Traendo ispirazione dall’evoluzione, alcuni ricercatori sostenuti dall’UE, hanno adottato un nuovo approccio basato su algoritmi evolutivi per aiutare i programmi informatici a cercare soluzioni ai problemi.
In che modo imparano gli esseri umani? Mentre viviamo la nostra vita quotidiana, acquisiamo nuove conoscenze e competenze, perfezioniamo le competenze che già possediamo e creiamo nuovi ricordi basati sulle nostre esperienze.
Secondo gli scienziati, questa straordinaria capacità di adattamento è possibile grazie alla plasticità sinaptica del cervello che permette il cambiamento delle connessioni tra neuroni, o sinapsi. Ciò costituisce la differenza fondamentale tra esseri umani e computer odierni che sono soltanto in grado di svolgere azioni pre-programmate.
Un gruppo di ricercatori sostenuti dai progetti Human Brain Project (HBP, HBP SGA1, HBP SGA2 e HBP SGA3) e ICEI, finanziati dall’UE, si è occupato del problema dell’apprendimento automatico avvalendosi di un nuovo approccio basato sui cosiddetti algoritmi evolutivi.
L’approccio di nuova concezione è noto come l’approccio evolversi per apprendere. Tramite questo approccio, i programmi informatici cercano soluzioni a problemi simulando il processo dell’evoluzione biologica, quali il concetto di sopravvivenza degli esemplari più adatti.
Nell’ambito di questi algoritmi evolutivi, l’adattività di una soluzione è stabilita da quanto bene risolve il problema.
Gli scenari di apprendimento
https://www.youtube.com/watch?v=WKNbwCuJGWQ
https://www.youtube.com/watch?v=cX_SpBrJd8s
I ricercatori hanno presentato gli algoritmi evolutivi con tre scenari di apprendimento tipici.
Nel primo scenario, il computer doveva individuare uno schema ripetitivo in un flusso continuo di informazioni senza ottenere alcun riscontro sulle proprie prestazioni.
Il secondo scenario verteva sull’apprendimento per rinforzo, per cui il computer riceveva premi virtuali ogni volta che si comportava nella maniera desiderata.
Infine, nel terzo scenario, denominato apprendimento supervisionato, al computer veniva comunicato con esattezza quante delle sue azioni deviavano dal comportamento desiderato.
In tutti questi scenari, gli algoritmi evolutivi sono stati in grado di scoprire meccanismi di plasticità sinaptica e, quindi, di eseguire con successo un nuovo compito.
Risolvere i compiti ha richiesto un bel po’ di creatività. Ad esempio, l’algoritmo ha riscontrato un nuovo modello di plasticità in cui i segnali definiti sono stati combinati per creare un nuovo segnale. In effetti è stato constatato che le reti che impiegano questo nuovo segnale apprendono più velocemente rispetto alle precedenti regole conosciute, come riferisce il co-autore principale, il dott. Maximilian Schmidt del centro RIKEN per la scienza del cervello, con sede in Giappone.
L’utilizzo degli algoritmi evolutivi per analizzare in che modo imparano i computer fornirà agli scienziati informazioni preziose sulla modalità di funzionamento del cervello e potrebbe gettare le fondamenta per lo sviluppo di computer che riescono ad adattarsi meglio alle esigenze degli utenti.
L’approccio evolversi per apprendere sembra acquisire informazioni approfondite sui principi di apprendimento biologico e accelerare i progressi verso la realizzazione di macchine potenti di apprendimento artificiale, afferma l’autore senior, il dott. Mihai Petrovici.
L’obiettivo di HBP (The Human Brain Project) e delle sue tre fasi successive, HBP SGA1 (Human Brain Project Specific Grant Agreement 1), HBP SGA2 (Human Brain Project Specific Grant Agreement 2) e HBP SGA3 (Human Brain Project Specific Grant Agreement 3), consiste nell’aiutare i ricercatori a fare progredire le proprie conoscenze nell’ambito delle neuroscienze, dell’informatica e della medicina correlata al cervello.
Il progetto ICEI (Interactive Computing E-Infrastructure for the Human Brain Project) ha riunito cinque dei centri di supercalcolo più importanti d’Europa per la configurazione di un sistema appositamente adattato alla ricerca neuroscientifica.
A cura della Redazione
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