Il nuovo libro di Ferruccio Capelli, direttore della Casa della Cultura, un agile e potente saggio che avvia il dibattito intorno alla proposta di una “bussola umanistica” per uscire dalla crisi, capace di offrire una vera alternativa alla visione dominante, ispirata a un modello liberista avvitato su se stesso.
Capelli coglie nel sentimento globale di indignazione contro il mondo della finanza e l’ignavia della politica i segni non solo di un urgente appello al cambiamento, ma anche il primo passo della costruzione di un nuovo modello di società, la cui costruzione potrebbe partire dal rovesciamento dell’angolo visuale, dalla centralità del mercato alla centralità dell’essere umano. L’analisi, condotta con stile efficace e grande chiarezza, smonta i luoghi comuni e gli stereotipi di cui siamo tutti vittima, prima di tutto la vulgata secondo cui i Paesi europei e occidentali in genere abbiano vissuto al di sopra dei propri mezzi e che quello che occorra ora sia una razionalizzazione della spesa corrente in grado di farci tornare a uno stato pre-crisi.
A questa semplificazione estrema, l’autore si oppone ripercorrendo i fatti salienti che hanno caratterizzato i “trent’anni d’oro” del boom economico e i “trent’anni ingloriosi” dell’affermarsi del pensiero unico liberista: una rilettura da cui emerge la nuova dimensione della finanza e dei media, nuovi poteri globali, alfieri di un modello unico.
Con le conseguenze che tutti abbiamo davanti agli occhi: un cittadino-elettore da profilare come target di un prodotto, l’eclissi dei partiti come corpo intermedio tra la massa e il potere, la standardizzazione dell’offerta culturale. A questo movimento all’indietro, alla coazione a ripetere del modello che ha indotto la crisi, l’autore oppone uno scatto in avanti.
“Tre immagini mi hanno colpito in questi ultimi tempi – spiega Ferruccio Capelli – la prima è la copertina che Time dedica ai “Protester” nel dicembre del 2011, la seconda è piazza Duomo riempita di bandiere arancioni in festa, la terza è la formidabile mobilitazione a favore dell’acqua come bene comune. Sono tutti sintomi della voglia di ripensare la propria condizione di individui e di cittadini, di riappropriarsi del proprio futuro. E questo può accadere soltando mettendo l’uomo al centro di un nuovo modello di politica e di società, e non il mercato”.
di Adriana Paolini