E’ risaputo che un’esibizione dal vivo ha un sapore tutto suo, specie se intima e improvvisata.
Ma ciò che la rende veramente unica è il rapporto che si crea tra musicista e pubblico.
Nei grandi concerti di artisti internazionali, ospitati in stadi o arene, il pubblico si sentirà sempre estraneo al mondo del musicista, uno resterà sempre sul suo palco, e il massimo del calore sarà un casuale incrocio di sguardi, mentre l’altro resterà sempre uno spettatore tra i tanti. Ma nel mondo dei Busker (termine inglese riferito agli artisti di strada) è tutta un’altra storia! Il pubblico può interagire, avvicinarsi o intrattenere una conversazione con il musicista e tutto questo non sarà un privilegio per pochi, disposti a spendere cifre esorbitanti, ma un’occasione alla portata di tutti. Sono questi gli artisti capaci di creare la colonna sonora della nostra routine quotidiana.
La prima legge che disciplinò gli artisti di strada si ebbe nell’antica Roma, nel 463 a.C., dove nelle Dodici Tavole era prevista la pena di morte per chi fosse stato colto ad eseguire pubblicamente parodie o imitazioni di qualcuno.
Originariamente nel nostro Paese, la materia dei mestieri girovaghi era disciplinata dall’articolo121 del T.U.L.P.S. (approvato con R.D. 18 giugno 1931 n. 773), il quale prevedeva :
“1. Salve le disposizioni di questo testo unico circa la vendita ambulante delle armi, degli strumenti atti ad offendere e delle bevande alcooliche, non può essere esercitato il mestiere ambulante di venditore o distributore di merci, generi alimentari o bevande, di scritti o disegni, di cenciaiolo, saltimbanco, cantante, suonatore, servitore di piazza, facchino, cocchiere, conduttore di autoveicoli di piazza, barcaiuolo, lustrascarpe e mestieri analoghi, senza previa iscrizione in un registro apposito presso l’autorità locale di pubblica sicurezza. Questa rilascia certificato della avvenuta iscrizione”.
2. L’iscrizione non è subordinata alle condizioni prevedute dall’art. 11 né a quella preveduta dal capoverso dell’art. 12, salva sempre la facoltà dell’autorità di pubblica sicurezza di negarla alle persone che ritiene capaci di abusarne.
- 3. È vietato il mestiere di ciarlatano”.
Questa disposizione è stata progressivamente abrogata in un primo momento con l’articolo 14 della Legge 19 maggio 1976, n. 398, nella parte relativa alla registrazione, poi definitivamente con l’articolo 6 del D.P.R. 28 maggio 2001, n. 311, che ha espressamente abrogato i primi due commi. Pertanto a partire dal 2001, si ha una vera e propria liberalizzazione amministrativa dei mestieri girovaghi, liberalizzazione che purtuttavia resta subordinata alla disciplina in materia in sede locale. A questo riconoscimento del legislatore corrisponde anche l’implicita abrogazione, per incompatibilità con il nuovo testo legislativo, dell’articolo 669 del codice penale, dove era espressamente previsto il reato di “esercizio abusivo dei mestieri girovaghi”. Per molto tempo si cercò quindi di ricondurre l’attività di mestiere girovago al mendicaggio, punito dall’articolo 670, codice penale 1 comma, con l’arresto del soggetto fino a tre mesi. Lo stesso comma fu dichiarato dalla Corte Costituzionale, con la sentenza 28 dicembre 1995, n. 519, illegittimo in quanto non necessario il ricorso alla regola penale (e lo stesso articolo 670 del codice penale venne poi interamente abrogato dallo stesso legislatore nel 1999). Inoltre, una nuova disciplina di specificazione venne data dal Decreto Ministeriale 18 maggio 2007 al Titolo VI, a seguito del Decreto Ministeriale 28 febbraio 2005, su forte pressione della FNAS (Federazione Nazionale Arte di Strada).
In sintesi, la situazione che oggi si profila è un vuoto amministrativo, dove ogni amministrazione comunale ha completa libertà di incentivare o vietare del tutto tali rappresentazioni.
Elemento comune in molti Paesi risulta la concezione dell’attività dei busker più come un problema di pubblica sicurezza piuttosto che una sorta di eredità sociale e artistica di ogni popolo.
Per questo motivo, si sono attivate a livello internazionale molteplici associazioni il cui scopo è la promozione dell’arte di strada in tutte le sue forme come “teatro della città”, avvalendosi di cooperazioni con gli enti sia locali che nazionali, o ancora con le organizzazioni di volontariato.
Su questo filone sono nati moltissimi festival del genere (come ad esempio l’Open Street European Showcase) che di volta in volta ripropongono nuove esibizioni e sviluppano collaborazioni a livello europeo. La musica proposta in queste manifestazioni è arte in continua evoluzione che si arricchisce di continuo dalla fusione con i diversi patrimoni culturali.
Un atteggiamento altrettanto positivo ci arriva anche dalla città di New York dove è nato il progetto MTA – Arts for Transit con l’intento di incentivare l’uso dei mezzi pubblici, offrendo al pubblico performance di eccellente qualità. Infatti, gli oltre 100 artisti e gruppi che si esibiscono nelle metropolitane, piuttosto che negli scali dei treni, vengono selezionati tramite audizione tra migliaia di aspiranti e hanno l’occasione di tenere più di 150 “concerti” a settimana, nelle 25 sedi sparse per tutto il sistema metropolitano. Il tutto assicurato da una forte tutela del diritto d’autore.
Sulla stessa scia si è mossa anche la metropolitana londinese (dove dal 2005 per suonare è obbligatoria pressoché ovunque la licenza) dove i busker vengono selezionati tramite audizione o concorso, per un totale di oltre 400 artisti di qualità e 3000 ore settimanali di musica dal vivo!
La vera questione pertanto non è il riconoscimento del lavoro, in senso proprio, di artista di strada, ma piuttosto una regolamentazione a livello mondiale di questa categoria, affinché il loro apprezzamento non sia rimesso unicamente alle amministrazioni locali, ma godano di una tutela più ampia. Troppo spesso i busker vengono etichettati come “fannulloni che cercano di tirare a campare con poca fatica!”, senza tenere minimamente in considerazione la storia che ognuno di loro ha dietro di sé! Il più delle volte queste persone hanno alle spalle un’ottima formazione (tant’è che sui siti delle organizzazioni sopraccitate è possibile visionarne il curriculum vitae) e affiancano alle esibizioni dal vivo l’insegnamento in scuole di perfezionamento. Non è necessario ribadire che non bisogna scadere in una banale generalizzazione, ma si tratta comunque di un fattore da tenere in considerazione! La domanda è questa: è necessariamente il palcoscenico a qualificare un artista come talentuoso e dunque degno di attenzione?
di Giulia Pavesi
vedi anche:
http://www.santasofiabuskers.it