Felix Baumgartner: Missione ai confini dello spazio!

Pubblicato il 31 ottobre 2012 da redazione

Un salto nel vuoto da 39.045 metri. Quali sono le precauzioni fisiche prese da Felix Baumgartner per sopravvivere alla missione ai confini dello spazio?

felix-baumgartner-standing-in-his-capsule-about-to-dive-640x480Dopo qualche rinvio dovuto al troppo vento alla fine ce l’ha fatta. Felix Baumgartner ha portato a termine la missione chiamata Redbull Stratos. Salito alla quota di 39.045 metri all’interno di una capsula pressurizzata appesa ad un pallone aerostatico si è lanciato in una caduta libera durata  4 minuti e 22 secondi verso il suolo prima di aprire il paracadute e atterrare sano e salvo. Completando la missione ha così stabilito diversi record: il pallone aerostatico salito alla massima quota nella storia, il salto dalla maggiore altitudine e il superamento della velocità del suono durante la fase di caduta libera.

Tuttavia le fatiche alle quali l’organismo di Felix è stato sottoposto sono state molteplici. Non solo lo sforzo dovuto al controllo del proprio corpo durante la caduta, ma anche la sopravvivenza in condizioni di atmosfera rarefatta e di bassa pressione. Per sopportare tutto ciò il paracadutista e base-jumper austriaco ha dovuto seguire un duro allenamento e fare uso di accorgimenti sia tecnologici che fisici.

Per quanto riguarda la preparazione per la caduta in sé, Felix era già ampiamente pronto: il suo primo lancio con il paracadute risale infatti all’età di 16 anni, seguito qualche anno dopo dal suo ingresso nella pattuglia acrobatica dei paracadutisti dell’aeronautica militare austriaca. Grazie a queste sue esperienze non aveva certo bisogno di altro allenamento: sapeva infatti di dover mantenere il corpo con una certa angolazione rispetto al terreno (la famosa posizione a delta) e di dover controllare l’assetto di volo mediante l’utilizzo di braccia e gambe come alettoni di un aereo. Tuttavia durante la missione ha  incontrato delle difficoltà. Infatti quando un corpo arriva in regime transonico (ovvero a velocità inferiori, ma molto vicine alla barriera del suono) le leggi dell’aerodinamica, che descrivono il moto di un corpo in un fluido, cambiano. Ed proprio questo cambiamento che ha causato la perdita di controllo del corpo da parte di Felix. Grazie, però, al successivo rallentamento dovuto all’attrito generato dall’aumentare della densità dell’atmosfera, e grazie alla sua abilità di paracadutista, Baumgartner ha saputo sapientemente ristabilizzarsi.

Felix+Baumgartner+infographicPer esporsi alle condizioni atmosferiche che ci sono nella stratosfera (priva di ossigeno e a bassa pressione) l’austriaco ha dovuto indossare una tuta particolare, pressurizzata. Simile a quelle indossate dagli astronauti per le loro passeggiate spaziali, il prototipo della protezione del paracadutista austriaco presenta qualche differenza. Progettata dalla David Clark Company, un’istituzione nel campo delle tute spaziali e anti-G, quella indossata da Felix doveva essere molto meno ingombrante e molto più leggera, per consentire una maggior scioltezza nel movimento di ogni parte del corpo. La divisa è stata predisposta per mantenere all’interno una pressione pari a quella presente a 10.000 metri dal suolo. Infatti se il corpo umano viene esposto a pressioni inferiori (presenti a quote più alte) i liquidi corporei vaporizzano e iniziano a espandersi portando al collasso dei tessuti interni, fino al decesso. Per ovviare a questo problema, all’interno della divisa già indossata, viene soffiata dell’aria fino a quando questa non inizia a comprimersi nello spazio di intercapedine tra il tessuto e il corpo, formando una sorta di cuscinetto pressurizzato. La tuta assolve anche altri due funzioni: mantenere il corpo in un certo range di  temperature e ridurre gli effetti dovuti alle forze di inerzia alle quali verrà sottoposto. Grazie al materiale di cui e composta, la tuta garantisce una protezione da temperature che vanno da -67° C a 37°C. Si tratta di una speciale fibra, sia ignifuga sia isolante da freddi estremi. Per ridurre, invece, gli effetti delle forze di inerzia, si sono usati gli stessi accorgimenti delle tute anti-G, in dotazione ai piloti di velivoli militari. Quando, infatti, si è soggetti a forti accelerazioni, il sangue all’interno di un corpo si comporta esattamente come i passeggeri di un autobus che accelera improvvisamente: tutto si sposta da una parte. Questo comporta che arrivi troppo o troppo poco sangue al cervello, fino al coma in entrambi i casi. Il sistema più diffuso, e lo stesso applicato sulla divisa di Felix, è quello che stringe uniformemente ogni parte del corpo, mantenendo il sangue concentrato in parti uguali in ogni punto. Questa seconda pelle dell’austriaco, tuttavia non era in grado di proteggerlo dalle forze d’inerzia rotazionali che si sarebbero venute a creare in caso di perdita di controllo e successivo avvitamento. A quelle velocità, infatti, queste forze possono assumere valori talmente elevati da portare al distaccamento degli arti dal corpo. E’ per questo che nel computer situato all’interno della tuta di Felix, un software monitorava costantemente queste forze e, al superamento di una certa soglia massima, prevedeva un sistema di sicurezza basato sull’apertura automatica di un mini-paracadute capace di ristabilizzare la caduta.

images (1)Un’altra fase della preparazione al lancio di Felix riguarda la particolare dieta seguita per le due settimane precedenti l’inizio della missione. Doveva, infatti, espellere tutto l’azoto presente nel suo corpo, mangiando solo ed esclusivamente fibre vegetali. L’azoto gassoso si espande molto  facilmente ed è quindi un pericoloso nemico di chi si espone a grandi sbalzi di pressione, come sub e astronauti. Se per qualche avaria la capsula o la tuta di Felix si fossero depressurizzate, una bollicina di azoto di pochi millimetri di diametro, una volta esposta a una pressione molto inferiore a quella a cui si trovava, avrebbe potuto espandersi fino a raggiungere  il diametro di qualche decina di centimetri, causando nell’intestino del jumper forti dolori e perfino la morte.

Infine una simpatica curiosità. Tutti noi abbiamo visto Felix Baumgartner, un uomo senza paura e sprezzante del pericolo, ma nessuno è perfetto, e ognuno di noi teme qualcosa. L’austriaco, durante gli anni di preparazione alla missione ha infatti, avuto bisogno del un sostegno di uno psicologo, perché all’interno della capsula soffriva di claustrofobia. D’altronde il recordman in questione sognava fin da bambino di librarsi nell’aria e qualunque spazio è troppo piccolo rispetto all’infinito del cielo, figuriamoci un paio di metri cubi.

di Camillo Molino

Fonti:

www.redbullstratos.com

 

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