Noi siamo dei pellegrini, la nostra unità è un lungo cammino, un viaggio dalla terra al cielo.
(Vincent Van Gogh: dalla “Lettera al fratello Teo”)
Il Pellegrino nella storia
La figura del pellegrino è sempre stata richiamo di fascino e suggestione, di viaggio e sacrificio, protagonista di un cammino che permette di raggiungere una forma più elevata di essenza morale e spirituale.
Il primo significato di peregrinus è: lo straniero, l’esule. Originariamente, negli anni che succedono la morte di Cristo, il pellegrino non era chi si recava a Roma o a Gerusalemme, ma in primo luogo“colui che cammina fuori da casa propria”. A quel tempo, i girovaghi non erano ben accettati, ed erano etichettati come vagabondi e approfittatori. All’epoca, inoltre, tale stile di vita errante veniva condannato. San Benedetto, in particolare, profetizzava la stabilità monastica e vedeva la condizione di pellegrino solo come metafora di viaggio e sacrificio per arrivare a conoscere la propria spiritualità interiore.
Le cose, tuttavia, cambiarono con il tempo. Una svolta importante fu sancita con l’emanazione dell’editto di Costantino, nel 313 d.c.. Esso favoriva una libertà di culto allora sconosciuta, e diede il via alle peregrinazioni che perdurano incessanti fino ai giorni nostri.
A quel tempo, e poi almeno fino all’inizio del secondo millennio, il pellegrinaggio era un fenomeno prettamente individuale, e, oltre a essere intrapreso per ragioni devozionali, poteva anche essere imposto o prescritto come penitenza per reati di una certa gravità. Esso era originariamente una forma di dura condanna verso una colpa molto grave, nella quale incorrevano soprattutto gli ecclesiastici (non essendo sottomessi al diritto dei laici). Il reo era condannato a vagabondare per terre sconosciute e pericolose, vivendo nella povertà grazie solo alle elemosine, impossibilitato a stabilizzarsi altrove, lavorare e rifarsi una vita. Ciò ricalca metaforicamente l’espiazione di Caino dopo l’omicidio di Abele.
I peccatori erano obbligati a indossare ben visibili i segni delle loro colpe: giravano, infatti, nudi, scalzi e con ferri che ne cingevano i polsi e le gambe. Non a caso in vari testi agiografici altomedievali ci sono passi in cui le catene si spezzano improvvisamente quale metafora che rappresentava la conclusione della pena decisa da Dio.
Altra ragione che storicamente spinse il pellegrino a intraprendere il cammino, fu quella di rendere lode a Dio per una grazia particolare ricevuta, un beneficio offerto, un dono concesso, una salute ristabilita. Così Cartesio, per aver ricevuto l’illuminazione del suo metodo, compì un pellegrinaggio fino a Notre-Dame-de-Lorette. Tale tipo di pellegrinaggio è definito devozionale.
Oppure s’intraprendeva il cammino per chiedere. Se si ha un figlio, un amico o un parente malato, si parte per chiedere l’intercessione di un santo recandosi sulla sua tomba, come se bisognasse rivolgere in modo più diretto la propria preghiera. Perché ciò abbia effetto, tuttavia, si presuppone che si cammini molto, al fine di accostarsi al luogo, purificati dalle pene e dallo sforzo compiuto.
Il pellegrino, per tutto il corso della storia, fino ai giorni nostri, costituì un personaggio concreto, distinto, differenziato. Si entrava ritualmente e ufficialmente nella condizione di pellegrino in occasione di una messa solenne nella quale il vescovo benediceva gli attributi tradizionali del camminatore: il bordone (lungo bastone con punta metallica, utilizzato sia per camminare sia per difesa personale), una bisaccia per contenere il pane quotidiano e i documenti essenziali. Questa sacca doveva essere piccola (perché è nella fede in Dio che si attinge l’essenziale delle proprie risorse), in pelle d’animale (per ricordare la mortificazione) e sempre aperta perché il pellegrino è pronto a donare, condividere, scambiare. Il pellegrino si riconosce anche dal cappello a falda larga, la tunica corta e la cappa coprente.
Storia dei pellegrinaggi europei
Le mete principali dei pellegrinaggi Cristiani europei sono essenzialmente quelle che dirigono verso Gerusalemme, Roma, e Santiago di Compostela.
Naturalmente, Gerusalemme e la Terra Santa diventarono la prima meta per un pellegrinaggio religioso, laddove Gesù è nato e ha professato la sua parola. Ai tempi, si partiva per conoscere i luoghi dove il Messia ha vissuto, pregato, e dove è morto. Si volevano ripercorrere le tappe e i luoghi della sofferenza di Cristo e si cercavano segni della sua esistenza: la Croce, i chiodi, la Sua tunica o la Scala Santa, quella salita da Gesù per raggiungere l’aula dove avrebbe subìto l’interrogatorio di Ponzio Pilato prima della crocifissione.
Con l’espansione del culto cristiano, crebbe anche la devozione nei confronti dei due apostoli principali, Pietro e Paolo, martirizzati a Roma e ritenuti i pionieri della nascita della chiesa. Roma diventò così la città benedetta, cuore ed emblema della chiesa da poco istituita, e acquisì un’importanza sempre maggiore nei confronti di Gerusalemme, anche in virtù della conquista della Terra Santa da parte degli arabi nel 638 che resero più complicati e pericolosi i pellegrinaggi verso il Medio Oriente.
Roma si affermò dunque come il centro della cristianità nel mondo e la devozione verso Pietro, il primo papa, è alla base della nascita di uno dei cammini cristiani più antichi che esistano: la Via Francigena. Così è conosciuto il percorso tracciato dall’arcivescovo Sigerico, che nel 990 partì da Canterbury in direzione di Roma.
Il nome risale alla dominazione carolingia, e il tracciato percorso da Sigerico, che poi è anche quello attuale, fu primariamente stato segnato intorno alla metà del 500 dai longobardi, che per scavalcare i bizantini e unire il regno di Pavia con i ducati meridionali, scelsero un itinerario allora considerato minore. Esso, partendo da Brennero, superava il Veneto e la Romagna, valicava l’Appennino e attraversava la Toscana per poi dirigersi verso Roma. Questo è anche uno degli itinerari, oggi, percorso dai pellegrini.
Ai pellegrinaggi verso Roma e la Terrasanta, nel corso dell’XI secolo la potente abbazia di Cluny si fece promotrice di un’altra destinazione, la città galiziana di Santiago di Compostela.
Santiago è l’espressione spagnola per indicare San Giacomo, uno dei dodici Apostoli. Decapitato nel 44 d.C., fu il primo degli Apostoli a subire il martirio. Secondo la leggenda, il suo cadavere fu posto in una nave che, senza timone e senza vele, lo portò miracolosamente in Galizia, dove venne sepolto. Si narra poi che un giorno, un eremita di nome Pelagio, vide in sogno degli angeli che gli indicarono l’ubicazione precisa della tomba, mentre nello stesso periodo, ogni notte, il cielo indicava la giusta direzione con una pista di stelle (da qui il nome Compostela). Sulla sepoltura riscoperta si costruirà prima un santuario, poi una chiesa e, infine, un’imponente cattedrale. E la visita al santo diventerà uno dei pellegrinaggi più importanti d’Europa, guadagnando presto il suo posto accanto a Roma e Gerusalemme.
Santiago de Compostela, oltre che essere la (presunta) sede del corpo del martire, aveva il vantaggio di unire il flusso dei pellegrini e dei fedeli al processo di Reconquista della Spagna, in quel momento dominata dai musulmani.
Nel 713, infatti, i Mori conquistarono la Spagna e la scoperta dei resti del Santo diede la spinta ideologica e psicologica necessaria alla Reconquista, la campagna di liberazione della penisola Iberica dall’Islam. Con il crescere del culto, quindi, l’Apostolo Giacomo non fu visto soltanto come il Santo protettore della Spagna, ma anche come il difensore della cristianità contro la minaccia degli infedeli.
Per spiegare l’indiscutibile successo della destinazione di Santiago, sbocciata tardivamente rispetto ai cammini tradizionali, ci sono anche ragioni di comodità. Certo, si trattava di uno dei Santi più venerati, ma certamente la sua tomba era di più facile accesso rispetto agli altri cammini. Nonostante la distanza da percorrere per giungervi fosse più o meno la stessa, i colli e le regioni da attraversare erano molto più agevoli e percorribili.
Ci sono tuttavia altre ragioni, più misteriose e potenti, che spiegano la notorietà del pellegrinaggio a Compostela: lo splendore stesso della strada e del racconto. Le città di Roma e Gerusalemme hanno in sé una tale potenza mistica, che chi vi arriva quasi dimentica la singolarità delle tappe che vi conducono. Tanto più che, giunti sul posto, s’imbocca una nuova via, quella interna alla città, che conduce a una molteplicità di luoghi sacri. Per esempio, nella capitale italiana, si va dalla basilica di San Pietro a quella di San Giovanni in Laterano; da Santa Maria Maggiore a San Lorenzo fuori le Mura. In Terra Santa, invece, i pellegrini ripercorrono le tappe della passione: la via Crucis, il Monte degli Ulivi, l’orto dei Getsemani e la collina del Sion. Con due ore di cammino, si può arrivare anche a Betlemme. A Roma come a Gerusalemme, il pellegrinaggio inizia soltanto una volta arrivati.
A Santiago, invece, c’è una sola cattedrale, che brilla di uno splendore unico e magico. La sipuò vedere fin da Montjoie, e fa piangere di gioia il pellegrino stremato, che si toglie le scarpe per arrivare nella maniera più umile possibile. Arrivare a Santiago significa davvero giungere al termine. Ed è anche questa collocazione geografica che ha contribuito a rendere quella della Galizia una meta importante. La grandezze mistica di Santiago deriva dunque dalla sacralizzazione che si seppe fare tanto della strada quanto del santuario.
“Bisognava finire camminando. La necessità di chiudere camminando racchiude numerose lezioni. Umiltà: colui che cammina è povero fra i poveri. Il povero, come unica ricchezza, non ha che il proprio corpo. Il camminatore è figlio della terra. Ogni passo è un’ammissione di gravità, attesta l’affetto e martella la terra come se questa fosse una tomba definitiva, promessa. Ma c’è anche il fatto che camminare è faticoso, esige uno sforzo ripetuto. Ci si accosta in modo giusto a un luogo sacro soltanto dopo essere stati purificati dalla sofferenza. E camminare comporta una pena infinitamente reiterata.”
Il Pellegrino, il pellegrinaggio e il cammino:
nient’altro che me verso me stesso
(Farid Addin Attar, sufi persiano del XII secolo)
Percorsi
Tuttavia, sarebbe riduttivo considerare i sentieri come a sé stanti e separati l’uno dall’altro. Tantissimi s’intrecciano, molti pellegrini nel corso della storia hanno inventato nuovi tragitti che collegano i vari sentieri, creando una rete unica europea con la quale si può andare da un capo all’altro. Oggigiorno si potrebbe tranquillamente partire da Gerusalemme, passare da Roma e arrivare poia Santiago de Compostela.
Per esempio, intorno al dodicesimo secolo, l’abate islandese Nikulás da Munkaþverá attraversò l’intera Europa per arrivare a Roma e proseguire poi verso Gerusalemme. Il suo racconto di viaggio è il Leiðarvísir, che significa appunto itinerario. Il percorso attraversa prima i paesi del nord: Danimarca, Norvegia e Germania, con sconfinamento nei Paesi Bassi.
Il cammino di Nikulás è ricco e avventuroso, e passa anche per città come Strasburgo in Francia e Basilea in Svizzera. In Italia prosegue molto più a sud di Roma, procedendo in Campania e arrivando in Puglia: il porto di Brindisi era la sua tappa finale per imbarcarsi verso la Grecia e la Turchia, per arrivare poi a Gerusalemme.
Il pellegrinaggio “moderno”
Oggigiorno il pellegrinaggio, definito come una forma di turismo religioso, muove ancora i popoli, con una cifra stimata di 300 milioni di persone l’anno! Purtroppo, non implica più quella forte valenza mistica che ha assunto nel corso dei secoli, e l’orgoglio di camminare verso luoghi sacri professando la propria religione. Oggi, raramente si sceglie il cavallo come “mezzo di trasporto”, o si rinuncia a tutti quei confort di cui una volta era indispensabile separarsi, come metafora di distacco dalla “vita precedente”.
Tuttavia, intraprendere un cammino di questo tipo, racchiude ancora un fascino indescrivibile, esaltato dalla fusione del pellegrino con il paesaggio circostante e dal suo rapporto genuino con gli elementi che incontra, spesso rimasti inalterati nel corso dei secoli.
È senz’altro una forma iper-sostenibile di turismo, che poco impatta sull’ambiente e sulle terre calpestate. Esistono ancora alloggi e ostelli in cui i pellegrini possono soggiornare a prezzi irrisori, luoghi pervasi da quello spirito di solidarietà e fratellanza che è andato perdendosi in molte altre zone turistiche.
La via Francigena, per esempio, riscosse un importante successo con l’ultimo Giubileo, registrando tantissime presenze lungo il percorso che porta a Roma.
Con un pellegrinaggio, oggi, si cerca semplicemente un’esperienza un po’ fuori dal comune, per riscoprire e vivere alcuni valori che la vita moderna sta ormai trascurando, quali l’essenzialità, l’ospitalità, la forza del silenzio, il contatto con la natura, il ritrovare se stessi, il dialogare con un compagno in cammino o con uno sconosciuto incontrato per caso.
Non resta dunque che armarci di un po’ di coraggio, preparare un grande zaino e metterci in cammino!
Le vie del Signore sono infinite.
di Andrea Cecchi
Bibliografia:
Frederic Gròs – Andare a piedi. Filosofia del Camminare
Paulo Coelho – Il cammino di Santiago
Linkografia:
http://it.wikipedia.org/wiki/Pellegrinaggio_cristiano
http://www.viefrancigene.org/it/Itinerario/Storia/
http://travel.fanpage.it/pellegrinaggi-in-europa-itinerari-religiosi/
luglio 18th, 2014 at 12:01
Ritrovare se stessi, la prima vera risorsa per costruire la propria vita e darle un senso. Un gran bel lavoro. Grazie Andrea.
luglio 18th, 2014 at 14:20
“Lo straordinario risiede del Cammino delle persone comuni”.
Con i tuoi articoli giriamo il mondo e viaggiamo nel tempo.
Grazie.
settembre 1st, 2014 at 20:19
Ho fatto il cammino di Santiago tanti anni fa, ma è stato quello che mi è rimasto più nel cuore. avrei voluto essere un po più grande per poterlo apprezzare a pieno. Un’esperienza unica!