Niente è impossibile, cantando a sazietà.
Iniziamo con un “ C’era una volta…”, come una favola della buona notte.
Prerequisito alla lettura: dimenticarsi di essere cresciuti e recuperare quello sguardo anelante che hanno i bambini di fronte a tutto ciò che non sanno spiegarsi.
Mai pensato ad un viaggio intorno al mondo? Bisognerebbe organizzarsi, prendersi un’aspettativa dal lavoro, scegliere il momento giusto, mettere da parte i soldi…
Sono bastate poche righe per dimenticarci del prerequisito iniziale: tornare piccoli per un momento.
Reset. Pensiamo a un viaggio intorno al mondo con gli occhi di un bambino. Che serve da portare con noi? Un amico, direi, come primo ingrediente essenziale. Un progetto – necessario, ma non sufficiente per il grande viaggio da affrontare – e se poi ci scappa anche uno zaino con qualcosa da mangiare, perché non approfittarne? In realtà basterebbe persino molto meno per muoversi da casa: la voglia di fare un’avventura. Ed è proprio questa voglia di avventura la chiave per ricordarci com’era bello, da bambini, viaggiare con la fantasia senza muoversi dal divano.
Sembrano proprio questi gli ingredienti recuperati per la realizzazione dell’opera contemporanea Milo, Maya e il giro del mondo scritta da Lisa Capaccioli, musicata da Matteo Franceschini e messa in scena con la regia di Caroline Leboutte e la direzione di Jacopo Rivani.
L’opera, vincitrice del concorso Opera Expo 2015, per la creazione di un soggetto operistico sui temi dell’Expo Milano Nutrire il pianeta, è stata inserita dalla fondazione AsLiCo, con la collaborazione della Regione Lombardia e il sostegno della fondazione Cariplo, nel progetto Opera Domani, con cui si intende avvicinare il giovane pubblico all’Opera lirica attraverso delle produzioni realizzate appositamente per essere godibili da spettatori di età scolare.
Lo spettacolo, che ha debuttato al Teatro Sociale di Como il 23 Febbraio scorso, e che girerà in tournèe per vari teatri in tutta Italia, si propone di racchiudere in una scena molto semplice e colorata la bellezza di alcuni piccoli/grandi piaceri della vita, su cui è sempre bello soffermarsi a canticchiare.
Protagonisti della vicenda sono Milo e Maya, compagni di classe che, l’ultimo giorno di scuola prima delle vacanze, decidono di passare del tempo insieme in un modo sorprendente. Milo infatti, segretamente innamorato della tenera e sognatrice Maya, nel tentativo di sottrarla dalle attenzioni del bullo Gian Gianni, belloccio e prepotente, invita la ragazza a fare con lui un viaggio intorno al mondo, senza altra risorsa se non 20 euro nello zaino e una bicicletta sgangherata a fare da tappeto volante. I due amici diventeranno così strumenti di un percorso di scoperta e avventura, tenuto insieme dalle tradizioni culinarie di vari paesi e dal potere della cucina, che, mettendo insieme piatti buoni da mangiare, permette di raccontare storie e di creare l’atmosfera preziosa e rara della gioia condivisa.
Non serve dunque grande maestria per volare lontano; basterà un profumo esotico e una leggenda raccontata mentre le pentole sfrigolano sul fornello per trovarsi dall’altra parte del mondo. Attraverso i personaggi di questa favola metropolitana è dunque possibile lasciarsi trascinare nel fiume del viaggio e raccogliere con loro un piccolo bagaglio di conoscenze; le stesse che a fine avventura renderanno Milo e Maya più consapevoli dei propri sentimenti reciproci e persino di se stessi. Un percorso di formazione? Una semplice passeggiata in bicicletta? Questa storia ci insegna che correre lontano dalla realtà trasportati da un sapore e da una musica può essere molto più semplice di quanto ci si aspetti.
Eppure stiamo dimenticando un elemento essenziale. Noi, accostandoci a questo racconto, stiamo solo immaginando di essere tornati bambini, provando a liberarci – con un innegabile senso di soddisfazione – di tutti quei pericolosissimi paletti che la vita e gli anni hanno progressivamente posto fra i nostri sogni e la nostra realtà. In questo viaggio a occhi aperti, però, i posti in carrozza sono tutti destinati a bambini veri, che non hanno bisogno di fuggire dalla realtà, ma che ogni giorno giocano – si spera, almeno! – e sono dei veri esperti della nobile arte della libera immaginazione. Potrebbe dunque sembrare quantomeno pretenzioso voler guidare in un viaggio con la fantasia quegli stessi bambini che “per finta” sanno trasformare un ramo in una spada, una lucertola in coccodrillo e far bere alle bambole allegri tè immaginari alle cinque del pomeriggio. La domanda è dunque consequenziale. Come coinvolgere i bambini in un viaggio musicale? La risposta offerta dallo spettacolo di Opera Domani 2015 è chiara: rendere il pubblico parte della storia e dare ai ragazzi in teatro non solo il privilegio di ascoltare musica, ma addirittura quello di essere musica. Lo scopo didattico del progetto si rivela dunque nella sua potenza: tutto deve partire dalla scuola, dove le classi e gli insegnanti inizieranno a leggere i testi delle arie proposte nell’opera, ad ascoltarli e ad impararli, in modo che i piccoli spettatori possano arrivare il giorno dello spettacolo pronti a ritrovare sul palco i personaggi già incontrati nelle settimane passate, come fossero degli amici da salutare con impazienza e verso cui sbracciarsi per mostrare i lavoretti fatti in classe. I bambini giungeranno dunque in sala contenti di riconoscere i capelli rossi di Maya, la bicicletta di Milo, il cous cous marocchino di Tarik, le storie del ristorante cinese “L’imperatore” e le prelibatezze indiane della cuoca Sharma.
Tutto sarà allora un allegro spazio di condivisione pura, in cui l’arte esploderà nella sua forma più libera. Si illumineranno le luci, il direttore d’orchestra girerà la bacchetta verso la platea e le barriere fra falso e vero cadranno, in un’esplosione di canto e colori che non teme le differenze di cultura e sapore, ma anzi le esalta, rendendo tutto ancora più ricco e più gustoso. Ed è così che la scena straborderà dal palcoscenico e si espanderà in tutto il teatro.
Ancora una volta vediamo dunque come la musica faccia tutto da sé e come ogni espressione artistica non abbia mai bisogno di intermediari. Poco importa dunque se si tratti di opera lirica o di pop, di musica classica o contemporanea, quello che conta è ciò che i bambini sanno bene, ovvero che per cantare ed emozionarsi non serve niente più che una voce e un cuore, o meglio, basta un cuore; voce o no, si può fare anche senza.
di Maria Elena Micali