Il comandante Chavez è morto
Io quì , giù a pedalare
su e giù per tutti i viali
ieri il comandante Chavez è morto
e stamattina non ho mangiato
come sempre
nulla
niente.
Pranzo rimandato
e rimandata anche l’ispirazione
e la musa persa di vista
mi lascia un post it con scritto sopra sei un’opportunista
i pensieri scappano
via dalla nuvola
io rimango muto dentro la vignetta
muto dentro al vuoto di una scatola non protetta.
Mi metto a piangere
e a pregare
ma non riesco a farlo
mai una volta
troppo cinico
troppo incerto troppo incredulo;
se chi dice di pregare è lo stesso ch’è interessato a non farlo
se la Grande macchina ci insegna le cose opposte
tutt’ora iniettateci e trasmesse dal tuo televisore dentro al fosso.
Bha,
troppo lunghe le scale del dubbio
così scalzi noi nel lungomare buio
io quì, giù a pedalare
l’importante è stare in sella e non cadere
su e giù per i viali il sole sbiascica sudore sopra le caviglie
ed è così bella la primavera
e così belli i sorrisi dei suoi fiori
il sapore cala dai suoi occhi sensuali
con zampilli paradisiaci
sulle mie meccaniche fantasie appannate
e io fesso a scorrazzare e perder soldi
che vorrei avere se mi pubblicassero
se avessi un mondo che si dipinge ai miei piedi e adesso fossi a scriverti un’autografo,
se non fossi così illuso
se non fossi così disperato
da potermi dimenticare che la musa
se ne annega in un cesso dimenticato.
Il sole spacca l’asfalto
la bicicletta scarretta
i ciottoli mormorano
recitando un blues che risveglia un’anima spersa
e nel tracatrac asfaltato
lo scampanio spezza la città
sulle sei di pomeriggio
che nel mentre trabocca il suo ronzio eterno
mentre io aspetto che una stella mi faccia un cenno
riconoscendo solo e soltanto una cosa a me stesso
e che in piena sincerità senza questa poesia
niente per me
avrebbe davvero più un senso.
di Nicolò Gugliuzza