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Retrofit: la vecchia cara 500 si “fa” elettrica

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Retrofit: la vecchia cara 500 si “fa” elettrica

Pubblicato il 20 ottobre 2012 by redazione

500 retrofitQualche volta vi è forse capitato di voler riesumare una vecchia auto storica. Troppo piena di ricordi per essere abbandonata. Tuttavia non è così facile, soprattutto nelle grandi città dove l’inquinamento è un problema quotidiano, e regole severe che ne limitano l’utilizzo. Anche una scampagnata fuoriporta con la famiglia non è più possibile. Ma a fronte dei nuovi incentivi, che riguarderanno l’acquisto di nuove auto elettriche, la cui entrata in vigore è prevista per l’anno 2013, una domanda inquietante incombe: che fine faranno questi veicoli storici? Finiranno dallo sfasciacarrozze? Andranno ad aumentare le montagne di rifiuti che già ci sommergono? E allora che fare?

Qualcuno c’ha pensato: è nato il retrofit elettrico. É un procedimento tecnologico grazie al quale è possibile convertire un’auto in una macchina elettrica, una e-car.

Lo scopo finale è quello di non distruggere le auto storiche ma candidarle a una lunga e nuova giovinezza , trasformandole . Una fine sicuramente migliore dell’abbandono, dello smontaggio o della rottamazione, che causerebbero più danni che altro. Inoltre queste auto, quando sopravvivono, spesso vengono spedite nei mercati dell’Est dove continuano a emettere gas inquinanti.

Ma come si realizza un buon retrofit ? Girovagando per internet mi sono imbattuta in una simpatica associazione che c’è riuscita con il vecchio amato cinquino: Eurozev.

Ma prendiamola un pò più alla larga e torniamo all’inizio, alla nascita del motore. Prima dello sviluppo sfrenato delle auto, costruite così come noi tutti le conosciamo, i motori erano due: quello a scoppio e quello elettrico. Inizialmente viaggiavano di pari passo ed erano in stretta concorrenza tra loro. Ben presto però fu chiaro che il motore endotermico era il più conveniente, sia per i costi che per le capacità stesse del motore. Quello elettrico fu quindi dimenticato dalle grandi case automobilistiche e solo alcune piccole aziende ne continuarono la produzione. Queste, prive di sostegni economici adeguati per la ricerca, necessari ad abbattere i costi di produzione, relegarono il motore elettrico ad un mercato decisamente ristretto.

Recentemente però le vetture elettriche sono state rivalutate soprattutto nelle grandi città, come veicoli ecologici, non inquinanti e silenziosi.

azionamento_500Realizzare un retrofit usando la beneamata 500.

Il procedimento è molto più semplice di quanto si possa immaginare e può essere usato con qualsiasi macchina senza particolari vincoli di età. Il veicolo viene trasformato sostituendo il vecchio motore con un motore elettrico, converter, batterie, etc: nuova tecnologia tipica delle moderne auto elettriche. Alla fine di originale resterà solo il telaio con le funzionalità di base.

Il veicolo modificato manterrà le stesse prestazioni della 500 originale, risulterà più prestante di molte altre vetture elettriche già presenti sul mercato e sarà particolarmente adatta a un uso cittadino.

Naturalmente il nuovo veicolo, derivato da una vettura storica precedente al 1993, deve per legge essere rimmatricolato. Si tratta di una procedura lunga e penosa che non garantisce sempre la buona riuscita del progetto. Sul sito http://www.eurozev.org/Notizie.htm si possono trovare molte informazioni utili. come questa: “Si può realizzare il proprio cinquino elettrico e farlo omologare alla sede Italiana del TUV (Ente di certificazione tedesco) per poi immatricolarlo con targa tedesca ed infine ri-importarlo in Italia, il tutto ad un costo di alcune migliaia di euro. Oppure, come ho deciso di fare io, creare una associazione ad hoc, per la realizzazione, il collaudo e la sperimentazione nel settore dei veicoli elettrici, farsi rilasciare una targa di prova, assicurarla (costosamente) e circolare in via del tutto provvisoria, facendo tutto il possibile perché il legislatore ci aiuti a trovare una soluzione.”

Posso crearmi da solo un veicolo retrofit, anche se non sono un esperto di motori e quanto mi può costare?

L’ideale sarebbe avere almeno una discreta conoscenza nel settore elettrotecnico in quanto gli altri eventuali ostacoli sono tutti facilmente superabili grazie anche all’aiuto di molte aziende che eseguono i diversi adattamenti meccanici.

Per quanto riguarda il costo dipende molto dal tempo che saremo in grado di dedicare al nostro progetto e alla bravura nella ricerca dei pezzi necessari alla conversione. Diciamo che si parte da un minimo di 1500/2000 euro per un retrofit prevalentemente riciclato, fino ad un massimo di 12000/15000 euro nel caso si decida di usare le componenti migliori presenti sul mercato. Ovviamente stiamo parlando di un lavoro home made. Mancano le spese di un eventuale assemblatore. In ogni caso da quando l’Eurozev ha aperto la strada, creando il primo prototipo, è possibile che i costi siano nel frattempo diminuiti.

Quali sono i vantaggi e le differenze con il vecchio cinquino?

La prima grande differenza consiste nella revisione che deve essere effettuata dopo molte migliaia di chilometri e consiste nella semplice sostituzione dei cuscinetti del motore. Non saranno più necessari tagliandi, filtri dell’olio, candele, iniettori, radiatori, marmitte catalitiche, etc. etc. (manutenzione ridotta dell’85%) Non servirà più nemmeno il bollo e l’assicurazione RCA costa 50% in meno. Per non menzionare il costo di un pieno che si aggira intorno ai 2 euro. Stiamo parlando di un risparmio notevole che andrà ad ammortizzare rapidamente il costo della conversione effettuata. Inoltre il nuovo veicolo sarà tre volte più efficiente della nostra vecchia 500 a motore, dettaglio interessante per tutti coloro che ostinatamente, e nonostante i divieti, usano l’auto tutti i giorni per andare al lavoro.

Scheda tecnica del nuovo 500-retrofit

* Motore elettrico Agni 135, 13kW.

* Batterie al litio polimeri: 96 Volts 100 Ah, per un totale di circa 9,6 kWh di energia

* Controller Phoenix 600 Ampere con capacità di recupero energetico in rilascio (fino a 3kW)

* Trasformatore DC/DC elektrosistem SPC500m (necessario per alimentare l’impianto a 12 volts, luci, frecce, stops e tergicristalli)

* Charger Zivan due da 20 Ah

* Fili, magnetotermici, fusibili, cavi etc.etc.

Qual’è l’autonomia di una 500 elettrica?

L’autonomia del cinquino realizzato dalla Eurozev è di 100 km, ma esistono diverse altre batterie sul mercato in grado di raggiungere anche 200-300 o addirittura 400 km. Ovviamente si tratta di batterie molto più grandi, ma la ricerca sta elaborando nuove batterie in grado di superare quelle al litio o addirittura quelle al litio-titano.

Rapporto velocità-autonomia nel nuovo cinquino.

Il gruppo di Eurozev ha scelto di mantenere le stesse caratteristiche della 500 originale grazie a delle batterie a litio-polimeri, ma in generale un veicolo elettrico ha batterie con un rapporto peso/energia abbastanza basso rispetto agli altri carburanti in circolazione. Anche questo problema è però aggirabile se, al momento della conversione, si tiene conto delle limitazioni energetiche della batteria.

Quanto durano le batterie?

Dipende dalla batteria che sceglieremo di montare. Quelle al piombo hanno una durata di circa un centinaio di cicli. Mentre quelle a litio-polimeri possono arrivare anche fino a migliaia di cicli di carica/scarica.

Cosa aspettarsi in futuro: batterie alla Schiuma di Grafene

Il futuro delle auto elettriche potrebbe dipendere, almeno parzialmente, da questa scoperta. Alcuni ricercatori cinesi (Li Na, Chen Zongping, Ren Wencai, Li Feng e Cheng Hui-Ming) hanno descritto nell’edizione dell’8 Ottobre 2012, della rivista PNAS (Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America), una batteria flessibile, creata proprio grazie alla schiuma di grafene, in grado di ricaricarsi in soli 15 minuti.

Ricordiamo che il grafene è un materiale costituito da uno strato monoatomico di atomi di carbonio altamente legati e disposti in ordine esagonale. La sua alta conducibilità lo rende quindi un soggetto ideale per la creazione di una batteria elettrica; esso infatti può caricarsi e scaricarsi alla stessa velocità di un condensatore – scarica completa in 20 secondi -, senza rinunciare alla flessibilità che risulta duratura anche quando viene piegato più volte.

Facendo crescere dei filamenti tridimensionali di grafene su di una speciale spugna metallica si ottiene la nostra schiuma di grafene, dotata anch’essa di grande flessibilità, resistenza e conducibilità elettrica.

Il lavoro svolto dai ricercatori cinesi prevede la creazione di un composto litio-titanio da collocarsi sulla nostra schiuma; questa ha dimostrato di avere la capacità di migliorare visibilmente le prestazioni dell’elettrodo creato. Le qualità di questo materiale hanno spinto gli autori a creare una batteria sperimentale in cui il composto litio-titano era l’anodo, e il catodo era costituito da un insieme di litio-ferro-fosfato e schiuma di grafene. Il risultato è stato una batteria capace di caricarsi in meno di 15 minuti, mantenendo una densità energetica e un peso pari a quelli delle altre batterie agli ioni di litio. I ricercatori sostengono che la densità energetica sarebbe ulteriormente migliorabile.

Comunque la batteria sarebbe già commercializzabile con le sue attuali capacità, il vero problema è il costo della produzione della schiuma di grafene e i tempi richiesti per la sua produzione che al momento sono lunghi. Prima di diffondere su larga scala la nuova batteria è quindi assolutamente necessario trovare una soluzione per i costi di produzione che la renderebbero altrimenti inaccessibile. La  possibilità di un’alternativa alle comuni batterie per le auto elettriche è stata però finalmente trovata. Non ci resta che aspettare che questa nuova batteria entri in commercio a prezzi accessibili.

Vorrei concludere lasciandovi un commento di Marchionne sulla possibilità da parte di Fiat di produrre nuove 500 elettriche, esemplificativo del pensiero che a quanto pare va per la maggiore. Credo che le sue parole possano farci riflettere molto sull’attuale pensiero comune. Forse dovremmo imparare ad essere un po’ più aperti alle nuove possibilità anche se richiedono un minimo di sacrificio e impegno iniziale. Dopotutto se scegliamo con giudizio verremo ripagati per le nostre scelte.

“Capisco che entusiasti politici e amministratori pubblici vedano questa trazione come rimedio per tutti i mali di inquinamento e rumore ed emissioni, ma oggi si tratta di una tecnologia che non è alla portata delle tasche normali, è una mobilità poco sostenibile in termini di diffusione di massa. Non sto dicendo che sia una tecnologia da abbandonare, tutt’altro, ma indirizzare tutto lo sforzo normativo per promuovere questo tipo di trazione porterebbe solo ad un aumento di costi senza nessun beneficio immediato e concreto. Sembra più saggio concentrarsi su motori tradizionali e carburanti alternativi”.

di Mariacristina Carboni

 

Fonti

Per maggiori informazioni consiglio la lettura dell’articolo originale: http://www.pnas.org/content/early/2012/10/05/1210072109.full.pdf+html?sid=6fa2572f-ca5e-4f8c-91e7-3c04538bbf45e in alternativa, l’articolo pubblicato su arstechnica:

http://arstechnica.com/science/2012/10/the-fast-and-the-flexible-graphene-foam-batteries-charge-quickly/

Altre informazioni sul grafene e le emissioni inquinanti:

http://www.nextme.it/scienza/natura-e-ambiente/4452-grafene-cambiamenti-climatici

Altre fonti:

http://it.ibtimes.com/articles/33051/20120710/retrofil-elettrico-fiat-500-auto-elettrica.htm

 

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Il Contratto Nazionale dei Lavoratori va in pensione e arriva l’articolo 8, più snello, flessibile… e più mannaro.

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Il Contratto Nazionale dei Lavoratori va in pensione e arriva l’articolo 8, più snello, flessibile… e più mannaro.

Pubblicato il 03 marzo 2012 by redazione

Nino BaseottoIntervista a Nino Baseotto, segretario generale CGIL Lombardia.

In tempi ormai dimenticati Luciano Lama diceva: “Abbiamo sempre cercato di parlare ai lavoratori come a degli uomini, di parlare al loro cervello e al loro cuore, alla loro coscienza. In questo modo il sindacato è diventato scuola di giustizia, ma anche di  democrazia, di libertà, ha contribuito a elevare le virtù civili dei lavoratori e del popolo.”

Oggi si vorrebbe sostituire l’Articolo 8 all’articolo 18. Come cambiano i diritti dei lavoratori rispetto a quelli del vecchio Contratto Nazionale?

L’articolo 18 fa parte degli articoli del Contratto Nazionale dei Lavoratori e prevede che il licenziamento senza giusta causa o giustificato motivo è punito e sanzionato dalla legge. Sopra i 15 dipendenti, laddove il giudice riconosca l’assenza del giustificato motivo, e quindi vi sia stata una discriminazione, scatta la possibiltà di reintegra del lavoratore o, in mancanza di questo, di indennizzo di carattere economico. Sotto i 15 dipendenti vi è solo l’indennizzo economico.

L’articolo 8 è tutt’altra cosa. Inserito a tutti i costi dal ministro Sacconi nell’ultima manovra del governo Berlusconi, dice che le parti, senza specificare come, quali e chi, hanno la possibilità di stipulare a livello aziendale, locale  e territoriale, degli accordi. Questi accordi possono essere stipulati e hanno validità anche se sono in deroga  a quanto stipulato dal Contratto Nazionale dei Lavoratori e a quanto disposto dalle leggi.

L’articolo 8 è stato fatto per ricomprendere, e dare una sponda giuridica, a quanto fatto da Fiat, Pomigliano-Mirafiori, e successivamente con il Contratto Unico Separato del Settore dell’Auto. L’articolo 8, in sostanza, dice che si possono fare accordi locali e territoriali in deroga a contratti e leggi. A questo punto è evidente che “io”, azienda, posso anche decidere che si deroga in tutto o in parte all’articolo 18. Per esempio posso decidere che i licenziamenti, per accordo tra le parti, siano regolati da una procedura che porta ad un indennizzo economico senza la reintegra.

Questo significa che un dipendente assunto con Contratto Nazionale, e quindi tutelato dall’articolo 18, nel frangente di una vendita della società per cui lavora, o di un ramo d’azienda, o ancora in caso di cessione o fusione della stessa ad altri, o con altri soggetti societari, potrebbe ritrovarsi a lavorare per una società al di sotto dei 15 dipendenti, o comunque diversa dalla precedente. Il datore di lavoro potrebbe a questo punto chiedere al lavoratore di rinunciare al contratto in essere?

Sì, il datore di lavoro può, come aveva formulato la Regione Lombardia nella sua proposta iniziale sullo “sviluppo economico e l’occupazione”, osteggiata poi dalle parti e riformulata, concordare con il lavoratore un’indennità di terminazione preventiva, correlata alla sua anzianità aziendale, nella quale il lavoratore sottoscrive che da quel momento e per sempre, rinuncia alla sua facoltà di ricorrere in giudizio.

Per esempio, un datore di lavoro potrebbe anche, per assurdo, decidere di pagare un salario inferiore a quello previsto dal Contratto Nazionale, e in caso di controversie, il lavoratore non avrebbe più il diritto di ricorrere in giudizio per chiedere il mancato salario, allo stesso modo potrebbe dimezzare le ferie o non pagare la malattia. Questo significa che avendo comunque rinunciato a far valere la legge vigente in materia di lavoro, in caso di licenziamento senza giustificato motivo, o per qualsivoglia altro motivo, il lavoratore non può più avvalersi davanti ad un giudice dell’articolo 18. Questo è quanto è stato fatto a Pomigliano-Mirafiori, che grazie all’articolo 8 ha potuto superare tutte le tutele dell’articolo 18, con addirittura la possibilità di sanzionare il lavoratore per malattia.

Cgil ritiene che l’articolo 8 sia un obrobio giuridico, incostituzionale, ma che per dimostrarlo si debba avvaire un percorso complesso, che riesca a interpellare il giudizio della Corte Costituzionale. Se questa ritenesse la nullità dell’articolo 8, sancirebbe un principio e al contempo sancirebbere nulla anche la legge. La strada del referendum, invece abrogherebbe solo la legge, ma abrogherebbe il principio.

Naturalmente Fiat ora sta facendo un po’ quello che vuole, in particolare a Pomigliano, dove si è tutelata un po’ di più. Sembra infatti che nessun lavoratore, precedentemente iscritto a Fiom, sia stato assunto nella nuova società, né probabilmente verrà assunto in futuro.

sindacatiFiom è rimasta quindi tagliata fuori da tutti i tavoli contrattuali?

Fiom è fuori perchè tra le tante nuove regole, un adi queste dice che, chi non ha sottoscritto il nuovo contratto Fiat, non ha più nessun diritto sindacale. Quindi Fiom è fuori dalla fabbrica, è fuori dai tavoli, e se c’è un lavoratore che vuole iscriversi alla Fiom deve firmare delle carte bancarie con la Fiom e non può più firmare la delega sindacale, come gli altri lavoratori. Fiat infatti non procede più alla trattenuta attraverso la busta paga e si rifiuta di versare questi contributi alla Fiom, perchè per Fiat la Fiom non esiste più. Occorre infatti tener presente che tra le clausole del nuovo contratto Fiat, tutta la contrattazione precedente, tra Fiom e Fiat, nell’intera storia passata tra questi due soggetti, è da ritenersi completamente decaduta.

E tutti quei lavoratori, iscritti alla Fiom, che sono già assunti in altre aziende del settore Auto, che fine fanno?

Questi lavoratori possono rimanere iscritti alla Fiom, ma non hanno più la possibilità di avere il delegato sindacale in fabbrica, e l’azienda potrebbe anche non riconoscere più neppure i rappresentanti Fiom delegati alla sicurezza, come sembra stia succedendo a Pomigliano, gli iscritti alla Fiom di Pomigliano possono rimanere iscritti, se lo vogliono, ma devono creare un legame organizzativo direttamente con la Fiom in merito alle trattenute sindacali, perchè anche per loro, a partire dal 31 gennaio 2012, tutte le deleghe firmate a suo tempo sono da ritenersi scadute.

Ma come è potuto succedere che i diritti dei lavoratori siano tornati indietro di quasi mezzo secolo?

Questo è il modello americano, dove il sindacato che ha la maggioranza è l’unico sindacato. La struttura sindacale in America funziona per maggioranza di iscritti, e per esistere deve avere l’adesione del 50% dei lavoratori + 1, ma nelle aziende in cui non riesce a passare di fatto è fuori. Per altro in America esiste di fatto un unico sindacato molto forte che contratta per tutti.

C’è stata quindi una traslazione sindacale che ha portato in Italia un’idea di sindacato, completamente diversa e lì il concetto è quello che l’agibilità sindacale deve essere supportata da chi accetta di firmare il contratto. La Fiom non ha accettato e quindi è fuori.

Salvo che Fiom dica che si è sbagliata. Ma anche nel caso in cui accettasse di firmare il contratto non è detto che sarebbe automaticamente riammessa, perché tutti i soggetti firmatari dovrebbero decidere se accettare di ammetterla o meno.

E gli altri sindacati non pensano di dare un sostegno a Fiom? Si tratta in fondo di un precedente molto pericoloso.

Cisl e Uil sono stati sempre completamente solidali con il modello Fiat. Cgil invece ha aperto una riflessione per capire come fare a riportare i delegati sindacali in fabbrica, fosse anche solo per riaffermare la natura stessa del sindacato che non può e non deve stare fuori dai cancelli delle fabbriche. Infatti la risposta che Fiom fino ad ora ha ideato è stata quella di parcheggiare un camper Fiom, fuori dai cancelli Fiat, quale presidio permanente, ma certamente non è questa la risposta più adeguata. Occorre invece rientrare nella fabbrica per essere presenti quando un operaio si infortuna. Se non c’è il delegato sindacale, o c’è quello di un’altra organizzazione che però guarda dall’altra parte, perchè l’azienda glielo ha chiesto o la pensa in maniera diversa, allora sì che la questione si fa più seria.

Stiamo quindi assistendo a una vera retrocessione dei diritti dei lavoratori?

Certamente così il lavoratore è solo, lasciato completamente a sé stesso.

intervista a cura di Adriana Paolini

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