Politiche Governative e investimenti
L’economia e lo sviluppo scientifico di un Paese si influenzano reciprocamente in maniera dinamica e rinforzandosi positivamente. Infatti gran parte dell’attuale crescita economica dipende dagli sviluppi tecnologici. Profondamente consapevoli di questo, il governo cinese incentiva lo sviluppo tecnologico che considera fondamentale per la riqualificazione della sua industria e per l’affermazione della Cina all’interno del mercato globale.
Tuttavia, affinché un paese sia forte in ambito scientifico occorre che sia altrettanto abile a livello economico. Ricordiamo che l’operato della scienza in quanto istituzione sociale è fondamentale: la conoscenza scientifica è un bene pubblico, chiunque può usufruirne senza farla perdere di valore.
Per le considerazione appena viste riguardanti la scienza e il suo ruolo economico o come bene pubblico, la maggior parte dei politici crede che i diversi governi debbano spendere i fondi pubblici per finanziare la ricerca scientifica; una strategia che virtualmente tutti i governi del mondo hanno ormai adottato. Non occorre quindi stupirsi se il governo cinese, visto il suo accesso alle risorse centralizzate, ha ripetutamente formulato politiche statali per promuovere la scienza cinese. Questa politica a favore della ricerca scientifica è cominciata dopo la Rivoluzione Culturale del 1977, con l’annuncio di Deng Xiaoping che la Commissione Nazionale per la Scienza e la Tecnologia e gli esami di ammissione all’università sarebbero stati ripristinati. Nel 1986 viene così istituita la Fondazione Nazionale per le Scienze Naturali della Cina, che ha come modello la Fondazione Nazionale per le Scienze Naturali degli Stati Uniti; segue l’attivazione del Programma 863, o Piano per lo Sviluppo di uno Stato High-Tech, il cui scopo è quello di incentivare lo sviluppo di tecnologie avanzate.
Il governo si occupa poi degli istituti di istruzione superiore lanciando nel 1995 il programma 211, che prevede l’aggiornamento delle capacità di ricerca di circa 100 università (2,2 miliardi di dollari americani solo in fase iniziale tra il 1996 e il 2000).
Al programma 211 segue il Programma 985, un progetto molto più ambizioso del precedente: la realizzazione di università d’élite di livello mondiale in Cina. Il governo dispone quindi generosi finanziamenti via via crescenti per quelle poche università che rientrano nel Progetto 985; per esempio le Università di Pechino e di Tsinghua ricevono ciascuna circa 300 milioni di dollari americani solo nella prima fase del progetto, 1999-2001, ottenendo in 10 anni il doppio del finanziamento iniziale.
Ma per rafforzare significativamente la ricerca scientifica cinese non basta investire un considerevole capitale, così il governo cinese cerca di attirare talenti dall’estero, in particolare si concentra sugli scienziati di origine cinese che vivono oltreoceano, prediligendo quelli che lavorano negli Stati Uniti. A tal proposito vengono designati due programmi per incoraggiarli a tornare in Cina: il Programma per gli Studiosi di Changjiang (1998), che offre agli scienziati incentivi a breve termine, e il Programma dei Mille Talenti, chiamato anche ‘Programma di reclutamento degli Esperti Mondiali’ con l’obbiettivo di sottrarre agli istituti di ricerca stranieri di prim’ordine gli scienziati di alto livello; in cambio promettono salari cospicui, fondi e laboratori per la ricerca e un’indennità esentasse di 160449 dollari americani. Il programma riesce nell’intento e numerosi scienziati (2263) cinesi ritornano in Patria; certamente la crisi finanziaria globale contribuisce notevolmente a questa decisione.
Dal 2007 al 2009, il ritorno dei cervelli cinesi aumenta dal 30,56% al 47,23%, nonostante il numero di studenti cinesi ‘fuori sede’ aumenti continuamente.
Alcuni di questi scienziati occupavano incarichi davvero prestigiosi nel resto del mondo, o comunque si erano già da tempo affermati nell’ambito scientifico, cogliendo di sorpresa la comunità scientifica americana. È questo il caso di tre biologi affermati: Yi Rao (titolare di una cattedra alla Northwestern University all’età di 45 anni), Yigong Shi (titolare di una cattedra alla Princeton University a soli 42 anni ) e Xiaodong Wang (il primo scienziato cinese-americano cresciuto in Cina dopo la Rivoluzione Comunista a essere stato eletto nell’Accademia Nazionale delle Scienze, il primo a dirigere il National Institute of Biological Sciences (Istituto Nazionale delle Scienze Biologiche). I media americani reagirono alla notizia con un comprensibile sconcerto, in particolare sul New York Times LaFraniere dichiarava: ‘Il ritorno del Dr. Shi e di altri illustri scienziati è un segno che la Cina si sta affermando molto più rapidamente di quanto la maggior parte degli esperti esperti si aspettava, restringendo il divario che la separava dalle nazioni tecnologicamente più avanzate’.
L’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo dell’Economia ha monitorato le spese lorde per la ricerca e lo sviluppo (R&D, Research and Development) in diversi Paesi, arrivando alla conclusione che, rispetto agli Stati Uniti, in Cina questi investimenti sono aumentati nettamente passando dal 5% nel 1991 al 44% nel 2010.
La produzione e l’impatto della Scienza
Ma tutti gli sforzi del governo cinese per promuovere la scienza hanno portato a qualche risultato?
Per rispondere a questa domanda consideriamo i cambiamenti che ha subito la produzione cinese di articoli scientifici e il loro impatto. A causa della mancanza di dati più precisi, ci affidiamo all’archivio ESI (Thomson Reuters’ Incites and Essential Science Indicators) per le pubblicazioni scientifico-ingegneristiche in Cina, Stati Uniti, Regno Unito, Unione Europea, Germania, Giappone e India (consideriamo anche le loro citazioni). Tuttavia poiché la Thomson Reuters non tiene conto di tutte le pubblicazioni in lingua cinese e la comunità scientifica in Cina ha accettato di pubblicare in lingua inglese solo a partire dal 1990, i dati della Thomson sopravvalutano l’aumento della produzione scientifica cinese. Tenendo conto di questa limitazione, siamo giunti alla conclusione che la Cina è stato di gran lunga il paese con la più rapida crescita in termini di articoli pubblicati tra il 1990 e il 2011, si passa da 6104 articoli all’anno a 122672. Confrontandola con gli altri Paesi, la Cina ha superato il Regno Unito nel 2004, il Giappone e la Germania nel 2005, e da allora è seconda solo agli Stati Uniti. A partire dal 2011, la produzione cinese di articoli scientifici è due-terzi di quella statunitense, e più della metà della produzione complessiva di tutti i 15 Paesi appartenenti all’Unione Europea.
L’ascendente della Cina sull’intera produzione scientifica è stato accompagnato da un sostanziale miglioramento della qualità. Per valutare tale qualità, abbiamo ancora una volta sfruttato i dati della Thomson Reuters per individuare il numero di citazione di ogni articolo fino al 2011; ciascun documento ha generato in media 8,4 citazioni tra il 1990 e il 1994, tuttavia questo valore è arrivato a 10,7 nel 2000-2004 nonostante una propaganda meno intensa rispetto a quella dei documenti più recenti (per compensare l’ineguale propaganda, abbiamo adoperato i dati US come parametro di riferimento rispetto al quale abbiamo confrontato la Cina e gli altri Paesi). A differenza degli Stati Uniti, in Cina il numero delle citazioni è costantemente aumentato negli ultimi vent’anni; tuttavia le citazioni legate a documenti americani, inglesi e tedeschi sono ancora nettamente superiori a quelle cinesi. La Cina tuttavia non si è arresa e ancora una volta ha significativamente ridotto il divario con gli altri Paesi producendo l’1% degli articoli altamente citati, superando il Giappone nel 2005 e pareggiano con la Germania e il Regno Unito verso il 2009. Inoltre anche le domande di brevetto sono aumentate considerevolmente a partire dal 2000.
Nonostante la rapida crescita della Cina sia nella produttività totale sia in quella di alta qualità, i suoi recenti livelli di produttività non tradiscono le aspettative, facendo crescere ulteriormente la sua intera economia.
Il contributo della Cina al mondo della scienza varia a seconda degli ambiti. In base al numero di pubblicazioni, si può affermare che in Cina lo studio della fisica rappresenta l’ambito più competitivo, mentre la biologia risulta essere il meno competitivo; nel 2011, per esempio, gli articoli sulla fisica erano il 98%, 77% quelli che trattavano argomenti ingegneristici, 62% quelli dedicati allo studio della matematica e solo il 34% si occupava della biologia.
Tuttavia all’interno dello stesso ambito occorre distinguere i differenti campi. Infatti nel 2005 la Cina è riuscita a diventare il leader mondiale nella pubblicazione di articoli sulla scienza dei materiali, mentre nel 2008 ha raggiunto lo stesso titolo nel campo della chimica.
Invece per quanto riguarda gli Stati Uniti, la Cina non riesce ancora a tenergli testa nell’ambito della biologia molecolare, in immunologia e genetica.
Le sfide della Cina
Sebbene la Cina sia riuscita a diventare uno dei principali finanziatori della scienza e della tecnologia, la ricerca cinese deve ancora affrontare due grandi difficoltà. In primo luogo, così come in quasi tutte le industrie cinesi, il governo ricopre un ruolo cruciale nella ricerca. Negli Stati Uniti e in molti altri paesi, i finanziamenti pubblici per la ricerca sono dispensati attraverso revisione paritaria. Di contro, dipartimenti esecutivi del governo cinese, come il Ministero della Scienza e Tecnologia e 985 università, decidono quali progetti di ricerca debbano essere finanziati. Questa pratica potrebbe facilmente condurre a una cattiva distribuzione dei fondi per la ricerca, in quanto le decisioni riguardo i finanziamenti potrebbero essere influenzate da fattori esterni o irrilevanti da un punto di vista dell’efficienza, quali ad esempio le reti sociali o gli appoggi politici, piuttosto che il merito scientifico. Anche se il governo riuscisse a prevenire misfatti tra i funzionari, dovrebbe ancora affrontare le difficoltà di valutazione dei veri meriti ai fini dei contributi scientifici. Quando il governo valuta gli scienziati e gli istituti di ricerca, tende a usare metodi standard e meccanicistici, come il numero di pubblicazioni e le citazioni in giornali affermati.
In secondo luogo, in Cina sembrano essere cresciute la corruzione nel mondo scientifico e gli imbroglioni. Si è già evidenziato che lo stato sociale di scienziato di fame sia altamente considerato, ma questa valutazione è per lo più amministrativa. Questa combinazione tenta alcuni scienziati cinesi a tradire il sistema procurando false prove di risultati scientifici che i funzionari governativi potrebbero facilmente trascurare. Infatti in Cina negli ultimi anni le truffe e la corruzione nel mondo scientifico sono diventati così dilaganti che Shimin Fang (con lo pseudonimo di Fang Zhouzi), uno scrittore scientifico dedito a scoprire e denunciare questi abusi, è oggi un nome conosciuto in tutta la Cina. Fang ha ricevuto il premio John Maddox, da Nature e dalla Fondazione Kohn nel 2012, per il suo impegno in Cina nel combattere ‘curriculum gonfiati, articoli fraudolenti e plagiati, medicinali contraffatti e procedure mediche portate avanti senza prove cliniche’. Fang sembra aver detto, come risulta dal titolo di un articolo su di lui, che: ‘La falsa ricerca è endemica in Cina’. Infatti, il suo sito web ha denunciato numerosi e importanti casi di cattiva condotta scientifica. Coerentemente con le affermazioni di Fang, il Science ha recentemente riportato il caso di un mercato nero accademico nel quale gli scienziati cinesi commerciavano le attribuzioni di paternità dei documenti SCI (Science Citation Index) attraverso agenzie inesistenti.
Con i dati a nostra disposizione non sappiamo se la frode scientifica in Cina sia un fenomeno già datato o meno, perché ad oggi conosciamo solo casi di frode scientifica recenti. Ciò non esclude che in passato ve ne siano state altri, ma che siano passati inosservati.
Attraverso comunque una evidenza empirica abbiamo voluto richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica sulla corruzione scientifica e accademica che emerge da un’analisi dei dati ricavati da Google News attraverso tre parole chiave: falso scientifico, plagio e corruzione accademica. Attraverso questi dati si evince che la casistica è drasticamente aumentata a partire dal 2006.
In particolare nel 2011 sono emersi 1170 falsi scientifici, 530 corruzioni accademiche e 98 casi di plagio.
Conclusione
Negli ultimi 30 anni la Cina è diventata il maggior investitore nella scienza e nella tecnica. I quattro i fattori principali che hanno determinato un trend di crescita, ancora in salita, sono un alto indice demografico, un’importante base di capitale umano, un mercato del lavoro che premia la meritocrazia accademica, una forte emigrazione di scienziati cinesi e un governo centralizzato favorevole agli investimenti scientifici. Certamente la globalizzazione ha reso tutto più semplice favorendo proprio i paesi che maggiormente investivano nella ricerca, incluso la Cina, fornendogli un accesso illimitato alle ricerche bibliografiche, una comunicazione immediata con i più grandi ricercatori del mondo, indipendentemente dalle linee di confine, un alto potenziale informatico e adeguate apparecchiature scientifiche.
I fattori chiave per l’incremento della globalizzazione sono stati le risorse economiche e il capitale umano, elementi di cui la Cina dispone e di cui fa buon uso proprio per lo sviluppo scientifico. Oggi la scienza ha raggiunto, a livello globale, una sana competizione che attraversa il mondo intero e va a beneficio dell’intera classe scientifica.
I giorni in cui l’intera conoscenza veniva relegata in un solo polo scientifico, verranno presto ricordati come retaggi del passato. L’attuale mondo della scienza potrebbe essere caratterizzato da numerosi centri di eccellenza scientifica sparsi in tutto il mondo.
Quando al scienza progredisce in paesi, in rapido sviluppo, come la Cina, la conoscenza scientifica cresce rapidamente così come la velocità nel fare nuove scoperte.
Per questa ragione, il primato cinese come maggior investitore scientifico e tecnologico sarà un fattore determinante che impatterà sia sul futuro della Cina sia su quello del resto del mondo, anche se le conseguenze a lungo termine sono ancora da approfondire..
a cura di Sara Pavesi
Linkografia:
http://www.pnas.org/cgi/doi/10.1073/pnas.1407709111