Il Contagio Emotivo attraverso i social network è il tema affrontato da una ricerca di Adam DI Kramer, Jamie E. Guillory, e Jeffrey T. Hancock, apparsa sul numero 24 del 17 giugno 2014, di Proc Natl Acad Sci USA.
Questo documento rappresenta un importante ricerca nel settore della scienze sociali e dovrà essere esaminato con attenzione e con vigilanza perché riguarda la privacy delle persone, in particolare di quelle che navigano ogni giorno sulla rete.
Le domande sollevate dal lavoro di Kramer riguardano i principi del consenso informato e in particolare la politica del trattamento dei dati che Facebook chiede di sottoscrivere ad ogni nuovo utente al momento della creazione del suo account. La Cornell University IRB (Institutional Review Board) ha dichiarato: “Questo esperimento è stato condotto dalla società Facebook, per suoi scopi interni e non rientra nel programma di ricerca della Cornell per la tutela e la protezione dell’individuo.”
Il Dipartimento di Politica della Salute e dei servizi alla persona, per la protezione degli individui sottoposti a ricerca scientifica (il Common Rule), si occupa anche di verificare che l’ottenimento del consenso informato dei partecipanti opt-out rispetti i migliori protocolli possibili. Il rispetto delle regole comuni non è però un obbligo per le società private, così Facebook non deve per forza conformarsi alle regole vigenti per la raccolta dei dati immessi da ogni singolo utente Facebook ne a quelle del diritto d’autore che scaturisce da tutti i contributi testuali e multimediali che gli stessi producono ogni giorno in quel social network.
L’esperimento massiccio condotto da Facebook sul Contagio Emotivo attraverso i social network, su un campione di 689.000 individui completamente inconsapevoli, voleva verificare come gli stati emotivi possono essere trasferiti ad altri, inducendo più persone a vivere le stesse emozioni senza che ne siano consapevoli e senza che vi sia stata interazione diretta tra le stesse, in completa assenza di segnali non verbali, ma semplicemente esprimendo ad un amico un’emozione.
I dati raccolti, in un esperimento precedente di laboratorio, nel 2008, da Fowler JH e Christakis NA, suggeriscono che gli stati d’animo più persistenti, come per esempio depressione e felicità, possono essere trasferiti attraverso le reti. Nell’esperimento condotto da Facebook, si è testato se il contagio emotivo si verifica al di fuori delle dirette interazioni tra gli individui, riducendo il contenuto emotivo al solo News Feed. Quando le espressioni positive diminuiscono, le persone producono più messaggi negativi e quando diminuiscono quelle negative, si verifica lo schema opposto. Questi risultati indicano che le emozioni espresse da utenti Facebook diversi influenzano le nostre emozioni, e questo dato costituisce di per sé la prova sperimentale che il contagio di massa può avvenire attraverso le reti sociali. Questo lavoro suggerisce anche che, contrariamente alle ipotesi prevalenti, il contagio emotivo non necessità ne di interazioni dirette tra le persone ne di scambio di segnali non verbali, e che l’osservazione delle esperienze positive degli altri costituisce un’esperienza positiva per le altre persone in rete.
Gli stati emotivi possono essere trasferiti ad altri tramite contagio emotivo, portandoli a vivere le stesse emozioni che vivono coloro che li circondano. Il Contagio emotivo era già stato dimostrato in altri esperimenti di laboratorio in cui si era dimostrato che le persone trasferiscono i propri stati d’animo e le proprie emozioni, positive e negative, agli altri. Allo stesso modo, anche i dati provenienti dal grande social network del mondo reale, suggeriscono che gli stati d’animo più persistenti come depressione e felicità possono essere trasferiti attraverso la rete.
Interagire con una persona felice è piacevole (e con una persona infelice, spiacevole). Come tale, il contagio può derivare dallo sperimentare un’interazione piuttosto che dall’esporsi alle emozioni di un amico. Gli studi precedenti hanno omesso di verificare se, per innescare il contagio, sono necessari segnali non verbali o se bastano solamente quelli verbali. La prova che gli stati d’animo in rete, positivi e negativi, siano correlati sembra ormai sodata, ma la questione se il contagio delle emozioni si verifichi anche su enormi reti sociali, in assenza di prove sperimentali, rimane ancora aperta. Inoltre, altri hanno suggerito che nelle reti sociali online, l’esposizione alla felicità degli altri può effettivamente causare anche un effetto deprimente, antisociale: “insieme, ma da soli”.
Per testare il contagio emotivo ci si è basati sui processi registrati in tre studi precedenti a quello di Facebook. E’ la prima volta che viene condotto uno studio su così vasta scala e che direttamente o indirettamente coinvolge una comunità trasversale, dislocata in tutto il mondo, di oltre 1, 25 mld di persone, tanti sono gli aderenti oggi a Facebook.
I risultati della ricerca di Kramer
Questa ricerca ha dimostrato che:
– il contagio avviene attraverso la comunicazione mediata dal computer attraverso il testo;
– il contagio psichico e fisico avviene sulla base dei dati di relazione rilevati sulle reti sociali in generale;
– le espressioni emotive delle persone su Facebook condizionano le espressioni emotive degli amici, anche a distanza di giorni.
Ad ogni modo non vi è alcuna evidenza sperimentale che, in assenza di interazione diretta fra sperimentatore e destinatario, le emozioni o gli stati d’animo siano contagiosi.
Su Facebook, la gente spesso esprime le proprie emozioni, che sono poi viste dai loro amici tramite il News Feed. Dal momento che però gli amici delle persone producono spesso molti più contenuti di quelli che una persona può vedere, il News Feed filtra i messaggi, le storie e le attività intraprese dagli amici. Il News Feed è il modo principale con cui la gente vede i contenuti che gli amici condividono.
L’esperimento condotto da Facebook ha lavorato proprio sul contenuto del News Feed che mostra o omette un contributo, pubblicato da un utente, in base ad un algoritmo di ranking (sviluppato da Facebook) che tiene conto dell’interesse mostrato dagli utenti verso di esso.
L’esperimento tiene conto di quante persone, su un campione di 689.003 individui esposti a espressioni emotive attraverso il loro News Feed, abbiano cambiato i propri comportamenti, da indifferenza a coinvolgimento. In particolare se l’esposizione a contenuti emotivi ha portato a pubblicare espressioni emotive verbali simili, dimostrando così una forma di contagio emotivo.
Le persone scelte per l’esperimenti erano utenti di Facebook in lingua inglese. Lo studio è stato condotto su due piani paralleli, da una parte si sono sperimentate le emozioni positive e dall’altra quelle negative. In pratica quando una persona caricava nel suo News Feed un messaggio a valenza emotiva ogni post aveva una probabilità compresa fra il 10 e il 90% (in base all’ID dell’utente) di essere rimosso dal suo News Feed. E ‘importante notare che in realtà il post era sempre visibile sulla bacheca dell’amico che l’aveva scritto o anche sulla timeline.
I messaggi, classificati come positivi o negativi in base alle parole presenti, venivano analizzati da un dizionario linguistico ad hoc, predisposto per l’inchiesta e utilizzato da un software “contatore di parole” che misurava in modo automatico lo stato di benessere di un individuo sulla base delle sue espressioni emotive.
Il sistema LIWC, già usato in passati esperimenti sul contagio emotivo, è stato adattato per funzionare su Hadoop Map, il sistema di filtraggio del News Feed, in modo che nessun testo fosse visibile ai ricercatori. In questo modo, non veniva violata la politica della privacy di utilizzo dei dati di Facebook, a cui tutti gli utenti aderiscono prima di poter ottenere un proprio account su Facebook,e che implicitamente hanno dato il consenso informato a questa ricerca.
Entrambi gli esperimenti erano vincolati a un sistema di controllo, che filtrava in proporzione simile i post nel News Feed, omettendoli in modo del tutto casuale (cioè, senza il rispetto di contenuto emotivo). Il sistema di filtraggio utilizzato è appunto un “contatore di parole” che separa le parole negative da quelle positive in misura del 22,4% per le prime del 46,8% per le seconde. Quindi, ad ogni persona-campione sono stati omessi il 10% dei messaggi positivi e negativi, vale a dire, il 4,68% dei primi e il 2,24% degli altri.
Gli esperimenti sono durati una settimana, dall’11 al 18 gennaio 2012.
I partecipanti sono stati selezionati in modo casuale in base al loro ID utente, per un totale di circa 155.000 partecipanti scelti tra quelli che avevano postato almeno un aggiornamento di stato durante la settimana dell’esperimento.
In totale, sono stati analizzati più di 3 milioni di messaggi, contenenti oltre 122 milioni di parole, 4 milioni delle quali erano positive (3,6%) e 1,8 milioni negative (1,6%).
Se attraverso le espressioni verbali su Facebook i nostri stati affettivi diventano contagiosi, le persone in condizione di positività-ridotta potrebbero diminuire la loro capacità di controllo sulle emozioni negative e viceversa.
Come effetto secondario, è stato testato il contagio cross-emozionale in cui le emozioni opposte sono inversamente influenzate: le persone in condizione di positività-ridotta dovrebbero esprimere maggiore negatività, mentre quelle in condizione di negatività-ridotta dovrebbe esprimere una maggiore positività. Le espressione emotive prese a modello sono quelle di una persona qualsiasi, così come la percentuale di parole, positive o negative, prodotte dalla stessa, nel periodo di sperimentazione.
Positività e negatività sono state valutate separatamente per dimostrare che esse non sono semplicemente le estremità opposte di una stessa scala di riferimento. Abbiamo esaminato questi dati confrontando ogni condizione di controllo su un’emozione. Dopo aver stabilito che i nostri gruppi sperimentali non differivano nell’espressione emotiva durante la settimana prima dell’esperimento, abbiamo esaminato il tasso complessivo di indifferenza tramite una regressione di Poisson, utilizzando la percentuale dei messaggi omessi in termine di regressione. Tralasciando il contenuto emotivo ridotto, la quantità di parole, sia negative sia positive, prodotta successivamente dalla persona, è stata ridotta. Questo effetto si è verificato sia omettendo le parole negative sia quelle positive.
L’interazione è stata osservata anche, dimostrando che l’effetto era più forte quando sono state omesse le parole positive.
Per dimostrare l’ipotesi del contagio emotivo, sono state condotte regressioni lineari ponderate, prevedendo la percentuale di parole, positive o negative, in base a un codice fittizio, ponderato per il rischio che tale persona avesse omesso un post emotivo dalla sua News Feed, su una determinata visione, e in modo tale che le persone che avevano omesso più contenuto avrebbero avuto maggior peso nella regressione.
Quando i messaggi positivi diminuiscono la percentuale di parole positive diminuisce dello 0,1% mentre la percentuale di parole negative aumenta dello 0,04%. Al contrario, quando diminuiscono i messaggi negativi, la percentuale di parole negative diminuisce dello 0,07% e la percentuale di parole che era positiva, al contrario, aumenta dello 0,06%.
Questi risultati suggeriscono che le emozioni espresse dagli amici, attraverso le reti sociali online, influenzano i nostri stati d’animo e costituiscono la prova evidente che attraverso i social network, o comunque attraverso la rete, il contagio emotivo avviene su vasta scala.
Se una persona condivide una buona notizia o una cattiva notizia (esprimendo così il suo stato emotivo), la risposta degli amici alla notizia (indipendente dallo stato emotivo di share) dovrebbe essere più forte quando la notizia cattiva è valida (come si usa dire “Che se sanguina, trascina!”). Al contrario, una risposta alle espressioni emotive di un amico (piuttosto che a delle notizie) dovrebbe essere proporzionale all’esposizione.
Abbiamo anche osservato un effetto di contrazione dell’impegno sociale online in alcuni giorni piuttosto che in altri e questo sempre in relazione alle emozioni degli amici.
Anche se questi dati forniscono le prime evidenze sperimentali a sostegno che le emozioni possono diffondersi attraverso una rete, le dimensioni degli effetti delle manipolazioni sono piccoli, nell’ordine dello 0,001), ma su una scala così vasta come quella di Facebook, anche piccoli effetti possono generare grandi fenomeni di aggregazione. Per esempio, l’interazione tra emozioni e benessere fisico può incidere sulla salute pubblica con centinaia di migliaia di espressioni emotive al giorno.
Ma Facebook, nel 2010, queste cose già le aveva intuite nella pratica, quando ricordava agli elettori statunitensi di andare a votare, accompagnando l’invito con le faccine degli amici che dichiaravano di averlo già fatto e convinceva in questo modo 340mila persone ad andare a votare, modificando il comportamento politico di decine di migliaia di persone che diversamente non si sarebbero recate alle urne! Per un politico questo dato diventa un invito a nozze e apre prospettive immense di espansione del proprio pensiero, ma anche del proprio potere.
Come dice lo stesso autore dello studio, Adam Kramer, a torto o a ragione, “i dati raccolti da Facebook costituiscono il più grande campione nella storia del mondo”. Al di là delle polemiche, se sia stato o meno eticamente giusto che Facebook si sia permesso di manipolare le emozioni di centinaia di migliaia di persone, resta il dato reale del risultato della ricerca: la manipolazione di massa è possibile e attraverso di essa, chi vuol sbirciare all’orizzonte, troverà molti scenari futuribili, che impongono a tutti gli utenti della rete un maggior senso di responsabilità e di vigilanza, ma anche una maggior consapevolezza nel sapere di poter dare un proprio contributo alle necessità del bene comune “mondo”.
L’importante, però, è che venga sempre difeso, da leggi uguali per tutta la rete, il diritto a ricevere informazioni non alterate, anche e soprattutto negli ambiti social, Facebook in primis.
Buona navigazione a tutti.
di Adriana Paolini
Linkografia:
– http://laboratorium.net/archive/2014/06/30/the_facebook_emotional_manipulation_study_source