L’Ice Cube Lab è un osservatorio per neutrini, costruito al Polo Sud tra il 2004 e il 2010 grazie alla collaborazione internazionale di diversi Paesi.
Il suo obiettivo principale è di rilevare la presenza di neutrini, in particolare quelli caratterizzati da alte energie, i quali possono aiutarci a capire da dove provengono i raggi cosmici e comprendere meglio le esplosioni di raggi gamma e le supernove, l’identità della materia oscura. Uno progetto che ha il potenziale di cambiare il modo stesso d’intendere l’Universo.
Soffermiamoci quindi un attimo sull’oggetto di questa meticolosa ricerca : i neutrini.
Neutrini
I neutrini sono particelle senza una massa significativa e prive di carica. Il loro grande vantaggio è di poter viaggiare indisturbate, sostanzialmente alla velocità della luce, dal punto di produzione fino a quello di rilevamento; sono quindi messaggeri ideali attraverso i quali è possibile studiare fenomeni molto distanti nello spazio e nel tempo.
Infatti, per quel che si sa, la maggior parte dei neutrini vaganti nello spazio ha avuto origine subito dopo il Big Bang, circa 15 miliardi di anni fa. Altri neutrini sono stati prodotti poi durante l’espansione dell’Universo e vengono generati tuttora attraverso la nascita e la morte delle stelle, le supernove e i buchi neri, l’esplosione delle bombe atomiche e le interazione atmosferiche.
Ed è proprio questa flebile interazione con la materia che rende i neutrini particelle uniche agli occhi dei ricercatori.
A differenza dei protoni (che hanno una propria carica positiva e sono sensibili alla presenza di un campo magnetico) e dei neutroni (particelle con massa molto più grande e quindi suscettibili alle perturbazioni gravitazionali), i neutrini viaggiano attraverso l’Universo senza interferenze: non sono deflesse dai campi magnetici e non subiscono l’influenza della forza di gravità, perché hanno una massa praticamente trascurabile.
Tuttavia, proprio a causa di queste peculiarità e della loro “imperturbabilità”, è estremamente difficile rilevarne la presenza. Per fare ciò bisogna usare impianti di ricerca dalle dimensioni importanti, in modo da raccogliere un campione considerevole di particelle da esaminare.
Com’è fatto l’Ice Cube Lab
Il laboratorio polare è costituito da un rilevatore, formato da 86 barre verticali attraverso le quali vengono fatti immersi nei ghiacci antartici 5160 moduli ottici (DOMs), a una profondità variabile tra 1450 e 2450 metri al di sotto della superficie.
Per immergere i DOMs all’interno del ghiaccio, viene usata una speciale trivella ad acqua calda. Il fluido, ad alte pressione e temperatura, scioglie il ghiaccio e penetra in profondità.
Una volta scavato il buco, i moduli ottici vengono accuratamente calati all’interno. In ogni buco vengono inseriti 60 DOMs, per un totale di 86 buchi.
Rilevamento dei neutrini
Quando un ipotetico neutrino passa all’interno del rilevatore, se l’interazione avviene con particella neutra, esso trasferisce parte della propria energia e del proprio momento alla particella “target”. Quando invece l’interazione avviene con una particella carica, il neutrino si trasforma nella particella associata (leptone), a seconda dell’energia disponibile (in ordine crescente: elettrone, muove, tau). Per esempio i neutrini solari hanno energia sufficiente per trasformarsi in elettroni.
Quindi, un rilevatore in grado di distinguere i vari leptoni, può identificare la variazione subita dal neutrino incidente. In questo senso, per osservare il neutrino Ice Cube si affida agli oltre cinquemila moduli ottici dislocati a centinaia di metri di profondità, così da sfruttare le principali caratteristiche del luogo in cui essi sono immersi: i ghiacci dell’Antartide, ambiente fondamentale per ottenere i risultati desiderati.
Infatti, al fine di poter osservare le variazioni indotte dal passaggio e dalla collisione di un neutrino con altri atomi c’è bisogno di una gran quantità di materiale pulito: il ghiaccio, a oltre mille metri di profondità, non presenta aria o impurità al suo interno, grazie alle pressioni elevate.
Inoltre c’è bisogno di buio, perché la perturbazione dovuta al passaggio di un neutrino genera delle particelle che rilasciano una luce, più o meno intensa a seconda dell’energia della collisione, che viene rilevata dai moduli ottici.
In base alla luce prodotta è possibile intuire la direzione, l’energia posseduta dal neutrino (partendo dal tipo di leptone rilevato a seguito dell’urto) e quindi l’origine stessa della particella incidente.
Nuove frontiere
Negli ultimi anni, progetti come Ice Cube hanno proiettato il mondo della ricerca scientifica verso confini lontanissimi, sia nello spazio che nel tempo, verso frontiere che faticosamente si cerca di investigare e di comprendere, per assottigliare sempre più la linea dell’orizzonte che separa le conoscenze che abbiamo già da ciò che ancora non sappiamo. Ma questi sforzi non devono sembrarci sconnessi o futili, anzi, come ci ricorda Massimo Pietroni, ricercatore dell’INFN (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare), “la progettazione di esperimenti per esplorare i confini dello spazio e del tempo non procede alla cieca, ma è guidata da una sorta di “mappa delle conoscenze”, che fornisce punti di riferimento stabili e al tempo stesso indica le direzioni più promettenti. Questa mappa, oggi, è data dall’unione tra […] il Modello Standard delle Particelle Elementari e il Modello Cosmologico Standard.” Affidandoci a questa preziosa “mappa” possiamo dirigerci verso nuove frontiere, dove trovare altri tasselli del mosaico che compone l’evoluzione del nostro Universo.
di Michele Mione
Linkografia:
Sito ufficiale di Ice Cube Project, dove trovare informazioni sulla sua realizzazione, le ricerche, i principali finanziatori e le possibilità di lavoro.
Sito di Asimmetrie, rivista ufficiale dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), con riferimento all’articolo del ricercatore Massimo Pietroni: “Ai confini della realtà. Fisici all’esplorazione degli estremi”, anno 8, numero 15.