Negli ultimi mesi è emersa una questione molto delicata: in Italia si dovrà iniziare a produrre formaggio e yogurt con latte concentrato o in polvere!
L’intera questione è nata nel 2013 quando l’europarlamentare Oreste Rossi ha presentato un’interrogazione alla Commissione Europea sulla legge italiana n°138 del 1974, che recita: “È vietato detenere, vendere, porre in vendita o mettere altrimenti in commercio o cedere a qualsiasi titolo o utilizzare: a) latte fresco destinato al consumo alimentare diretto o alla preparazione di prodotti caseari al quale sia stato aggiunto latte in polvere o altri latti conservati con qualunque trattamento chimico o comunque concentrati; b) latte liquido destinato al consumo alimentare diretto o alla preparazione di prodotti caseari ottenuto, anche parzialmente, con latte in polvere o con altri latti conservati con qualunque trattamento chimico o comunque concentrati; c) prodotti caseari preparati con i prodotti di cui alle lettere a) e b) o derivati comunque da latte in polvere.
È altresì vietato detenere latte in polvere negli stabilimenti o depositi, e nei locali annessi o comunque intercomunicanti, nei quali si detengono o si lavorano latti destinati al consumo alimentare diretto o prodotti caseari.”
Rossi sosteneva che tale norma stia creando alle aziende produttrici di yogurt, formaggi e derivati un significativo danno economico e competitivo, poiché quest’ultime sono obbligate a trasportare una quantità di latte maggiore di quella di cui avrebbero bisogno.
Il 28 Maggio 2015, dopo due anni di indagini, il Segretariato generale della Commissione Europea ha recapitato alla Rappresentanza permanente dell’Italia, presso l’Unione Europea, una lettera di costituzione in mora, in cui sancisce che la legge del 1974 viola il principio della libera concorrenza all’interno dell’UE e chiede di eliminare la norma. La conseguente procedura di infrazione 2014/4170 doveva partire il 29 Luglio (i governi hanno infatti due mesi per mettersi a norma) ma la Commissione ha deciso di prorogare il termine per la risposta alla lettera al 29 Settembre.
Ovviamente il ministro dell’Agricoltura, Maurizio Martina, ha mantenuta una linea dura, affermando: “Nessun passo indietro”. Della stessa opinione sembra essere Coldiretti che ha addirittura convocato una manifestazione a Roma l’8 luglio chiamando allevatori, casari e consumatori per dire “No al formaggio senza latte”! Quest’ultima sostiene che così facendo Bruxelles non fa altro che favorire le lobby degli industriali. E aggiunge: “Un chilo di latte in polvere viene circa due euro, e permette di produrre dieci litri di latte liquido, il necessario per 15 mozzarelle. Mentre alla stalla il litro costa, prezzo della Lombardia, circa 36 centesimi. Un ulteriore colpo per gli allevatori, nella battaglia con i produttori di polvere francesi e tedeschi”. A confermare il vantaggio delle aziende casearie ci pensa Assolatte: “L’Italia esporta ogni anno 330mila tonnellate di formaggio, ma ne importa 550mila tonnellate, il latte in polvere ci permetterebbe di competere anche su quelli”.
Ma siamo sicuri che questa riforma vieti davvero il latte fresco nel formaggio?
L’Unione Europea non sta imponendo l’uso esclusivo del latte in polvere, formaggi, yogurt e derivati, chiede semplicemente che venga eliminata una legge che ormai sussiste solo in Italia. Chiunque potrà continuare a produrre formaggi come ha fatto finora con latte fresco, ma per altri ci sarà la possibilità di usare anche latte in polvere (come tuttora avviene in Belgio e Francia). Inoltre i prodotti STG, DOP e IGP (mozzarella di bufala, fontina, caciocavallo, Parmigiano Reggiano, Grana Padano, etc.) non subiranno alcuna modifica, per questi formaggi rimarrà valido il divieto sull’utilizzo di latte in polvere.
Inoltre è bene precisare che il latte in polvere, il più delle volte, non viene utilizzato come sostitutivo del latte fresco, viene semplicemente aggiunto a quest’ultimo per aggiustare il contenuto di proteine e di grassi. Ricordiamo, infatti, che la composizione del latte varia in base a diversi fattori (alimentazione, frequenza delle mungiture e stagioni), quindi se un’azienda casearia intende standardizzare un formaggio ha solo due opzioni: utilizzare il latte in polvere o, come ha fatto fino ad oggi, utilizzare un semilavorato arricchito di grassi derivato dalla concentrazione di latte fresco o microfiltrato. Ovviamente persiste il rischio di formaggi interamente ricavati da polveri.
Il latte in polvere è di per sé un prodotto sicuro, senza rischi per la salute, tanto che viene adoperato anche per molti neonati. Lo stesso Roberto Rubino, ricercatore per il ministero dell’Agricoltura e presidente di un’associazione a tutela dei formaggi artigianali, precisa “Certo latte in polvere, quello prodotto in Argentina o Nuova Zelanda dove si alleva al pascolo, è di qualità superiore al latte di alta qualità prodotto nelle fattorie intensive italiane”, “In Italia un prodotto industriale come l’Alta qualità, il Tavernello del latte, è diventato per legge lo standard, sono le associazioni degli allevatori e quelle degli industriali a fissare ogni anno un prezzo unico nazionale, che ha mandato fuori mercato l’80 per cento dei pascoli di montagna”.
Posto che facenti parte dell’Unione Europea non possiamo esentarci dalle sue normative, a meno di non pagare continuamente multe salatissime, occorre informare i consumatori su quello che comprano.
Fino ad oggi il problema latte in polvere non sussisteva nei formaggi e yogurt, di conseguenza non esisteva nessun vincolo riguardo la dichiarazione del tipo di latte sull’etichetta o del processo di lavorazione. Sicuramente le cose dovranno cambiare e il consumatore dovrà poter sceglie se comprare una mozzarella con latte fresco o con l’aggiunta di latte in polvere. Cosa che in parte già esiste, se pensiamo a tutti i prodotti stranieri che troviamo sugli scaffali dei supermercati. Ad esempio, se prestate attenzione alle etichette di yogurt stranieri troverete quasi sempre una percentuale del 2-4% di latte in polvere.
In definitiva, possiamo affermare che i dictat dell’Unione Europea stanno inevitabilmente cambiando la morfologia dell’industria alimentare italiana. Basti pensare al Wine-Kit (una polvere che con l’aggiunta di acqua magicamente si trasforma in vino pregiato), all’aumento della percentuale di acqua consentita per la carne (5% per la maggior parte delle categorie, illimitata per wurstel e mortadella), al cioccolato senza cacao o alla vendita di imitazioni low cost del Parmigiano reggiano e del Grana Padano, senza indicazioni sulla provenienza o con nomi di fantasia che ingannano i consumatori.
L’italiano non ha che due scelte: un prodotto artificiale a un prezzo economico o un prodotto nostrano e biologico a un prezzo nettamente superiore. A voi la scelta.
di Sara Pavesi
Linkografia:
- http://www.repubblica.it/economia/2015/07/09/news/latte_in_polvere_per_il_formaggio_italia_a_rischio_infrazione-118703758/
- http://www.ilfattoalimentare.it/formaggio-senza-latte-commissione-europea.html
- http://www.coldiretti.it/News/Pagine/447-%E2%80%93-27-Giugno-2015.aspx
- http://www.linkiesta.it/latte-in-polvere-formaggi