al suo perfetto e iniziale equilibrio. La Cina infatti tornerà in tempi brevi ad essere la pìù grande potenza del mondo, come già per secoli lo era stata, e più precisamente fino al 1820, quando il suo pil era quello più alto del pianeta. Poi la rivoluzione industriale occidentale la lasciò al palo per un paio di secoli, ma il divario è ormai quasi recuperato completamente. Il loro mercato è oggi decisamente invidiabile e da solo ha la potenzialità di un quarto del mondo. Inoltre può contare su una gestione politico economica duratura e di lungo periodo che consente al paese lo sviluppo di grandi opere e una visione economica concreta e fattibile. La sua struttura sociale e politica è da sempre piramidale e l’accompagna da millenni. Una volta c’era l’imperatore al vertice e a scendere i mandarini, oggi c’è il consiglio dei sette (o dei nove) e a scendere i funzionari, ma in definitiva non è cambiato molto. Per il popolo cinese è normale convivere con un equilibrio instabile, mentre si stupisce di paesi come l’India, che pur con pari potenzialità resta invece rallentata dalla sua stessa struttura democratica. E davvero difficile l’esercizio democratico di un popolo quando questo è così vasto. Nasce così la necessità di delegare. Ed è da questa delega che origina l’oligarchia indiana, inizialmente vera, ma di breve durata, che nel suo essere continuamente modificata diviene alla fine fittizzia e incapace di realizzare progetti impegnativi e di lungo respiro, come quelli cinesi.

DSC_0559_lightUn’altra scultura all’aperto, posta all’ingresso della villa, è costituita da un prototipo, in scala 1: 50, di quella che sarà la scultura più grande del mondo: 27 metri di altezza e 150 metri di lunghezza e che verrà realizzata in acciaio specchiante in soli due anni. Servirà a collegare due quartieri cinesi di Pechino, attraverso complesse arterie stradali. L’artista ha dichiarato che questo prototipo è solo il primo dei tre che a breve dovrà presentare al governo cinese e che corrispondono ad altrettante strutture mastodontiche che verranno costruite in altre due città, una delle quali potrebbe essere Shangai.

Entrando in un’altra ala della villa, aperta proprio in occasione di questa mostra, si può ammirare l’opera di un artista italiano altoatesino. L’opera è costituita da due sculture di Adamo ed Eva, posti in posizione eretta, assorti nei loro pensieri e circondati da mele diaboliche accuminate, che giacciono ai loro piedi e ricordano le difficoltà della maturità.

DSC_0527_lightTra le sculture in mostra incontriamo un giovane a cavallo, dallo sguardo bucolico che ci ricorda la nostra infanzia, carica di sogni, aspettative e favole, quelle che tutti noi ci siamo ad un certo punto raccontati. Le stesse favole che hanno guidato i nostri progetti di vita di adulti, in cui abbiamo profondamente creduto e che spesso alla fine si sono infrante tra le difficoltà della vita.

Gli artisti cinesi normalmente sono molto discreti nei rapporti. Sono persone che spesso non dicono mai di no, per non essere spiacevoli. Le loro idee di protesta le esprimono quindi con pacatezza, in modo nascosto, in seconda, terza o quarta fila. Come nel quadro dei fiori verdi che, giocando sui chiari scuri, fa emerge un volto pop, i cui occhi sono strabici. Questo guardare in direzioni diverse è un modo pacato per dire che i giovani non guardano dove li vorrebbero far guardare, ma con un occhio guardano da una parte e con l’altro guardano dall’altra.

DSC_0427_lightTra le opere più importanti in mostra va sottolineata quella di Lan Zhenghui, un artista che lavora sull’opera con il gesto e che ci riporta ad alcuni artisti del passato come Vedova, Pollock o il gruppo Gutai, un’associazione di artisti fondata da Jiro Yoshihara in Giappone nel 1954. Zhenghui lavora solo in bianco e nero, con l’inchiostro di china e la carta di riso, la tecnica più antica della tradizione artistica cinese. Alcuni anni fà, in Cina, con questi materiali e la stessa tecnica, questo autore realizzò per BMW un’opera imponente, alta 4 metri e lunga 20, sempre in carta di riso. L’opera venne presentata con una istallazione movimentata da due ballerini, che ad ogni passo di danza facevano accedendere delle luci, che mano a mano illuminavano una parte dell’opera, fino a svelare, solo alla fine, il modello di punta della casa automobilistica.

Le opere esposte sono davvero molte. C’è anche una gigantesca impronta digitale realizzata con tante piccole impronte digitali.

Ci sono le pietre laviche, tre sculture vive che rappresentano il rimestio degli elementi della terra e della natura.

DSC_0613_lightDSC_0615_lightRen Hongwei ha portato invece due sculture, due barili di petrolio autentici. Il petrolio rappresenta l’energia propultrice dell’era moderna, il simbolo della forza con la quale l’uomo è stato in grado di controllare il pianeta, di colonizzarlo e di costruirvi un sistema circolatorio di strade e binari, su cui corrono treni, automobili e aerei. Il simbolo quindi dell’appropriazione del pianeta da parte dell’uomo. Hongwei ha fatto uscire dai barili due animali selvaggi, facendo immaginare che sia impossibile controllare, trattenere questa natura e che alla fine essa tornerà a riprendere il controllo di sé e di noi, che altro non siamo che piccole schegge di vita, in una storia cosmica che quasi non si accorge del nostro passaggio.

DSC_0428_lightTra i molti dipinti vi è anche una tela di Wu Wei, che ritrae le braccia di uomo che emergono dalla terra reggendo tra le mani un bambino. Quest’opera è molto importante perchè è tra quelle utilizzate nelle copertine dei libri del recente premio nobel per la letteratura: Mo Yan.

La tela che ritrae il Cristo in croce e il Budda cinese della Prosperità sono il perfetto confronto fra la spiritualità occidentale e quella cinese. Nel Cristo la redenzione è raggiunta attraverso il dolore e l’espiazione, mentre Budda ci indica un concetto di Dio sorridente, che rappresenta il tutto, di cui l’uomo stesso fa parte. Talmente incommensurabile che non vale la pena darsene pena. E ci invita a ricercare il senso della vita dentro di sé piuttosto che fuori da sé, per costruire il proprio equilibrio e la propria serenità interiori e raggiungere una dimensione più umana.

Sempre in chiave introspettiva ed esistenziale, la scultura di Maraniello, tra i più importanti artisti italiani che espongono in questa biennale, rappresenta l’allegoria dell’eterna lotta dell’individuo con sé stesso, che in quest’opera si concretizza con l’uomo che esce da sé per misurarsi con il sé, rappresentato dalla pianta carnivora, che si sviluppa dalla coda, e che al tempo stesso rappresenta appunto la Natura.

Vi è poi l’opera di un grande esperto di calligrafia kanji, riconosciuto dal popolo cinese come uno tra più grandi saggi viventi, che ricorda come questa antica arte cinese fosse in realtà l’arte della spada, e i segni lasciati dal pennello  dei veri e propri gesti di un’arte marziale. Questo grande calligrafo, nel realizzare le sue gigantesce opere, si muove danzando sulla tela con un grande pennello, con il quale traccia i segni del suo cammino interiore, indicando a chi cerca, la via per la consapevolezza.

DSC_0535_lightDSC_0540_lightInfine Xu Bing, vicedirettore della Central Accademy of Fine Arts di Pechino, l’accademia artistica più importante della Cina, considerato il fondatore dell’arte moderna cinese, ha allestito nel parco della Villa Reale di Monza una mastodontica opera, il cui valore supera il milione di euro, e che meglio rappresenta in chiave poetica il tema della mostra e il primo esperimento outdoor del suo genere. L’opera nel suo insieme sfrutta la tecnica del paesaggio tradizionale e delle ombre cinesi. Alla sera l’effetto scenografico è molto forte, ma anche di giorno, al variare dell’intensità e dell’inclinazione della luce del sole, l’opera continua a cambiare aspetto, forma e consistenza, pulsando quasi di vita propria. Si tratta di una struttura di 12 metri di lunghezza, per 3 metri di altezza, composta da decine di lastre di vetro, allestita personalmente dall’artista e dai suoi assistenti, direttamente sul posto e con la natura e le piante del posto.

di Adriana Paolini

Orari di apertura della mostra:
MARTEDI, GIOVEDI, DOMENICA e Festivi 10.00 – 19.00
MERCOLEDI 14.00 – 22.00
VENERDI e SABATO 10.00 – 22.00

Biglietti:
€ 9,00 Intero
€ 7,00 Ridotto: gruppi di adulti, minori dai 6 ai 18 anni, studenti fino ai 26 anni, adulti oltre i 65 anni, portatori di handicap.
€ 5,00 Ridotto speciale: gruppi di studenti delle scolaresche di ogni ordine e grado, convenzioni
Gratuito minori fino ai 6 anni, un accompagnatore per ogni gruppo, due accompagnatori per ogni gruppo scolastico, un accompagnatore per disabile che presenti necessità, giornalisti iscritti all’albo previo accredito, guide turistiche munite di tesserino di abilitazione.

http://www.biennaleitaliacina.com/

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Quando si fa strada l’antipolitica

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Quando si fa strada l’antipolitica

Pubblicato il 09 giugno 2012 by redazione

democrazia

Perchè, dopo gli anni ’80, la principale occupazione della politica è diventata quella di fare selezione elettorale?

Dal volontariato e l’impegno civile dei primi anni della storia dei partiti, si passa al vivere per la politica, al costruire una classe dirigente non necessariamente rappresentativa di una particolare classe sociale. I nuovi politici non fanno altri lavori e quindi sono attaccattissimi al loro impiego: possibilmente a tempo indeterminato. Quest’andamento non ha consentito, però, negli ultimi vent’anni, il ricambio della classe dirigente e la democrazia è andata in crisi. D’altra parte, risponde qualche studioso della politica, se il ricambio fosse stato troppo frequente, come avremmo potuto verificarne l’operato? Un secondo mandato era necessario. Certo, ma è proprio da questa fase in avanti che la classe politica si stabilizza, diviene più fragile e spesso corruttibile.

Il Francia per contenere questo rischio, l’opinione pubblica ha sempre avuto più spazio e proprio per questo è sempre stata molto temuta dalla classe politica, che è riuscita a controbilanciare efficacemente, operando una continua frizione, accompagnata a volte anche da urli, fischi e megafoni. In effetti, senza frizione, senza mettere in pubblico i problemi, la politica evolve in una pericolosa oligarchia. Ma per disporre di una frizione continua, che garantisca una reale democrazia, occorrono mezzi di comunicazione funzionanti, che facciano informazione al di sopra dei poteri forti e soprattutto non asserviti ad un solo unico padrone. Per mantenere sotto controllo il potere occorre frammentarlo il più possibile e adoperarsi per mantenerlo diviso nel tempo.

Perché la nostra democrazia, come molte altre, è andata in crisi?

La democrazia nasce contro il totalitarismo, concede il voto a tutti, uomini e donne, e conclude il suo perfezionamento, dopo la fine della II guerra mondiale, come compromesso tra il capitalismo industriale e la democrazia rappresentativa. Compromesso quindi tra chi disponeva dei mezzi e chi non li aveva. Chi non aveva mezzi otteneva, in cambio del patto sociale, un lavoro e con esso il diritto di esistere. Il patto era sostanzialmente questo: lavorare, creare dei beni, consumarli, pagare le tasse e quindi ottenere i servizi.

I partiti politici nascevano, quindi, unicamente come mediatori per moderare, attraverso le leggi, i rapporti fra queste due classi, che altrimenti non avrebbero potuto fidarsi le une delle altre perché, chiaramente, in aperto conflitto di interessi.

Il capitalista daltronde, aveva tutto l’interesse a creare questo rapporto perché non solo trovava le braccia che gli servivano per produrre, ma alla fine del ciclo “lavoro, creazione dei beni, consumo dei beni, tasse e servizi”, recuperava il proprio capitale, moltiplicato in modo esponenziale.

Alla fine del ciclo, infatti, i capitali investiti producono beni, destinati agli stessi che li hanno prodotti e che saranno sempre poi gli stessi a consumare, acquistandoli a proprie spese, con il proprio salario, a beneficio degli investitori, che moltiplicheranno così il loro capitale iniziale.

Ora la democrazia sta fallendo proprio perché non c’è più circolazione di capitale. I grandi investitori di allora, oggi, attraverso l’economia finanziaria, non hanno più bisogno di far circolare il capitale, ne tanto meno di garantire un lavoro alle masse. E, a dimostrazione di ciò, si sta riaffacciando la differenza tra classi, perché queste non riescono più ad essere mediate dalla politica, ne tanto meno a essere rappresentate.

La politica ha perso così il suo significato/mandato originario, ed è diventa oligarchica e autoreferenziale. Con la crisi mondiale dell’occupazione, nel mondo occidentale, è poi precipitato tutto il sistema, che diventa sempre più difficile salvare.

Il lavoro, che era infatti il cuore dell’intero sistema, ha cambiato di significato e si è completamente dissociato dai diritti. Anzi, esso stesso non è più un diritto, come invece recita ancora l’articolo 4 della nostra Costituzione Italiana: ” La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendono effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”.

La discussione politica ha perso così di interesse e di conseguenza la democrazia si è svuotata di significato. Perché discutere, protestare, votare. Non serve a nulla. Il leader governa e la massa guarda come in un programma televisivo in cui non c’è controparte, ma solo un pubblico, un audience, che attraverso gli share esprime il suo minor o maggior gradimento. In realtà non riesce a guardare granché, perché non è lei a decidere da che parte guardare.

La democrazia non è in pericolo solo nel nostro paese o in Europa, ma in tutto il mondo occidentale. La globalizzazione infatti costituisce un rischio reale e favorisce l’evolversi di grandi imperi, alcuni già in corsa. La democrazia, invece, richiede spazi piccoli, nei quali le persone possano esprimersi in un reale face to face. Lo spazio mondo è troppo grande e più adatto ai despoti.

L’Europa resta quindi forse l’unica vera candidata a preservare e difendere ciò che lei stessa, in un passato non molto lontano, ha partorito e sempre a lei tocca l’onere di provare a costruire le condizioni per una nuova democrazia, che tengano conto di tutti i nuovi sviluppi, economici e sociali.

Questa società democratica, in cui abbiamo avuto la fortuna di nascere e formarci, sembra oggi così scontata, ma si tratta di uno spazio temporale brevissimo, e unico nella storia dell’umanità, in cui tutte le classi sociali, in un modo o in un altro, erano riuscite a esistere e a esprimersi. La politica deve tornare a fare il suo mestiere e trovare delle soluzioni che imbriglino la finanza con leggi e norme che tutelino tutte le parti sociali e i loro diritti, che non sono più solo quelli di un territorio, piuttosto che di un’altro, ma più spesso sono planetari…e come non potrebbe essere, visto che gli interessi finanziari si estendono a tutto il globo.

I Movimenti e l’antipolitica

“Occorre una nuova politica che rimetta il cittadino al centro”. Questo è ciò che affermano i movimenti delle diverse regioni del mondo, rivendicando la loro autonomia nelle scelte politiche, al di fuori dei partiti, perché non credono che la politica possa più cambiare la società.

Anche i social network hanno dato a questi movimenti una forte spinta e una sede di coesione che ha travalicato le sedi dei partiti, i confini locali e nazionali e ha dato l’opportunità, a persone residenti in diversi angoli della Terra, di mettere sul tavolo della discussione i problemi più urgenti, facendosi loro stessi rappresentanti del bene comune, posizionandosi a livello planetario e saltando a pié pari i ruoli e i luoghi della politica.

La flessibilità della rete, negli ultimi 10 anni, ha infatti contribuito a creare un tavolo di discussione di ampio respiro, estremamente democratico, in cui difficilmente un leader riesce ad imporsi per lungo tempo, perché la discussione di fatto viene gestita da una vera assemblea e non da una struttura gerarchica come quella di un partito.

Per comprendere questi movimenti e le loro richieste occorre comprenderne la leggerezza, la freschezza della loro idea di mondo, senza necessariamente interpretarla come antipolitica, m acome spunto ispirazione per un nuovo corso politico.

Forse la politica, troverebbe in questi movimenti proprio i nuovi spunti di rinnovamento che sta disperatamente cercando e che non coincidono con un leader piuttosto che con un altro, ma con una serie di sentimenti generalizzati che partono da grandi masse di individui e a cui occorre dare forma e consistenza  e per le quali occorrono risposte e riforme istituzionali. Avere il coraggio di creare occasioni di incontro con la gente, gli intellettuali, i giovani e tutti coloro che ne fanno parte o ne condividono le discussioni in atto; e prendersi le proprie responsabilità, in particolare quella di essersi persi per strada, quella parte di società da sempre più viva, creativa e partecipativa, che proprio la politica ha rimbalzato ed escluso dal dibattito della cosa pubblica, usandola solo, opportunisticamente, come fornitrice di parole d’ordine, con le quali vincere le elezioni del momento, per nascondersi, subito dopo, negli impegni di partito e di governo.

E ora non c’è da meravigliarsi se per l’Europa imperversano strani movimenti di destra di pericolosa memoria: per i movimenti, destra e sinistra sono solo parole.

Quest’anno, dal 20 al 22 Giugno, a Rio de Janeiro, si svolgerà il Summit sui problemi della Terra, organizzato interamente dai movimenti, e naturalmente questo appuntamento non figura nell’agenda politica di alcun partito, come manca il Social Forum, che quest’anno compie il suo primo decennio …

di Adriana Paolini

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