Internet è diventato una risorsa indispensabile per ogni attività dell’“homo tecnologicus” di oggi.
Ma la rete può anche essere una trappola, una terra di nessuno dove i più deboli rischiano di essere vittime di chi non ha scrupoli.
E’ il pericolo che corrono i bambini, utenti sempre più giovani del web esposti alla minaccia della pedopornografia online. Il numero di casi di adescamento e di violenze, fisiche o psicologiche, viene sicuramente molto facilitato dalla diffusione delle tecnologie informatiche.
Quanto sia reale il pericolo appare chiaro dai dati statistici forniti dalla Polizia Postale: nel 2013 sono state inquisite 83 persone per commercializzazione di materiale pedopornografico, autorizzate 82 perquisizioni ed eseguiti 13 arresti.
Per la divulgazione di immagini o filmati sono state denunciate 309 persone, arrestate 42, e dato corso a 348 perquisizioni. Nel 2012 gli arrestati erano stati 78, i denunciati alla autorità giudiziaria 366, e posti sotto monitoraggio 24.610 siti internet, di cui 1.486 inseriti nella ‘lista nera’ di quelli con contenuti pedo – pornografici.
Uno sguardo sui pericoli online e su come combatterli
Per capire quale sia la situazione ad oggi abbiamo consultato chi è ogni giorno in trincea contro questi abusi, la Dottoressa Fabiola Treffiletti, dirigente del comparto della Polizia Postale e delle Comunicazioni di Milano.
«L’articolo 14 della legge n.269 del 1998 ha dato competenza esclusiva alla Polizia Postale per l’azione contro la produzione, il traffico sulla rete o il semplice possesso di immagini e altro materiale pedopornografico», spiega la Dottoressa Treffiletti, «questa norma ci ha dato un campo di azione specifico nella repressione dei reati sessuali sui minori, compreso il grooming, ovvero l’adescamento attraverso inganni e tecniche psicologiche per ottenere immagini e video a sfondo pornografico.
In precedenza questo reato era assimilato ad altri reati contro la persona e quindi non esisteva una norma che lo prevedesse specificamente».
In Italia l’introduzione di due nuove norme ha fatto fare un salto di qualità agli investigatori: la Legge n. 38 del 2006 ha istituito il Centro Nazionale per il contrasto alla pedofilia online, creando così un organo di coordinamento sulle indagini e sullo scambio di informazioni anche a livello internazionale.
E la Legge 172 del 2012 che ha introdotto la definizione di adescamento di minore in rete ed ha inasprito le pene già previste, consentendo l’attività di indagine “sotto copertura”. Questo termine indica un importante strumento che gli investigatori possono utilizzare: una volta che un reato viene denunciato, il giudice può autorizzare la Polizia ad agire sul web utilizzando il profilo e le chiavi di accesso della vittima.
In questo modo si può convincere il pedofilo ad esporsi ottenendo informazioni preziose per identificarlo. L’idea è ispirata alle indagini svolte da agenti in incognito, che si infiltrano in ambienti criminali per raccogliere dall’interno le prove dei reati.
L’indagine sotto copertura può esser svolta anche sulla base di indizi rilevati nella normale attività di monitoraggio della rete svolto dalla Polizia Postale, oppure attraverso le segnalazioni di semplici cittadini che si imbattono per caso in contenuti pornografici aventi per soggetto dei minori.
Ma sempre entro i limiti indicati dal magistrato: sul web il confine fra attività di repressione di un reato e indebita violazione della libertà individuale è labile…
“«La pedofilia purtroppo è sempre esistita», continua Fabiola Treffiletti, «la continua espansione di internet ha però amplificato le possibilità per i pedofili di contattare le potenziali vittime, ma anche di poter individuare chi produce, commercializza o solo scambia e detiene immagini pornografiche di minori. Perché ogni attività sul web lascia una traccia elettronica, per quanto labile, su cui si può lavorare».
Il pedofilo online oggi non solo ricerca il contatto diretto con le vittime per consumare atti sessuali, ma in primis è interessato a ottenere materiale come foto o filmati in cui i minorenni mostrino il proprio corpo o compiano veri e propri atti sessuali.
Sono state individuate parecchie organizzazioni malavitose che gestiscono la vendita a livello internazionale di materiale pedopornografico, come è citato negli opuscoli informativi e statistici della polizia di Stato, cedute anche da pedofili. Normalmente il pedofilo si muove su più siti o social network, dove di solito è più frequente la presenza di minorenni, come siti in cui si parla di libri, personaggi di cartoni animati, giochi elettronici, musica e così via.
Il pedofilo in chat crea un profilo e approccia i minori fingendosi un coetaneo e approfittando spesso di quelle situazioni di difficoltà nei rapporti coi genitori, tipiche dell’adolescenza.
Crea man mano un rapporto di fiducia, di complicità con la vittima, sino a plagiarla psicologicamente fino a chiederle di scattare e inviare immagini intime o di mostrarsi in webcam in diretta.
Tipico esempio è il finto impresario che chiede immagini di nudo ad adolescenti, con la falsa promessa di provini per entrare nel mondo della moda o dello spettacolo.
Oppure l’offerta di regali, come ricariche telefoniche in cambio di immagini. A quel punto il minore viene sottoposto a pressioni, se non a una vera e propria violenza psicologica, perché continui a esibirsi, sotto il ricatto che le immagini compromettenti arrivino ai genitori, agli amici o comunque vengano rese in qualche modo di pubblico dominio.
Il pedofilo online agisce su più vittime contemporaneamente, che si trovano in altre città o altre regioni: individuare attraverso una vittima il pedofilo talvolta consente sia di sollevare il sipario su molte altre violenze e ricatti subite da altre vittime sia di individuare altri pedofili collezionisti di immagini.
Purtroppo la facilità con cui ci si connette oggi a internet (basta un moderno smartphone), o si eludono i limiti legali che precludono l’iscrizione di minorenni ai social network, o a piattaforme simili, rende tutto più difficile. Facebook ad esempio limita a 13 anni l’età minima per poter creare un profilo, ma le modalità di controllo capaci di accertare la veridicità dei dati forniti, sono ancora purtroppo insufficienti. E anche la figura del pedofilo è eterogenea: statisticamente le persone affette da questo disturbo della sessualità appartengono a ogni classe e ceto sociale, non esiste un profilo tipico del pedofilo!
«Quel che statisticamente abbiamo potuto notare durante le perquisizioni», prosegue la Dottoressa Treffiletti, «è che negli individui in cui questo disturbo del comportamento diventa più compulsivo e dominante, tutto ruota attorno al desiderio di nuove e sempre più forti immagini: il pedofilo spesso ha un comportamento esterno insospettabile, ma poi buona parte del tempo libero lo passa in questa seconda vita online. Di frequente le abitazioni di queste persone mostrano segni di una incuria estrema, indice evidente del loro disturbo interiore. Tuttavia la maggior parte dei pedofili non raggiunge livelli così alti di dipendenza psichica.
Sono persone che vivono in famiglia, nascondendo perfettamente questo loro interesse perverso. Spesso si tratta di padri che hanno figli della stessa età di quelli che cercano di insidiare sul web.
L’ingresso della polizia in una abitazione, il sequestro di personal computer e altro materiale, spesso, precipita in una crisi profonda la famiglia, che viene a conoscere così la doppia vita di uno dei suoi membri: i familiari del pedofilo finiscono per diventare altre vittime innocenti del crimine commesso dal loro famigliare. Per questo il mezzo della perquisizione di ambienti o di proprietà viene utilizzato solo in seguito alla raccolta di indizi importanti e finalizzato a evitare un pericolo grave alle persone».
Come aiutare i ragazzi a difendersi : educarli a usare internet!
La velocità con cui la tecnologia elettronica si evolve costringe le istituzioni a una sorta di rincorsa: così come nel mondo sportivo il progresso farmaceutico viene usato malevolmente per nuove forme di doping sempre più elusivo, altrettanto i pedofili utilizzano i software, le piattaforme di comunicazione, i nuovi dispositivi elettronici per essere un passo avanti a tutto ciò che le forze dell’ordine mettono in campo per contrastarli.
«La prevenzione è la vera arma», afferma la Dottoressa Treffiletti, «da alcuni anni puntiamo a educare i ragazzi all’uso corretto di internet e degli strumenti informatici. Da alcuni anni facciamo formazione nelle scuole di ogni grado per responsabilizzare i ragazzi. Lo scorso 11 febbraio, per esempio, è stata la giornata della sicurezza sul web. Ma l’educazione deve esser rivolta anche ai genitori». Bisogna insegnare ai ragazzi ad essere attenti a chi si conosce in rete. Anche la persona che sembra essere la più sincera ed innocua in realtà può nascondere l’esatto suo contrario. Oggi i ragazzi sono più fragili in quanto i rapporti personali passano di più attraverso il virtuale, sono più esposti a non sapere dire di no a lusinghe o richieste di altri. «Ai ragazzi e ai bambini che incontriamo diciamo di parlare con i genitori, se qualcuno conosciuto online si comporta in maniera strana», continua Fabiola Treffiletti. Assieme alle altre istituzioni, alle associazioni e ai principali provider e società di servizi online, è stato elaborato un decalogo della sicurezza a cui è bene attenersi: innanzi tutto, custodire bene le password di accesso a internet, cambiarle spesso e non rivelarle a nessuno, sopratutto adottandone di più «robuste» possibili, cioè complesse, fatte di numeri, lettere e alternando le lettere maiuscole con quelle minuscole. Non mettere sui profili online immagini private o che possano permettere di risalire all’indirizzo di casa o altri dati sensibili. Non immettere se possibile in chat o social network il proprio nome e cognome, ma usare degli pseudonimi. Stare attenti ai siti che si visitano e tenere sempre aggiornato l’antivirus del proprio computer.
E se qualcuno conosciuto in rete ci propone un incontro reale, mai andarci da soli, ma farsi accompagnare sempre da un genitore o da un altro adulto, accettando l’incontro solo se in luogo pubblico e molto frequentato. «Ma la nostra azione educativa non è rivolta solo ai minori, ma anche a genitori e docenti» precisa la Dottoressa Treffiletti. Gli agenti della Polizia Postale per esempio, suggeriscono ai genitori di stare attenti al comportamento dei bambini: se il proprio figlio incomincia a stare troppo tempo su internet, cambia improvvisamente umore, diventa nervoso, triste e smette di parlare con loro, questi sono indizi importanti, che non vanno trascurati.
Se poi si nota che ricevono ricariche telefoniche o altri regali ingiustificati, è bene parlarne coi ragazzi. Ma mai in modo oppressivo, accusatorio, potrebbero chiudersi ancora di più nella loro sofferenza. E’ meglio essere comprensivi, farli sentire protetti, dare loro coraggio perché si aprano e raccontino quel che sta succedendo loro. Spesso si vergognano di essere caduti in un inganno. I ragazzi oggi sono più a rischio, perché si passa meno tempo con loro, distratti dai tanti impegni.
Gli adulti hanno il lavoro, le preoccupazioni, le responsabilità, i ragazzi la scuola, lo sport, e così via. Inoltre i genitori devono adottare dei piccoli accorgimenti utili: non posizionare il personal computer nella cameretta dei figli, dove loro possono isolarsi per lungo tempo. Controllare i siti che visitano o il materiale che scaricano, attraverso le opzioni di filtro e memoria che i normali programmi informatici consentono. Accompagnarli nell’uso della rete, navigare insieme e essere attenti al grado di maturità del ragazzo nell’approcciarsi al grande mare del web.
«Non è saggio comprare computer o telefoni di ultima generazione, solo perché i ragazzi vivono con passione le teconologie informatiche», sottolinea la Dottoressa Treffiletti, «è un pò come se li si mettesse alla guida di una Ferrari». Dal lato della scuola, la Polizia Postale ha avviato dei programmi di collaborazione e sensibilizzazione dei docenti, come il progetto “web in cattedra”, avviato in Lombardia nel 2011 assieme all’Ufficio Scolastico della Lombardia.
La collaborazione internazionale su internet: facciamo rete sulla rete.
Dato che la minaccia dei pedofili che usano internet per la natura del mezzo ha assunto confini assolutamente globali, anche la risposta alla minaccia non deve avere confini.
Abbiamo visto che l’Italia si è dotata di strumenti legali e di istituzioni che contrastano i danni che la pedofilia online può produrre.
Ma come si comportano gli altri paesi?
«In realtà da alcuni anni la collaborazione fra magistrature e polizie dei vari paesi è molto forte», afferma Treffiletti, «perché i governi hanno preso coscienza dell’enormità e della gravità del problema. La necessità di potersi muovere in un contesto fluido, senza i confini fisici e geografici ha spinto all’integrazione della risposta».
A livello europeo, una serie di raccomandazioni del Consiglio Europeo hanno portato all’adozione di norme e protocolli che facilitano lo scambio di informazioni fra i corpi di polizia: per esempio il CIRCAMP (Cospol Internet Related Child Abusive Material Project) è un organismo finanziato con i fondi europei in cui investigatori di vari paesi collaborano nel monitorare il traffico di immagini pedopornografiche, applicando filtri e particolari programmi informatici di riconoscimento facciale, che consentano di identificare la vittime, talvolta sconosciute, di questi criminali.
E la Virtual Global Task Force (VGT) che tutela i minori dai rischi di sfruttamento minorile, perpetrati attraverso l’uso del web.
Una serie di accordi fra singoli stati permette oggi di poter facilmente acquisire informazioni.
Così, se ad esempio la polizia italiana individua un pedofilo straniero, può fornire velocemente le informazioni alle autorità del paese di appartenenza del criminale.
Così come attraverso l’uso delle rogatorie internazionali, con la Convenzione di Budapest, è sempre possibile acquisire dati su eventuali crimini commessi da connazionali all’estero .
«Voglio ricordare che il cittadino italiano che commetta reati sessuali su minori all’estero è perseguibile in Italia», sottolinea la Dottoressa Treffiletti. Tuttavia gli strumenti legali classici non sono talvolta sufficientemente veloci per raccogliere le prove e assicurare i criminali alla giustizia.
Ad esempio, in alcuni stati, come negli U.S.A., il tempo medio che un operatore internet è tenuto a mantenere in memoria, sia dei passaggi sia dei contatti è meno di un anno!
Oggi un accordo con le autorità americane permette che con un semplice decreto del magistrato italiano l’autorità giudiziaria federale statunitense possa ottenere tempestivamente informazioni da un operatore internet sul passaggio di dati e immagini dal suo dominio.
Questo perché la necessità di salvare persone, da gravissimi pericoli specialmente se si parla di minori indifesi, è l’obbiettivo primario. Talvolta sul web viaggiano anche le disperate richieste di aiuto delle vittime: i casi recenti di suicidio di adolescenti sono un monito durissimo di quanto sia pericoloso l’abuso sessuale via web!
E talvolta sono i ragazzi stessi a rendersi complici di queste violenze.
Quando per vendetta qualche ragazzo carica su siti di «file-sharing» immagini o filmati di altri ragazzi contenenti immagini intime o a sfondo sessuale, commette un reato di pedopornografia online e espone la vittima agli stessi pericoli.
Pensiamo all’adolescente che carica su internet i filmati o le foto intime della fidanzatina con cui ha rotto la relazione, per vendicarsi di veri o presunti torti. Anche i commenti che si vengono talvolta ad aggiungere alle immagini sono “armi cariche”.
Il cyberbullismo, ovvero la prepotenza e la minaccia operata con gli strumenti elettronici può portare a risultati altrettanto tragici nei confronti delle persone che vengono perseguitate.
In questo campo è preziosa la collaborazione di alcune delle più grandi realtà di siti internet: Googgle e Youtube hanno pubblicato opuscoli in cui forniscono consigli per la navigazione sicura e regole di netiquette, regole di buona educazione da tenere nei contatti online. Addirittura il gigante dell’informatica Microsoft, in collaborazione con la Polizia di Stato, ha dedicato un intero sito all’argomento: www.sicurionline.it.
Nemmeno le cosiddette Darknet, le reti fantasma non tracciabili, su cui scorre un fiume di dati e contatti, quasi come un mondo parallelo al mondo internet classico, sono così impermeabili. Senza fare riferimenti che possano esser compromettenti, anche in questo campo l’opera investigativa e il progresso della conoscenza informatica degli investigatori sta portando a notevoli risultati.
«Su internet, qualsiasi passaggio di dati lascia una traccia», conclude la dirigente Treffiletti, «e qualsiasi traccia, per quanto debole, può esser rilevata, seguita e, con pazienza, ricercata fino alla fonte».
di Davide Migliore
http://www.google.it/goodtoknow/
http://www.commissariatodips.it/
http://www.commissariatodips.it/profilo/centro-nazionale-contrasto-pedopornografia-on-line.html