Una piccola comunità rurale nel cuore dell’Andalusia. Una cittadina in cui la disoccupazione non esiste. Un’utopia? Forse.
Marinaleda è un piccolo comune spagnolo di 2645 abitanti, situato nella comunità autonoma dell’Andalusia, in Spagna. Un comune il cui sindaco, Juan Manuel Sánchez Gordillo, ha deciso di improntare la politica locale sul puro modello socialista.
Un sogno, quello di Gordillo, che cominciò a plasmarsi negli anni ’80, quando l’attuale primo cittadino, all’epoca attivista per l’occupazione dei latifondi appartenenti ai grandi proprietari terrieri locali, capì che un’efficace riforma agraria, poteva essere realizzata solo tramite la redistribuzione dei terreni ai contadini senza terra. La prima vera vittoria arrivò negli anni ’90, quando il movimento ottenne la cessione di 1200 ettari di campi da un nobile locale. Da questo momento, seguirono una serie di espropriazioni che portarono il Comune ad essere unico proprietario di tutti i terreni di Marinaleda.
Chi se ne occupa e chi li gestisce? La cooperativa Humar, gestita dal comune, che ad oggi impiega il 70% della popolazione, tra agricoltura in senso stretto e trasformazione delle materie prime, ossia peperoni, legumi, carciofi e olio d’oliva. Di contro, il restante 30% degli abitanti gestisce piccoli esercizi commerciali o lavora come insegnante.
A prescindere dalle mansioni o dalla professione, il salario è lo stesso per tutti: 1128 euro al mese, per 35 ore settimanali di lavoro.
Non siamo ancora convinti… Che dire, allora, dei classici stipendi della politica? 0 euro!
Infatti, lo stesso Gordillo, che oltre ad essere sindaco, dal 2008 è anche deputato del Parlamento andaluso nelle fila del Partito Izquierda Unida, devolve tutto il suo stipendio alla Comunità di Marinaleda. Stessa sorte tocca alle buste paga di tutti coloro che ricoprano incarichi pubblici nel piccolo Comune spagnolo, proprio a sottolineare che tale ruolo deve costantemente essere nutrito da sano impegno politico.
A quanto pare il Paese delle Meraviglie ha ancora qualche sorpresa in serbo per noi!
A Marinaleda la casa è un diritto…. purché sia tu a costruirtela! Per questo, il comune ha provveduto ad espropriare e a rendere proprietà comunale migliaia di metri quadrati in prossimità della cittadina, da destinare alla costruzione del vero e proprio centro abitato.
Innanzitutto, il terreno viene ceduto gratuitamente ai cittadini e il progetto della casa viene curato gratuitamente dal Comune.
Dopodiché, grazie a una convenzione con il governo regionale andaluso e il Plan de Empleo Rural, l’autocostruttore viene fornito dei materiali da costruzione e affiancato (sempre gratuitamente) da alcuni operai edili.
Infine, all’interno dell’assemblea degli autocostruttori, viene fissata la rata da pagare per diventare pieni proprietari dell’abitazione. Donando 450 giorni di lavoro per il progetto di costruzione, chiunque potrà avere un tetto sopra la testa! Precisiamo: non un angusto monolocale, bensì un dignitoso focolare da 90 mq, composto da tre camere, servizi, un patio e un giardino.
Prezzi simbolici anche per i servizi pubblici: 12 euro al mese per la mensa scolastica e tre euro per l’abbonamento alla piscina, valido per tutta la stagione estiva.
Di contro, anche la cura degli spazi pubblici è affidata alla collettività, grazie alle cosiddette “domeniche rosse”, giornate in cui tutti i cittadini di Marinaleda provvedono alla manutenzione di strade, piazze e giardini.
Di certo, non stupirà il fortissimo incremento delle richieste di residenza da parte degli abitanti dei comuni limitrofi. Incremento che ha costretto il governo di Gordillo a tracciare un limite: sarà possibile chiedere di entrare a far parte della comunità della cittadina andalusa, accedendo a tutti i benefici che questo status comporta, solo dopo almeno 2 anni di residenza a Marinaleda.
Anche l’utopia fa i conti con le critiche
Dunque, un’utopia che va a gonfie vele? Non esattamente.
La prima critica mossa al governo di Gordillo nel corso del suo mandato (per intenderci, gli ultimi 30 anni!), è di aver ridotto la popolazione in uno stato di dipendenza, promuovendo lavori a bassa produttività agricola. Pertanto, si sarebbe trattato più di elemosina, che di dispensare aiuti.
In secondo luogo, il modello di Marinaleda non sarebbe destinato a reggere di fronte alla nuova tendenza economica verso cui l’Andalusia starebbe veleggiando, ossia i settori dell’industria e dei servizi. Un modello, quindi, destinato a trovare una sua sede, solo in condizioni di crisi e non di benessere.
In aggiunta, un sistema incapace di reggersi sulle proprie gambe, che per funzionare necessita costantemente del sostegno finanziario del governo regionale o centrale.
Anche sul piano sociale, questo esperimento non è rimasto immune da critiche, poiché molti cittadini, sarebbero restii a manifestare una propria visione in contrasto con quella di Gordillo, temendo ripercussioni.
Eppure, viene da chiedersi: se da un lato sono evidenti tutte le contraddizioni e i limiti che questo modello comporta, perché non potrebbe ugualmente essere valutato come un valido strumento proprio per riorganizzarsi e superare situazioni di crisi?
di Giulia Pavesi
Linkografia:
http://www.nytimes.com/2009/04/24/world/europe/24iht-spain.html?pagewanted=1&_r=0