Come garantire la sicurezza dei diritti e la giustizia per ogni cittadino, quando viene meno il rispetto della Costituzione, scritta dai padri costituendi affinché davanti alla legge fossimo tutti uguali?
Nel merito del processo breve abbiamo rivolto alcune domande a Giuliano Pisapia, che a difesa della giustizia ha rivestito importanti ruoli tra i quali, Presidente della Commissione Giustizia della Camera dei Deputati, Presidente della Commisione del Ministero della Giustizia per la riforma del Codice Penale e Coordinatore del Programma Giustizia dell’Unione Europea.
Cosa ne pensa del Processo Breve e ritiene che il Referendum possa costituire ancora un strumento popolare di eventuale dissenso?
“Premesso che tutti vorremmo concludere i processi di primo grado in 2 anni e in 6 ottenere una sentenza definitiva, qui non si tratta di processo breve bensì di prescrizione breve tesa ad impedire le sentenze per alcuni specifici processi al Presidente del Consiglio, e la prescrizione di numerosi reati anche gravi. Da un punto di vista costituzionale, poi, è illegittima perché discrimina tra reato e reato e dà diritto, a un preteso processo breve, solo ad alcuni e non ad altri.
Altra anomalia è il vincolo di svolgimento di un processo entro 2 anni, quando tutti sanno che i tempi sono molto più lunghi: si deve fissare l’udienza preliminare e quindi celebrarla e poi segue il dibattimento di primo grado, che ha tempi sempre più lunghi di quello d’appello e cassazione, in quanto in quello di primo grado si sentono i testimoni e i consulenti tecnici. In appello invece vi sono solo, salvo casi eccezionali, le discussioni delle parti, la relazione del giudice e poi la sentenza. In cassazione infine si discute solo di diritto. Come quindi standardizzare 2 anni per fasi processuali così diverse. Uno snellimento dei tempi è auspicabile, ma se scaturire da un nuovo Codice Penale e profonde modifiche del Codice di Procedura Penale. Se questa legge passerà molti si solleveranno per la sua incostituzionalità e alla fine, qualora fosse promulgata dal Presidente della Repubblica, la Corte Costituzionale dovrà pronunciarsi perché è lei ad avere il potere-dovere di decidere se una legge è conforme alla Costituzione. Diversamente rimane il Referendum Popolare dà l’ultima parola ai cittadini, che devono dare il loro consenso di maggioranza, indipendentemente dal voto parlamentare. Ma questo non potrebbe essere celebrato prima di 2 anni dall’approvazione della legge e quindi a disastri avvenuti.”
E come finirebbero i processi Parmalat, Cirio e Thyssen?
“Andrebbero in prescrizione a nuovo danno delle vittime dei reati.”
Si può parlare di uno Stato dentro lo Stato che abusa del potere perché non trova un limite, una chiara e forte opposizione, e quali garanzie di democrazia può dare un governo dalle cui maglie si affaccia il sospetto di mafia, corruzione e interessi privati?
“Innanzi tutto occorre distinguere tra sospetti, indizi e prove. Altro discorso è il fatto che una maggioranza parlamentare si è trasformata in una dittatura della maggioranza, un abuso di potere in tutti i campi. Prima di tutto nelle continue limitazioni delle prerogative parlamentari. Basti pensare che in quest’ultima legislatura del governo Berlusconi la maggior parte delle leggi approvate sono conversioni di decreti legge, anche incostituzionali, che significa che al Parlamento viene impedito di decidere la legislazione, salvo casi di straordinaria urgenza, sua prerogativa e diritto. Anzi su questi descreti viene poi chiesta la fiducia, bloccando di fatto il lavoro e il confronto parlamentare.
Se consideriamo poi il conflitto di interessi del Presidente del Consiglio che controlla 5 canali televisivi, 3 di famiglia e 2 pubblici, se ancora non si mina alle fondamenta della democrazia si richiede però una forte opposizione democratica, sia dentro che fuori il parlamento, altrimenti si arriverà a un punto in cui la democrazia non sarà più garantita da una correta applicazione della costituzione così come fù voluta dai padri costituenti.”
E’ favorevole alla separazione delle carriere, già valida in Europa?
“La separazione delle carriere è sempre stata auspicata da grandi giuristi democratici, da Calamandrei a Terracini, a Togliatti oltre che da Falcone, dall’ex Procuratore Antimafia Vigna, da Giuliano Vassalli e molti altri, ma con la garanzia di preservare l’autonomia dei Giudici e dei PM, mentre la sottoposizione dei PM all’esecutivo metterebbe a rischio l’eguaglianza, davanti alla legge, dei cittadini. Quindi separazione delle carriere sì, sottoposizione dei PM all’Esecutivo no.”
di Adriana Paolini