Di tutti i popoli e le culture del mondo, una in particolare ha da sempre esercitato un grande fascino agli occhi del mondo Occidentale. Sto parlando del popolo e della cultura giapponese, geograficamente e culturalmente agli antipodi del nostro continente e per questo ritenuto da sempre misterioso e attraente.
Come quasi tutte le cose più belle della vita, l’occasione di un viaggio di dieci giorni nella terra del Sol Levante mi si è presentata senza una reale programmazione, bensì quasi all’improvviso.
Non ho potuto quindi fare altro che comprare i biglietti, preparare le valigie e aspettare con ansia la data della partenza. Dall’Italia il Giappone è visto come terra di tradizioni antichissime, come patria della meditazione zen, di precisi e complessi rituali, come origine antica dei fumetti, e infine come motore trainante dell’incredibile sviluppo tecnologico della nostra epoca, ma anche del cosiddetto “karoshi”, il “morire per troppo lavoro”.
Mi reco quindi in questa parte di mondo così lontana per vedere con i miei occhi e per rispondere ad una domanda, che ne sintetizza molte altre, e costituisce il motivo principale del mio viaggio: quanto hanno conservato i giapponesi delle loro antiche cerimoniosità e della cultura zen e quanto invece hanno sacrificato in nome di una vita frenetica e di un consumismo smodato, tipico dell’Occidente?
Ovviamente la risposta è molto complessa, tanto quanto può esserlo un popolo che nella sua millenaria storia non ha avuto quasi alcun contatto con altre culture fino a non più di due secoli fa e che ha quindi potuto permettersi di conservare gelosamente intatte le sue tradizioni.
Da una parte le vestigia di un ricco passato riecheggiano negli incredibili templi buddisti della millenaria shintoista Tokyo, nei grandi palazzi dell’antica capitale imperiale Kyoto, nei giardini zen di Nikko e nei numerosi luoghi di culto e pagode presenti in ogni città del Giappone, ognuno immerso alla perfezione nella natura circostante nei quali passeggiano con garbo e pregano in profondi inchini ragazze vestite con i tradizionali kimono.
Dall’altra parte in molte zone di Tokyo, Kyoto e Osaka, luci al neon illuminano a giorno le vie dei quartieri notturni, ragazze indossano vestiti appariscenti dai colori sgargianti, le strade sono gremite di persone che si riversano in locali con luci stroboscopiche e musica techno al massimo volume.
Il Giappone di primo acchito sembra, infatti, una cultura ricca di situazioni estreme e opposte, perfino di ipocrisie, ma come spesso succede apparenti contraddizioni nascondono le due facce della stessa medaglia.
La religione shintoista insegna che ogni essere vivente è parte di un tutto e che tutti gli esseri hanno pari dignità, senza distinzioni. I giapponesi pregano infatti con pari devozione e rispetto sia gli illustri antenati sia le più diverse forme animali, in onore delle quali furono eretti e sono tuttora eretti numerosissimi templi.
Sentendosi parte di un tutto dove ogni piccola cosa ha pari dignità, questo popolo ha maturato un profondo e immenso rispetto per le altre persone e dunque per la società nella quale vive.
Per esempio quando devono prendere un qualsiasi mezzo di trasposto compongono file molto ordinate, le stesse strade sono ordinate e pulitissime, anche se non si trovano cestini per la spazzatura per interi isolati. Nessuno parla per strada o nei mezzi pubblici con una voce più forte delle altre e quando chiedi un’informazione cercano in tutti i modi di aiutarti anche se non sanno la strada e finiscono spesso per farti perdere solo tempo.
Uno dei momenti più belli della vacanza, forse ancora più bello di accarezzare i cervi a Nara e visitare i templi immersi nella foresta di Nikko, è stato quando nella metropolitana di Tokyo ho fatto passare avanti una signora anziana. Non ha detto niente, si è solo profusa in un profondo inchino che mi ha semplicemente lasciato gratificato e senza parole, tanto da indurmi a rispondere quasi istintivamente a fare io stesso un inchino.
Ogni lavoro, dal più importante al più umile, viene svolto con una solerzia e una passione ammirevoli, dal momento che sono abituati a pensare che tutti i lavori sono ugualmente importanti per la comunità.
Una cosa che, da italiano, mi ha assolutamente sorpreso è il fatto che le fermate degli autobus fungono spesso da raccolta per gli oggetti smarriti, trovati nelle vicinanze e portati lì nel caso qualcuno li reclamasse.
Questo è sicuramente il lato migliore della cultura e del popolo giapponese, che è riuscito a creare un luogo a tratti utopico, dove ogni persona vorrebbe vivere, basato sulla correttezza e sul rispetto per il prossimo.
Esiste però anche il lato negativo della medaglia, che origina dalle continue costrizioni, dai vincoli sociali e culturali di cui i giapponesi sono loro stessi vittime.
Infatti la cultura shintoista, di cui il Giappone è imbevuto, affermando che ogni essere ha pari dignità, toglie quasi completamente ai giapponesi ogni tipo di individualità in favore del bene comune e della dedizione incondizionata alla famiglia, al lavoro e alla patria.
A causa dei loro orari di lavoro, spesso dormono in metro oppure con la testa appoggiata sui tavolini dei bar.
Poche persone parlano tra loro in strada, le altre guardano lo schermo del cellulare o camminano con il capo chino e lo sguardo fisso nel vuoto.
Per questo motivo a volte, in giro per le città, ci si trova in un clima surreale in quanto molto silenzioso, nonostante le strade siano molto trafficate.
La loro aria spenta e il loro comportamento spesso servizievole si scontra, però, con un alone di ostinata forza e orgogliosa perseveranza che si percepisce in ogni loro gesto.
Gli occhi giapponesi non sono diversi dagli occhi occidentali solo per la forma, ma anche e soprattutto per la loro concezione di cosa è kawaii cioè carino, amabile e desiderabile.
Moltissime ragazze giapponesi hanno i canini sporgenti, sia per motivi genetici, ma anche perché per le giovani avere i denti storti è un segno di bellezza.
Le sfortunate giapponesi nate con denti perfetti si recano dal “dentista” per modificare la loro dentatura, rendendola più irregolare e quindi più gradita agli occhi dei loro compatrioti.
Un’altra particolarità delle ragazze giapponesi è che molte hanno le gambe storte, in particolare ad X.
Per i giapponesi la corretta postura quando si è seduti a tavola è quella in ginocchio con il fondoschiena che poggia sui talloni.
Ebbene, non è una posizione affatto comoda, in quanto il peso di tutto il corpo grava sul collo e sulle gambe.
Le bambine giapponesi, quindi, si siedono spesso sulle ginocchia, ma con le gambe in fuori, per poggiare il fondoschiena sul terreno senza gravare così il peso sul collo.
A lungo andare questa posizione provoca nelle ragazze giapponesi le gambe a X, considerate anch’esse una caratteristica pregevole per le donne, ma non per gli uomini giapponesi, che infatti solitamente non presentano questo aspetto fisico.
La vita in Giappone è molto irreggimentata, la scuola è molto selettiva, la giornata di lavoro può durare anche 16 ore al giorno e tutti vivono anteponendo il bene collettivo della società e della nazione ai loro stessi interessi.
Per questo motivo, soprattutto i giovani, pur rispettando i dettami della loro cultura, si sentono spesso oppressi dal fatto di non poter esprimere la loro individualità e si ribellano a questa condizione con atteggiamenti fuori dall’ordinario al fine di esprimere, a volte anche eccessivamente, il proprio io. I più giovani sono affascinati dalle libertà occidentali e fanno di tutto per assomigliare a noi, anche esteticamente. Non è raro vedere ragazze che tramite la chirurgia estetica hanno reso i loro occhi più tondeggianti del normale per renderli meno a mandorla, mettersi lenti colorate e tingersi i capelli, per differenziarsi dagli altri.
Mentre la maggior parte dei giapponesi sono vestiti esattamente tutti allo stesso modo con abiti formali, non è raro vedere giovani vestiti in maniera a dir poco appariscente, con costumi da cartoni animati o da bambole con acconciature colorate, piuttosto che con uno stile gotico e truccate pesantemente. Va detto però che anche il giapponese più trasgressivo e trasandato rispetta la fila ordinata per salire sull’autobus, fa la raccolta differenziata e, se è di buon umore, ti fa anche un inchino.
Giappone, solo apparentemente contraddittorio
Vecchio e nuovo collaborano, tenuti insieme dal collante della religione shintoista, nel determinare l’importanza di ogni creatura vivente e dell’individuo come piccola parte di un tutto estremamente organizzato e funzionante, provocando però nei più giovani una certa insofferenza.
Viaggiare in Giappone non è affatto facile, sia perché quasi nessuno parla inglese sia perché la cultura è profondamente diversa e difficilmente aperta alle influenze esterne.
Per questo motivo in Giappone vivono pochissimi lavoratori occidentali.
Il Giappone rimane comunque una terra da scoprire e assolutamente da visitare, come un frutto mai assaggiato prima, impossibile descriverne il sapore e l’odore se non girovagando per i templi illuminati dalle candele, per le strade dalle innumerevoli luci al neon, per le pagode profumate di incenso, per i vicoli ricchi di cibo da strada, osservando di giorno i calvi monaci buddhisti raccolti in preghiera e ascoltando i loro ritmici tamburi e poi la sera sciamare nelle strade, storditi dall’atmosfera metropolitana e dalla musica a tutto volume dei club.
Insomma se vale il detto “meglio una cosa vista che cento raccontate”, vale ancora di più per questa splendida terra, da “toccare con i propri occhi” perché non la si può raccontare, neanche in mille racconti.
di Federico Zanoli
(ringraziamo l’autore anche per le bellissime foto…)