In data 21 marzo dell’anno corrente scade il termine per il completamento dell’iter legislativo finalizzato al recepimento della direttiva UE 2014/17, nota come “direttiva sul credito ipotecario” (Mortgage Credit Directive, in seguito MCD), e volta a garantire una adeguata tutela per i consumatori in particolare sotto l’aspetto dell’informazione e della trasparenza nella fase precedente alla stipulazione, nonché nuove norme di comportamento nell’attività di erogazione dei prestiti sempre a protezione dei consumatori (che sarebbe meglio chiamare, mutuatari, o ancor meglio debitori della banca).
La direttiva è stata fin da subito oggetto di alcune critiche, dovute al timore di alcune modifiche sostanziali alla normativa del Testo Unico Bancario (T.U.B.) che avrebbero spinto una delle più autorevoli e diffuse associazioni di consumatori, Altroconsumo a richiedere un incontro al Ministro Padoan per un “confronto costruttivo” a riguardo, in una lettera datata 17 Settembre e che potete leggere qui: http://www.altroconsumo.it/organizzazione/~/media/lobbyandpressaltroconsumo/images/in-azione/richieste-alle-istituzioni/direttiva%20ue%20mutui%20rischio%20arretramento%20legislativo%20peggiorativo/direttiva%20ue%20mutui_rischio%20arretramento%20legislativo%20peggiorativo%20per%20italia.pdf
La polemica è entrata nel vivo nell’ultimo mese quando l’iter approvativo dell’atto governativo n. 256, contenente lo schema di decreto legislativo recante l’attuazione della direttiva è giunto alle battute finali.
In particolare sono rimbalzate da più parti voci di modifiche addirittura comportanti la cancellazione di un articolo fondamentale del nostro codice civile, il 2744 che vieta il patto commissorio, ossia quel “patto col quale si conviene che, in mancanza del pagamento del credito nel termine fissato, la proprietà della cosa ipotecata o data in pegno passi al creditore”; nel nostro ordinamento (ma non in altri, anche facenti parte della Unione Europea) è considerato strumento imprescindibile a tutela del debitore il quale è così tutelato dal rischio della cosiddetta usura reale, o più semplicemente, il rischio di vedersi portare via un bene di valore enormemente superiore al credito che intende garantire.
Occorre però un po’ di chiarezza, anche per confutare qualche autentica sciocchezza che si è letta su importanti testate nazionali.
Innanzitutto bisogna rimarcare come il decreto legislativo, proprio in vista di quella prospettiva armonizzatrice di cui la direttiva UE vuole essere propulsore, non possa che essere orientato ad un avvicinamento anche a quei sistemi in cui le tutele per i consumatori sono, magari non minori, ma semplicemente differenti. Tutto questo in un contesto comunitario nel quale un crescente numero di famiglie è costretta a indebitarsi, la Grande recessione ha imperversato per oltre un lustro a partire dal 2007 (e a tutt’oggi non è chiaro se la tempesta sia alle spalle o meno) e in cui un ruolo da protagonista evidentemente negativo hanno avuto i cosiddetti Non-Performing-Loans (NPL), i crediti deteriorati. In linguaggio bancario questi altro non sono che crediti la cui riscossione è incerta e il fenomeno che ha ispirato la direttiva è quello delle “Sofferenze bancarie”, una categoria di NPL la cui riscossione non è certa da parte degli intermediari che hanno erogato i finanziamenti perché i soggetti debitori risultano in stato di insolvenza (anche non accertato giudizialmente) o in situazioni equiparabili.
Al momento l’Associazione Banche Italiane stima che vi siano oltre 200 miliardi di crediti attualmente impossibili da riscuotere e che costituiscono circa il 20% del totale, quasi il doppio del totale: cifre che ben spiegano la necessità di questo ennesimo intervento a favore delle banche da parte del Governo Renzi.
Si è inoltre letto da più parti che la direttiva introdurrebbe la norma che consentirebbe alle banche di risolvere il contratto al raggiungimento di 7 mancati pagamenti della rata; anche questo fatto costituisce un’inesattezza, in quanto ciò è previsto dal T.U.B. all’art. 40 fin dalla sua prima emanazione risalente al 1993(!) e per altro illazioni giornalistiche parlano anche di una possibile modifica che porti a un innalzamento a 18 rate in ritardo.
Veniamo dunque all’articolo maggiormente “incriminato” e criticato del decreto legislativo proposto dal governo; si tratta dell’articolo 120 quinquiesdecies, introdotto ex novo dal governo e attuativo dell’art. 28 della MCD, e in particolare i commi 1 e 3.
Il comma 1 recita:
“ Fermo restando quanto previsto ai sensi dell’articolo 40, comma 2, il finanziatore adotta procedure per gestire i rapporti con i consumatori in difficoltà nei pagamenti. La Banca d’Italia può adottare disposizioni di attuazione del presente comma, con particolare riguardo agli obblighi informativi e di correttezza del finanziatore.”
Come si nota chiaramente, il decreto non modifica minimamente l’art. 40 sopracitato, ma è facilmente criticabile nel momento in cui non predispone alcuna tutela specifica per il creditore inadempiente, lasciandolo completamente nelle mani del finanziatore e soprattutto della Banca d’Italia, organismi certamente non indipendenti e che men che meno hanno a cuore le sorti del cliente più di quanto abbiano a cuore il ritorno del loro finanziamento (interessi compresi).
Il comma 3, invece è quello che ha definitivamente scatenato una bufera ed effettivamente presta il fianco a numerose critiche:
“ Le parti del contratto possono convenire espressamente, al momento della conclusione del contratto di credito o successivamente, che in caso di inadempimento del consumatore la restituzione o il trasferimento del bene immobile oggetto di garanzia reale o dei proventi della vendita del medesimo bene comporta l’estinzione del debito, fermo restando il diritto del consumatore all’eccedenza. Il valore del bene immobile oggetto della garanzia è stimato da un perito scelto dalle parti di comune accordo con una perizia successiva all’inadempimento[…].”
La prima questione nasce dall’utilizzo del verbo “convenire”; già, perché ci si chiede in che modo una parte che si rivolge ad una banca in condizioni di necessità possa rifiutarsi di accettare una clausola (di evidente vantaggio per il finanziatore, o almeno per il finanziatore avveduto, quale la banca dovrebbe essere) che in caso di suo inadempimento consenta alla banca di appropriarsi dell’immobile oggetto della garanzia o di farlo vendere estinguendo con i proventi il debito.
La seconda questione è stata posta da chi ha erroneamente visto nella disposizione una deroga all’art. 2744 di cui si è dato conto sopra ed una lettura della documentazione di Camera e Senato (http://documenti.camera.it/Leg17/Dossier/pdf/FI0411.pdf) a commento del Decreto legislativo fornisce una spiegazione esauriente:
“Si tratta in questo caso di un’ipotesi di cosiddetto Patto Marciano, ampiamente consentito dalla giurisprudenza prevalente e che fa sì che il creditore diventi proprietario della cosa ricevuta in garanzia, allorché il debitore non adempia, ma con le importanti garanzie che il bene venga stimato da un perito scelto dalle parti di comune accordo successivamente all’inadempimento e che il creditore versi al debitore la differenza tra l’ammontare del credito e l’eventuale accertato maggior valore del bene” (ciò rende evidentemente incompatibile la fattispecie in questione con l’ipotesi di patto commissorio, in cui il creditore diviene proprietario del bene e basta).
Infine due ultime questioni sono state poste in un’ulteriore lettera indirizzata al Ministro Padoan ed alla Commissione Finanza della Camera dei Deputati, questa volta in commento allo schema di Decreto Legislativo, sempre da parte di Altronsumo; dalla lettera, datata 4 marzo,(http://www.altroconsumo.it/organizzazione/~/media/lobbyandpressaltroconsumo/images/in-azione/richieste-alle-istituzioni/nuova%20direttava%20sul%20decreto%20ipotecario/credito%20ipotecario%204marzo2016_.pdf) emerge soddisfazione per quanto predisposto dal decreto e in particolare si ritiene che la soluzione prevista dal comma 3 sia adatta a consentire una certa tutela del consumatore il quale, (“fermo restando che stiamo parlando di un consumatore in grosse difficoltà nel pagamento del mutuo”), privato come è ora della possibilità di estinguere il proprio debito con la consegna del bene o dei proventi derivanti dalla vendita di questo, si troverebbe esposto a una procedura esecutiva da parte del Tribunale finalizzata ad una vendita all’asta dell’immobile con un realizzo quasi certamente inferiore al valore di mercato dell’immobile.
Tuttavia, nella lettera si chiede la modifica del comma 3 ove permette di modificare il contratto con la clausola prevista nella norma anche dopo la conclusione del contratto di credito, ossia quando il debitore potrebbe già trovarsi in condizioni i difficoltà ad adempiere e dunque in una posizione “più debole e potenzialmente ricattabile”. Dell’opportunità di questa previsione, non presente nel testo dell’art. 28 MCD, si dubita per altro anche nel dossier parlamentare, che stimola la necessità di un chiarimento da parte del Governo.
Infine nella lettera e nei commenti di alcuni giuristi è stata ravvisata l’imprescindibile esigenza che il perito scelto per la valutazione sia un professionista terzo che dunque valuta l’immobile secondo standard affidabili e ai prezzi di mercato, statuizione questa, che non viene imposta dal novellato del comma 3, lasciando quindi nuovamente il debitore in balìa della banca che in virtù della sua posizione di vantaggio contingente e di maggiore esperienza sarà avvantaggiata nel proporre un perito a sé vicino.
Quanto detto finora potrebbe far perdere di vista a chi non sia avvezzo al linguaggio degli “azzeccagarbugli” il nocciolo della questione, il nodo focale di un decreto legislativo così impostato; anche in questo caso viene in soccorso il dossier del parlamento, utile nel cogliere sinteticamente la finalità della disposizione:
“La ratio della disposizione in commento sembra essere di snellire e abbreviare le procedure nel caso di inadempimento del debitore, senza dover far necessariamente ricorso a procedure esecutive giudiziali che si dimostrano molto lunghe e complesse, riducendo pertanto il rischio e i costi esecutivi gravanti sul finanziatore in caso di inadempimento del debitore. Tale semplificazione, nell’intenzione del legislatore delegato e del legislatore comunitario, dovrebbe contribuire ad ampliare la disponibilità di credito da parte delle banche, migliorando inoltre le condizioni di prestito, a vantaggio dei debitori.”
Avete letto bene, viene meno l’obbligatorietà del ricorso alle procedure esecutive giudiziali; in parole povere per la banca non sarà necessario ricorrere ad un tribunale per ottenere l’esecuzione del bene, ma sarà la clausola contrattuale “convenuta” a fungere da titolo esecutivo.
Ciò ben si sposa con l’obbiettivo di ridurre le sofferenze bancarie e inoltre potrebbe garantire un più facile accesso al credito con le banche che, vista la maggiore disponibilità di denaro dovrebbero concedere prestiti ad interessi più bassi.
Ma così il prezzo che si paga è quello del venir meno della tutela giudiziale, che viene quindi relegata a soluzione finale per il consumatore-debitore. Per questi motivi infatti la normativa così strutturata viene considerata lacunosa:
– essa dovrebbe specificare chiaramente delle linee-guida in materia di consulenza al credito, in modo da consigliare al meglio il consumatore che intenda rivolgersi a una banca finanziatrice;
– dovrebbe evidenziare la necessità di una cooperazione del creditore col debitore in difficoltà nell’ambito di una chiara procedura disciplinata perlomeno da Codici di condotta;
– dovrebbe infine esplicitare una disciplina più specifica del procedimento di vendita dell’immobile ipotecato.
In definitiva abbiamo da una parte, una vecchia normativa che obbligando al ricorso ai tribunali, garantisce sì la tutela di un organo imparziale quale è un giudice, ma allunga le tempistiche anche a danno del debitore stesso, il quale corre il rischio non solo di vedere il proprio immobile fortemente svalutato, ma anche di trovarsi, al termine della contesa giudiziaria a dover pagare l’ultima parte del debito che il ricavato dall’immobile non è stato sufficiente a coprire, col risultato che lo sfortunato dovrà pagare un finanziamento per un bene che nemmeno possiede più.
Dall’altra parte invece abbiamo una nuova normativa che è volta ad armonizzare la materia a livello europeo, snellisce (almeno a livello teorico) tempistiche e procedure, ma che è tuttora imperfetta a causa di alcune importanti esplicitazioni che non trovano posto nell’attuale formulazione del decreto.
Per ulteriori valutazioni occorrerà attendere l’ormai prossima e finale adozione del decreto da parte del Governo, che si spera avvenga a brevissimo termine per evitare di incorrere in sanzioni per il mancato recepimento della direttiva europea, “sport” in cui risultiamo secondi, tra gli Stati membri, solo alla Grecia.
di Alberto Corsaro
http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/LSU/?uri=CELEX:32014L0017
http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX:32014L0017 Testo della MCD
https://www.bancaditalia.it/compiti/vigilanza/intermediari/TUB_febbraio_2016.pdf Testo TUB vigente.
http://www.senato.it/leg/17/BGT/Schede/docnonleg/31893.htm
http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/957208.pdf Atto del governo n.256 documentazione del Senato
http://www.borsaitaliana.it/notizie/sotto-la-lente/non-performing-loans137.htm
http://documenti.camera.it/Leg17/Dossier/pdf/FI0411.pdf Dossier Parlamentare sulla “Attuazione della direttiva 2014/17/UE in merito ai contratti di credito ai consumatori relativi a beni immobili residenziali”
http://it.ibtimes.com/banche-pignoramenti-e-mutui-cosa-prevede-il-decreto-1441293
http://www.eurocomunicazione.com/infrazioni-europee-italia-e-grecia-in-testa-per-procedure-aperte/
https://it.wikipedia.org/wiki/Mutuo#Inadempimento_del_mutuatario
http://www.altroconsumo.it/organizzazione/in-azione/richieste-alle-istituzioni