Con le nuove feste globali, si sta assistendo a un’ondata di travestimenti di “clown spaventosi”, semplici scherzi, ma in grado di creare disagio e ansia tanto che qualcuno ha iniziato a chiedersi quali siano le ragioni scientifiche e psicologiche che stanno dietro alla capacità dei clown di suscitare sentimenti di terrore in così tante persone.
Il fatto scatenante è avvenuto nel South Carolina, nel mese di agosto del 2016, quando un piccolo gruppo di persone vestite da clown è stato visto mentre cercava di attirare bambini nei boschi. Da allora, in tutti gli Stati Uniti ci sono state centinaia di testimonianze di clown che spaventavano e minacciavano persone, alcuni brandendo addirittura delle armi. Avvistamenti di clown vengono segnalati quasi giornalmente sui media britannici, canadesi e australiani.
Secondo gli psicologi la paura dei clown, denominata coulrofobia, è molto comune. Da un leggero sentimento di ansia e disagio, alla vista di un clown, fino alla totale astensione di partecipare a qualsiasi festa di compleanno per bambini, pur di evitare l’incontro spaventevole. Questa nuova fobia tende a protrarsi nel tempo, a partire dall’infanzia per proseguire in età adulta.
Colui che cammina sui trampoli, cioè che fa spavento
Molte comuni fobie vengono spiegate come eredità evolutive del nostro retaggio, quindi innate e utili a segnalarci eventuali pericoli da animali o contesti naturali pericolosi. Secondo alcuni studiosi di psicologia e antropologia, la figura del clown innesca alcune reazioni di questo stesso tipo.
Secondo Paul Salkovskis, studioso di disturbi d’ansia e post-traumi, presso il Centro ospedaliero Maudsley a Londra, “Le persone solitamente temono le cose che in qualche modo non sono giuste, in un modo insolito e inquietante”.
Anche uno studio del 2008 dell’Università di Sheffield, eseguito su un campione di 250 bambini tra i 4 e 16 anni, ha evidenziato che i clown non sono apprezzati né dai soggetti più piccoli né dagli adolescenti.
Lo studio, che aveva come obiettivo di valutare nuove soluzioni di arredo per migliorare gli spazi di accoglienza dell’ospedale pediatrico, alla fine ha concluso che eventuali immagini di clown sulle pareti avrebbero suscitato disagio e ansia nei piccoli pazienti.
Da un successivo esame più approfondito i ricercatori hanno evidenziato che la paura e il disagio erano provocati da una “familiarità turbata”, ovvero dal non riuscire a sapere con precisione cosa si nascondesse dietro il trucco e i colori tipici dei tratti di un clown.
Chi indossa il travestimento in effetti assume una nuova identità grazie alla quale è libero di non conformarsi alle convenzioni sociali, quelle che genericamente riteniamo “normali”.
In uno scritto del 1961, l’antropologo Claude Levi Strauss, scrive delle “libertà” che il travestimento consente.
“Il travestimento del viso elimina temporaneamente dal rapporto sociale una parte del corpo [..] attraverso la quale i sentimenti personali e gli atteggiamenti dell’individuo possono essere rivelati o deliberatamente comunicati agli altri.”
Anche Sigmund Freud cita l’effetto “valle perturbante”, ovvero che una cosa molto familiare, ma al contempo stranamente non familiare, causa sentimenti di repulsione, e un senso contraddittorio e perturbante di dissonanza cognitiva.
Anche lo psichiatra Steven Schlozman, dell’Università di Medicina di Harvard, ha evidenziato come un sorriso “immutabile” ha la capacità di causare questo sentimento di dissonanza cognitiva: “Riconosciamo un sorriso, il cervello registra che i sorrisi in generale sono cose positive, ma non si può sorridere sempre, perché se si sorride sempre, c’è qualcosa che non va [..] raccogliamo informazioni dal modo in cui si comportano le persone, ma se il loro aspetto e il loro modo di agire non cambia, questo li rende veramente spaventosi.”