Pur essendo il diritto di lasciare un paese, incluso il proprio, tutelato a livello internazionale da alcuni trattati sottoscritti da numerosi paesi membri dell’Unione Europea, lo stesso non può dirsi del diritto di entrare in un paese diverso da quello di cui si possiede la cittadinanza, ciò in ragione del principio di sovranità dello stato per cui ciascun paese può decidere a propria discrezione chi ammettere e chi no, salvo che per gli aventi diritto alla protezione internazionale, questi ultimi sempre tutelati, quanto meno sulla carta.
Risulta in concreto meramente formale l’impegno degli stati in merito alla tutela di questi ultimi: come potrebbero infatti dirsi tutelati il diritto alla vita sancito dall’art 2 della Cedu, il divieto di tortura e trattamenti inumani e degradanti di cui all’art 3 dello stesso, il diritto di asilo con il connesso divieto di respingimento sancito dalla convenzione di Ginevra del 1951 oltre che dalla Carta dei diritti fondamentali del 2009, agli artt 18-19, se le masse di profughi in fuga dalle attuali guerre in corso, generalmente soggetti all’obbligo di visto, sono costretti, non potendolo ottenere, a ricorrere a vie illegali con tutte le drammatiche conseguenze che ne derivano? Affidarsi ai trafficanti diventa l’unica via percorribile per fuggire dal proprio paese in un contesto internazionale che di fatto preclude a monte la possibilità di raggiungere un paese altro mediante vie legali. Il diritto Ue obbliga di fatto le società di trasporto ad assicurare che tutte le persone trasportate verso l’Unione Europea siano provviste del visto necessario, documento, cioè, o attestazione sul passaporto, il cui rilascio è subordinato a diverse motivazioni tra le quali non figura in alcun modo quella della protezione internazionale.
Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo
Articolo 2: Diritto alla Vita
1. Il diritto alla vita di ogni persona è protetto dalla legge. Nessuno può essere intenzionalmente privato della vita, salvo che in esecuzione di una sentenza capitale pronunciata da un tribunale, nel caso in cui il reato sia punito dalla legge con tale pena.
2. La morte non si considera cagionata in violazione del presente articolo se è il risultato di un ricorso alla forza resosi assolutamente necessario: (a) per garantire la difesa di ogni persona contro la violenza illegale; (b) per eseguire un arresto regolare o per impedire l’evasione di una persona regolarmente detenuta; (c) per reprimere, in modo conforme alla legge, una sommossa o un’insurrezione.
Articolo 3: Divieto di Tortura
Proibizione della tortura.
Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti.
(Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo:
http://www.echr.coe.int/Documents/Convention_ITA.pdf)
Convenzione di Ginevra del 1951 Convenzione sullo statuto dei rifugiati
Diritto d’Asilo e Divieto di Respingimento
(http://www.unhcr.it/sites/53a161110b80eeaac7000002/
assets/53a164240b80eeaac700012f/Convenzione_Ginevra_1951.pdf)
Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea
Articolo 18: Diritto d’Asilo
Il diritto di asilo è garantito nel rispetto delle norme stabilite dalla convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951 e dal protocollo del 31 gennaio 1967, relativi allo status dei rifugiati, e a norma del trattato sull’Unione europea e del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (in appresso denominati «i trattati»).
Articolo 19: Protezione in caso di Allontanamento, di Espulsione e di Estradizione
1. Le espulsioni collettive sono vietate.
2. Nessuno può essere allontanato, espulso o estradato verso uno Stato in cui esiste un rischio serio di essere sottoposto alla pena di morte, alla tortura o ad altre pene o trattamenti inumani o degradanti.
(http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:C:2010:083:0389:0403:IT:PDF)
Risoluzione sulle stragi di profughi nel Mediterraneo
Carta dei diritti fondamentali dell’UE, resa vincolante per tutti gli Stati membri dal Trattato di Lisbona nel 2009:
ogni azione legislativa e operativa di protezione, accoglienza, contrasto ai traffici di esseri umani deve avvenire tutelando al massimo le vittime, in un quadro di diritto della persona e nel rispetto degli Artt. 13 e 14 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (1948).
L’attuale sistema di controllo delle frontiere esterne dell’UE, coordinato dall’agenzia Frontex, e il Sistema Comune Europeo d’Asilo (CEAS), approvato il 12 giugno 2014 dal Parlamento Europeo, si sono rivelati strumenti insufficienti a rispondere adeguatamente all’incremento dei flussi di profughi e a prevenire le tragedie cui stiamo assistendo; ‐ la loro insufficienza deriva, in particolare:
1. dall’obbedire a equilibri intergovernativi che ne limitano finanziamenti e potenziamento;
2. dal fatto che operano esclusivamente nell’ambito interno delle politiche europee delle migrazioni, e non in quello della politica estera e della cooperazione internazionale;
3. dal fatto che, di conseguenza, non operano “all’origine” del fenomeno, ossia nei Paesi terzi (di partenza o di transito dei profughi), venendo a contatto solo con gli effetti delle migrazioni forzate, e non con le loro cause.
(http://www.aiccre.it/wp-content/uploads/RISOLUZIONE-SULLE-STRAGI-DI-PROFUGHI-NEL-MEDITERRANEO.pdf)
Come si può quindi pensare di affrontare il problema, come si è da più parti prospettato, affondando le navi libiche con le quali le masse di profughi, lì convogliate, intendono raggiungere le coste dell’ Europa? La Libia si configura per molti quale ultimo tratto, prima dell’arrivo in Europa, del viaggio che questi esuli hanno intrapreso a motivo di una lacuna a monte nel sistema di protezione internazionale, che non fornisce in concreto strumenti a tutela dei diritti che ha sottoscritto sulla carta. Resta così inascoltata l’esigenza di salvaguardare l’integrità fisica e psicologica di quanti, avendo già affrontato un viaggio lungo ed estenuante, rimangono bloccati in Libia, paese notoriamente nel caos e di cui fonti numerosissime e autorevoli denunciano gravissime lacune quanto a tutela dei più fondamentali diritti dell’uomo.
Come possono dirsi realmente tutelati i diritti umani fondamentali a fronte della previsione del regolamento di Dublino III (http://www.meltingpot.org/Asilo-Ecco-il-nuovo-Regolamento-Dublino-III.html#.VXlko_ntmkp), di attribuire la competenza delle richieste di protezione internazionale solo nel primo paese d’ingresso, il quale, solo, dovrà farsene carico? I paesi costieri e di confine risultano sobbarcati di un carico decisamente maggiore rispetto agli altri paesi dell’Unione, in violazione del principio di solidarietà e di equa ripartizione della responsabilità tra gli stati membri, consacrato espressamente dal Trattato di Lisbona all’art 80 Tfue; le conseguenze si ripercuotono inevitabilmente sui soggetti più vulnerabili, i profughi, nei confronti dei quali lo Stato non ha interesse a intervenire, guardando a loro come a spesa inutile e priva di vantaggi anche solo futuri e potenziali.
Sotto un profilo prettamente pragmatico, le tutele più basilari minate alla base comportano, in un circolo vizioso, una condizione di inevitabile dipendenza e di particolare bisogno che in quanto tale richiede anche a livello finanziario un maggior apporto economico da parte dello stato ospite, situazione questa quanto meno arginabile se queste persone fossero messe nella possibilità di evitare almeno in parte le sofferenze conseguenti all’instabilità politica del loro paese d’origine, prendendo un aereo non appena possibile.
Si predispongono cifre enormi per le finalità più varie, non ultimi i finanziamenti alle guerre dalle quali la gente scappa, spesso dando origine, o quanto meno alimentando, l’attuale drammatico stato di cose, ma ci si dimentica dei veri destinatari delle politiche, le persone!
Perchè non utilizzare le risorse a disposizione a favore della vita, del bene della gente, piuttosto che delle guerre, di bassi interessi economici di pochi? E’ assolutamente necessario predisorre risorse, senza sprechi e inutili dispendi burocratici, per favorire un reale cambio di rotta, degno di paesi che si dicono “civili”, sia mediante strutture e meccanismi di tutela nei Paesi membri, sia mediante politiche estere seriamente intenzionate a che, anche in loco, nei paesi confinanti con i focolai di conflitti, sia predisposto un sistema di protezione e supporto per chi è stato costretto a lasciare la propria casa.
di Federica Rollo