L’UNESCO (l’Organizzazione delle nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura) è stata fondata dalle Nazioni Unite nel 1945 e ha l’incarico di promuovere l’istruzione, la scienza, la cultura e la comunicazione tra le nazioni: tutela i patrimoni dell’umanità in tutto il mondo, rappresentativi della cultura del paese o di eccezionalità da tutelare all’interno di un contesto culturale o paesaggistico.
È nota la classificazione dei patrimoni dell’umanità materiali tangibili, divisi tra naturali e architettonico/culturali. L’Italia è il primo paese per numero di siti nel mondo, con ben 49 luoghi, seguita dalla Cina con 45 e dalla Spagna con 44.
I patrimoni dell’umanità rappresentano la diversità e la disomogeneità del mondo, in cui è racchiusa in gran parte la bellezza del nostro pianeta, sia dovuta all’attività dell’uomo, sia dovuta alle meraviglie della natura.
Il mondo non si può considerare uniforme: non come moderno né come antico, non come americano né come anti americano, e così via con altre definizioni contrapposte. L’unica definizione adatta è pluriculturale.
La cultura è necessariamente molteplicità, contrapposizione e stratificazione di pensieri, di idee e correnti, che contribuiscono attivamente al progresso. La globalizzazione, le tensioni culturali e razziali del mondo di oggi sono una minaccia alla diversità di tradizioni e culture.
Ed è per questo motivo che l’UNESCO non tutela esclusivamente il patrimonio tangibile dell’umanità, ma anche quello immateriale e che è espressione della cultura nel mondo. L’attività dell’UNESCO si è tradotta in molte attività di stimolo agli stati membri e non solo.
Con la Dichiarazione Universale UNESCO sulla diversità culturale del 2001 sono stati definiti i criteri di selezione per la scelta di queste espressioni, successivamente contenute nella Convenzione sulla salvaguardia del Patrimonio Culturale Immateriale del 17 ottobre 2003.
Attualmente questo è lo strumento più importante che l’ONU e gli stati membri hanno per il compito di catalogare, studiare e tutelare questi patrimoni. Gli Stati che vi hanno aderito al momento sono 161.
“Tra i suoi principali obiettivi, la Convenzione per la salvaguardia del Patrimonio Culturale Immateriale intende salvaguardare gli elementi e le espressioni del Patrimonio Culturale Immateriale, promuovere (a livello locale, nazionale e internazionale) la consapevolezza del loro valore in quanto componenti vitali delle culture tradizionali, assicurare che tale valore sia reciprocamente apprezzato dalle diverse comunità, gruppi e individui interessati e incoraggiare le relative attività di cooperazione e sostegno su scala internazionale” (articolo 1 della Convenzione per la salvaguardia del Patrimonio Culturale Immateriale, approvata il 17 ottobre 2003 dalla Conferenza generale dell’UNESCO).
All’articolo 2 della convenzione del 2003 sono stati definiti cinque settori di classificazione del patrimonio immateriale:
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Tradizioni ed espressioni orali, incluso il linguaggio
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Arti dello spettacolo
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Artigianato tradizionale
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Consuetudini sociali, riti ed eventi festivi
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Saperi e pratiche sulla natura e l’universo
I paesi che contano più patrimoni immateriali hanno una storia millenaria, come l’Iran, la Cina e la Turchia. L’Italia compare solo 4 volte nella classifica, con l’artigianato tradizionale del violino di Cremona, l’opera dei Pupi siciliana, il canto a tenore dei pastori sardi e la dieta mediterranea (che comprende però altri sei paesi appartenenti al bacino del mediterraneo).
Rispetto alla cultura materiale, la tutela di quella immateriale è molto più difficoltosa.
Due esempi di patrimoni immateriali rappresentativi di culture a noi sconosciute e tutelati dalla convenzione dell’UNESCO del 2003 sono gli Zàpara, che rientrano nella categoria “saperi e pratiche sulla natura e sull’universo” e la festività del Geledé, catalogata tra “riti ed eventi festivi”.
Gli Zàpara, primi abitanti indigeni della foresta amazzonica
L’Unesco, tra le categorie dei patrimoni immateriali, tutela le popolazioni che stanno scomparendo e che hanno saperi eccezionali sulla natura e sull’universo: tra queste vi sono gli Zàpara, i più antichi abitanti della foresta amazzonica, insediati al confine tra Ecuador e Perù.
Questa popolazione, particolarmente numerosa agli inizi del secolo scorso (contava circa 200mila individui), oggi è quasi scomparsa. Ad oggi esistono circa 400 individui, di cui solo la metà parlano e comprendono la lingua Zàpara.
Essi Abitano in una delle zone più ricche di biodiversità del mondo, la foresta amazzonica.
La sua area ad oggi conosciuta supera i 7 milioni di chilometri quadrati, si estende sul territorio di 9 nazioni e è stato valutato che in un 1 chilometro quadrato possono esserci 75.000 specie diverse di alberi e 140.000 di insetti.
Il corso d’acqua principale della foresta amazzonica è il Rio delle Amazzoni, il più lungo al mondo (6.937 chilometri) e sfocia in un estuario largo 200 chilometri. In esso sfociano 10.000 fiumi, anche compresi tra fiumi che superano i 1.000 chilometri.
Questa grande risorsa naturale del pianeta è però a grande rischio di deforestazione, con devastazioni operate dall’uomo prevalentemente per costruire miniere o autostrade di collegamento tra le principali metropoli brasiliane.
La popolazione Zàpara ha sofferto enormemente questi fenomeni, oltre agli aspetti negativi che ha avuto sul sud America la colonizzazione, come la costrizione alla conversione al cristianesimo e i lavori forzati per le autorità coloniali.
Gli Zàpara hanno lottato per preservare le loro conoscenze sulla flora e fauna dell’Amazzonia e sul loro stile di vita. L’Unesco si propone di rivitalizzare la loro lingua e preservare la loro forma di sciamanesimo.
L’altra proposta Unesco è quella di riunire nuovamente le diverse comunità Zàpara, disgregate tra Ecuador e Perù.
Consuetudini sociali, riti ed eventi festivi
Nel Benin, stato africano di area francofona situato tra la Nigeria e il Togo, la comunità Yoruba Nago celebra annualmente una festività chiamata Geledé, da parte del comunità Yoruba Nago.
Questo rituale viene effettuato per celebrare la saggezza delle madri e delle donne anziane della popolazione e il loro ruolo primario all’interno della tribù.
Viene effettuata ogni anno dopo i raccolti oppure dopo la fine di eventi catastrofici come epidemie e periodi di siccità.
Le particolarità di questa festività sono nei costumi indossati dagli uomini e nella qualità dell’artigianato. Tutti gli uomini della tribù indossano travestimenti e maschere da donna , ballando e cantando la tradizionale musica Yoruba, accompagnata da strumenti musicali artigianali a percussione.
Il patrimonio orale tutelato dall’Unesco è quello delle espressioni liriche e dei versi epici, trattati dagli individui con una forte dose di ironia, supportata dalle maschere satiriche.
Vi è tutta una simbologia, leggermente diversa tra le tribù, riguardante gli animali.
Oggi la festa del Geledé ha un numero crescente di partecipanti e sta iniziando a diventare una interessante attrattiva turistica della zona occidentale dell’Africa.
L’Unesco tutela questa festività africana come testimonianza di società tribale matriarcale, nonostante molte popolazioni Yoruba stiano passando al modello di società patriarcale.
di Fabrizio Esposito
Linkografia e Bibliografia:
http://www.unesco.it/cni/index.php/cultura/patrimonio-immateriale
Festività del Gedelè
https://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=ycSMt0bjE1c