Sopravvivere al ghiaccio.
Il ghiaccio nel suo processo di cambio di stato, aumenta il volume della massa che si congela e, nel caso di tessuti organici vivi, espandendosi spacca le membrane cellulari che in fase poi di scongelamento restituiscono miliardi di cellule morte. Ciononostante sono ormai molte le persone disposte a pagare per farsi ibernare nell’idrogeno liquido, in cambio di una speranza di vita futura a dispetto della morte.
Questa speranza è però un miraggio del tutto umano, perché in natura alcuni organismi si sono attrezzati ormai da secoli molto meglio di noi.
I tardigradi, per esempio, sono in grado di vivere in uno stato di morte apparente, chiamato criptobiosi, per diverse decine di anni.
Secondo una commissione scientifica giapponese, che sta compiendo una ricerca su questi piccoli orsetti d’acqua (detti metameri, dotati di 8 piccole zampe e lunghi circa 200-700 micrometri), gli stessi possiedono uno zucchero chiamato trealosio capace di stabilizzare la struttura delle membrane cellulari come sostanza antigelo e di glicerolo, che insieme impediscono la formazione di cristalli di ghiaccio.
Secondo uno studio, pubblicato da un team dell’università del North Carolina e dello Utah, che sta studiando il genoma dei tardigradi, un sesto dei loro geni risulta essere acquisito all’esterno da altri corredi genetici derivati da piante, batteri, funghi e altre forme di vita, “in rete” con la loro catena alimentare.
Così può succedere che i nostri tardigradi essiccando, espellano dal corpo il 99% dell’acqua, frammentino i loro genomi e riassorbendo acqua, in un secondo momento, dispongano per un certo tempo di membrane cellulari permeabili capaci di riparare il loro genoma essiccato anche assumendo DNA dall’ambiente circostante, come pezzi di lego mancanti ma disponibili altrove. In fondo si tratta pur sempre di molecole precise, la cui funzionalità non è inficiata dagli organismi che le hanno generate. Quanto poco sappiamo ancora dei processi biologici …
Tardigradi questi sconosciuti
I tardigradi, scoperti nel 1777 da Spallanzani, sono classificati tra gli invertebrati protostomi celomati, che comprendono circa un migliaio di specie animali.
Le dimensioni adulte variano fra 0,1 mm e 1,5 mm. Sono eutelici, dispongono cioè di un corredo cellulare che resta invariato per tutto il corso della loro vita e possono perciò espandersi solo per volume e non per mitosi. Il corpo, di forma cilindrica, è costituito dal capo e da quattro metameri, ciascuno dei quali attrezzato da un paio di zampe, che nelle specie marine sono spesso retrattili a telescopio. Le estremità delle zampe sono dotate di un numero variabile di unghie o dita, da 4 a 8, ma raramente assenti. Il corpo è rivestito da una sottile cuticola extracellulare elastica, costituita anche da chitina. Le specie marine sono incolori o bianco-grige, mentre quelle terrestri o d’acqua dolce possono essere arancioni, gialle, verdi o nere.
L’apparato digerente è diviso in tre sezioni: anteriore, ectodermico, perforante succhiante, costituito da un tubo boccale e un bulbo faringeo succhiatore; ai lati del tubo boccale sono presenti due stiletti perforanti appuntiti, di origine cuticolare e calcarea che si articolano grazie a muscoli protrattori e retrattori, che servono a perforare gli organismi vegetali e animali dai quali succhiano il loro nutrimento; dal corto esofago si estende un tubo endodermico, formato da cellule epiteliali attrezzate di microvilli, che si inoltra nel tratto centrale dell’apparato digerente e costituisce di fatto l’intestino e dalle cui cellule vengono prodotti gli enzimi idrolitici necessari all’assorbimento delle sostanze nutritive come lipidi e polisaccaridi; infine gli scarti, passando dal retto, di origine ectodermica, vengono espulsi.
La respirazione avviene solo attraverso la cute, che grazie all’elevato rapporto superficie/volume, rende superfluo un apparato respiratorio. All’interno del corpo è anche presente un’ampia cavità (emocele) contenente un liquido incolore in cui galleggiano grandi cellule che potrebbero costituire la quota di riserva alimentare. Il liquido, in compenso, bagnando tutti gli organi, funziona da apparato circolatorio e assicura la distribuzione delle sostanze nutritive.
La muscolatura è solo longitudinale, costituita da sottili fibre, suddivise in fasci dorsali, laterali, ventrali e trasversali ancorati alla cuticola.
Il sistema nervoso è simile a quello degli artropodi e comprende due gangli per ogni metamero. Nel capo (che ha origine dalla fusione di più metameri) si fondono più gangli organizzati in strutture più complesse simili al protocerebro degli artropodi.
Gli organi di senso principali consistono di due ocelli formati ciascuno da una o due cellule pigmentate fotosensibili. Gli altri organi di senso sono costituiti da due categorie di appendici, cirri e clave: i primi forse tattili e i secondi chemiorecettori.
La riproduzione è per lo più a sessi separati, ma sono presenti anche specie ermafrodite e partenogenetiche. La femmina depone da 1 a 35 uova, che in un periodo fra 5 a 40 giorni, si schiude in un individuo già adulto. Lo sviluppo avviene per accrescimento del volume delle cellule, il cui numero, geneticamente determinato, resta costante durante tutta la vita. La cuticola esterna per crescere necessita un certo numero di mute.
I tardigradi sono diffusi su tutto il globo, sia in acqua salata che dolce e sia sul terreno, a tutte le altezze, anche oltre 6000 metri, come a tutte le profondità, comprese quelle degli abissi oceanici. Di fatto sono animali acquatici, perché anche le specie terrestri vivono all’interno di quegli strati d’acqua il cui spessore è giusto sufficiente per ospitarli. La maggioranza delle specie si nutre di cellule vegetali, ma anche di Protozoi, Rotiferi, Nematodi o altri tardigradi ed è in grado di resistere per lunghi periodi al disseccamento e congelamento, quindi ad alte e basse temperature come ad alti livelli di radiazione, basse o alte pressioni, mancanza di ossigeno ed esposizione a raggi UV-A e raggi UV-B.
Sono stati ritrovati in Siberia fossili di tardigradi risalenti al Cambriano e al Cretaceo e un esperimento dell’Università di Kristianstad ha dimostrato che alcune specie possono sopravvivere per dieci giorni anche nello spazio.
Tra le molte notizie che si stanno raccogliendo ora sui tradigradi, pare anche che alcuni cosmonauti russi li abbiano trovati ancora vivi su alcuni razzi rientrati nelle basi spaziali. Sia come sia, è fuori discussione che lo studio di questi incredibili esserini aiuterà non poco la scienza a comprendere i processi vitali non solo sul nostro pianeta, ma anche in giro per l’universo.
di Adriana Paolini
Linkografia
https://it.wikipedia.org/wiki/Tardigrada
http://www.scienzainrete.it/contenuto/partner/i-tardigradi-questi-sconosciuti-e-questi-fenomeni
http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0011224015300134
https://newuniversedaily.com/2016/02/16/tardigrades-revived-after-being-frozen-for-over-30-years/
http://citeseerx.ist.psu.edu/viewdoc/download?doi=10.1.1.512.2027&rep=rep1&type=pdf
marzo 13th, 2019 at 20:50
ottimo articolo. volevo usarlo per fini didattici. Per favore correggete nanometri con micrometri, o micron, al quinto capoverso.
marzo 16th, 2019 at 14:12
Grazie per la correzione! Se lo vuole usare a fini didattici lo può tranquillamente fare. Le chiedo solo di segnalarci quale fonte da cui lo ha preso indicando il link all’articolo: http://www.massacritica.eu/rianimato-un-tardigrado-congelato-da-30-anni/12119/#comments