Un recente articolo pubblicato nella rivista eLife illustra una nuova specie ominide che viveva tra 230.000 e 330.000 anni fa in Sudafrica, quella dell’Homo Naledi.
Il 9 maggio 2017, la rivista eLife ha pubblicato i risultati di un lavoro di datazione multidisciplinare rivelando per la prima volta che in Sudafrica, 230.000 – 330.000 anni fa, viveva l’Homo Naledi.
Grazie alla combinazione di una vasta gamma di metodi quali Luminescenza, Paleomagnetismo, Electronic Spin Resonance (ESR) e Uranium-Thorium Series, questo studio consente per la prima volta di ottenere una datazione affidabile per questa nuova specie, scoperta e pubblicata dal paleoantropologo Lee R. Berger e dal suo team nel 2015. Questo nuovo studio scientifico condotto dal Prof. Paul Dirks dell’Università di James Cook ha coinvolto molti ricercatori provenienti da diverse istituzioni in Australia, USA, Sudafrica e Spagna, tra cui il Centro Nacional de Investigazione sobre la Evolución Humana (CENIEH) a Burgos.
Dall’annuncio della sua scoperta, nel settembre 2015, sono state formulate diverse ipotesi sull’età dell’Homo Naledi, basate principalmente sulla morfologia dei resti fossili. Una delle ipotesi propone una datazione di 2 milioni di anni fà. Tuttavia, la nuova datazione ne indica una molto più recente.
Il punto centrale del lavoro è proprio la datazione di alcuni denti umani rilevata con il metodo dell’ESR, perché è uno dei pochissimi, se non l’unico, metodo che può essere utilizzato per fossili più vecchi di 50.000 anni, il tempo massimo coperto dal metodo di datazione al carbonio.
Parte di questo lavoro di datazione è stata condotta dal dottor Mathieu Duval, ex membro di CENIEH e ora presso l’Università di Griffith (Brisbane, Australia), nell’ambito del progetto europeo di ricerca Marie Curie IOF HR_ESR (ID progetto: 626474) e in Collaborazione con il Prof. Rainer Grün, membro del Centro Ricerche Australiane per l’Evoluzione dell’uomo (ARCHE) dell’Università di Griffith.
Per ottenere un’età affidabile senza distruggere i denti umani rinvenuti, gli autori hanno dovuto utilizzare una procedura di analisi speciale che consiste nel misurare frammenti smaltati con il metodo ESR in combinazione con un Laser U-ICP-MS ad alta risoluzione.
I dati ottenuti permettono di individuare l’Homo Naledi in una posizione cronologica molto più recente di quanto inizialmente ci si aspettasse nell’albero evolutivo umano, mentre sembra essere una specie primitiva all’interno del genere Homo (nonostante condivida caratteristiche degli esseri preistorici e moderni). L’epoca è quella del tardo Medio Pleistocene, questo nuovo studio di datazione dimostra che l’Homo Naledi ha vissuto nello stesso periodo e nello stesso luogo degli umani moderni. Questi nuovi risultati combinati con quelli recentemente ottenuti per i “Hobbit” di Flores o i “Denisovans” in Russia, dimostrano che la linea di origine umana è molto più complessa di quanto si pensasse solo pochi anni fa.
Linkografia
https://elifesciences.org/content/6/e24231
http://www.lescienze.it/news/2016/09/26/news/denti_homo_sapiens_hobbit_isola_flores-3247985/