Categoria | Cultura

Che fine ha fatto l’arte contemporanea?

Pubblicato il 12 settembre 2013 da redazione

arteÈ ormai un luogo comune che l’occidente sia in balia di una profonda crisi economica, che immediatamente si palesa anche nel mondo della cultura e quindi dell’arte – molto spesso alla cultura si presta attenzione solo quando lo stomaco e il portafogli sono colmi.

Se l’arte è lo specchio della società e della cultura del suo tempo, non si può evitare di fermarsi a cercare l’eco di una crisi anche in questo settore, crisi che oltre ad infestare l’aspetto commerciale dell’arte potrebbe essere arrivata ad intaccarne persino l’essenza.

Con questa intervista a Francesco Porzio vogliamo offrire alcuni spunti di riflessione sulla scena artistica contemporanea.

Nato nel 1954, Francesco Porzio insegna storia dell’arte moderna presso l’Accademia di Belle Arti di Brera. È stato critico d’arte de “Il Giornale” e “La Voce” sotto Indro Montanelli, nonché editor e consulente presso le case editrici “Skira” e “Electa”. Ha scritto e pubblicato numerosi saggi sull’arte italiana fra Cinquecento e Settecento, occupandosi nei suoi studi anche dell’arte europea del Novecento e di pittura aborigena contemporanea.

1. Secondo molti esiste una crisi nell’arte contemporanea causata dalla perdita del senso dei valori e da un conseguente nichilismo. Dobbiamo accettare la presenza della crisi oppure si stanno affermando dei valori nuovi e dobbiamo attendere che vengano storicizzati per poterli comprendere e accettare?

La crisi c’è ed è gravissima, dunque non ha molto senso chiedersi se accettarla o meno. E’già successo molte volte che a una fase creativa siano seguiti periodi sterili come questo, e prima o poi sono stati superati. Probabilmente i valori e le forme nuove sono già in gestazione, ma quando verranno storicizzate sarà troppo tardi per comprenderle, e soprattutto per accettarle.

2. Sempre più spesso le forme dell’arte contemporanea risultano incomprensibili a molti, questo può portare all’allontanamento del pubblico fruitore dal circuito culturale artistico. Perché accade questo, e chi ne è responsabile?

L’arte è un prodotto aristocratico (nel senso dell’intelligenza poetica, non in quello sociale), dunque è naturale che risulti poco comprensibile. La comprensione dei più è un problema che riguarda le news e la pubblicità, non l’arte (come diceva Oscar Wilde, non è l’arte che deve farsi popolare, ma è il pubblico che deve diventare artistico). Tuttavia negli ultimi decenni si è fatta strada un’incomprensibilità di natura diversa, sconosciuta ai maestri del Novecento, perché subdola e intenzionale. Essa utilizza come alibi della propria nullità la difficoltà di comprensione dell’arte autentica. Da un lato impressiona il pubblico facendo leva sulla sua soggezione all’arte, dall’altro lo seduce con la possibiltà di intuire valori e significati elementari.

3. L’arte è espressione, e dunque si ritrova ad essere veicolo sensibile di una comunicazione. Il primo punto di contatto che l’artista cerca è con sé stesso o con il suo pubblico?

Un artista che cerca il primo contatto con sé stesso ha già preso contatto con ogni pubblico possibile, con il grande vantaggio di non doversene più occupare. Il contrario sarebbe una catastrofe.

4. Ne abbiamo viste di ogni sorta, colore, dimensione, abbiamo assistito a performances, video-arte, ready made. Non c’è forma che l’arte non possa assumere. Si può davvero fare arte con ogni cosa, o ci sono dei limiti?

Ci sono dei limiti precisi e invalicabili, ma non stanno nella libertà o meno nell’utilizzo delle forme, dei materiali o delle tecniche. Sono imposti dallo stesso artista e dipendono dalla sua onestà intellettuale. L’attuale impressione di gratuità è un riflesso della crisi più generale e va imputata alla mancanza di onestà degli artisti.

5. Molti si sono fatti testimoni di un quotidiano abuso dei linguaggi espressivi da parte dei mass media, ed è sempre più difficile relazionarsi con un’opera d’arte se ad essa si sovrappongono i linguaggi del design, della pubblicità, delle mode. All’arte non resta che urlare più forte di loro? La moda fa l’arte o è l’arte a fare la moda?

L’abuso delle immagini, dei suoni ecc. è parte di un abuso più generale che la società dello spettacolo (e che miserevole spettacolo!) compie ogni giorno su uomini ridotti a consumatori. Ma l’arte è in rapporto con tutto ciò come un padre con figli un poco ritardati. Non c’è il minimo aspetto del design, della moda e simili, che non sia totalmente debitore all’arte intesa come immaginazione alta di un’epoca. Solo quando tale immaginazione è molto bassa, come in questo momento, si può avere l’impressione del contrario.

6. Pasolini ha voluto sottolineare i termini “sviluppo” e “progresso” definendoli addirittura opposti e inconciliabili: esiste un potere economico dell’arte che vuole lo sviluppo di un’arte superflua e smerciabile, che ostruisce la via alla ricerca e al progresso?

Certamente sì, e infatti la crisi economica, indebolendo il prestigio di tale potere, ha messo in moto una reazione contro di esso. Tuttavia dire che esso “vuole”qualcosa oltre al guadagno significa sopravvalutarlo; è il decorso inevitabile del profitto. Del resto un artista non dovrebbe affatto preoccuparsene, perché di fronte a un atto creativo degno di questo nome quel potere non è in grado di ostruire assolutamente nulla. Al massimo può ostacolarne il successo ma ciò è una fortuna per l’artista, specialmente se è giovane.

7. L’etica, la coerenza, la novità e la provocazione possono considerarsi criteri estetici di valutazione per un’opera d’arte? Quali altri criteri sono necessari per effettuare tale valutazione? È opportuno o addirittura possibile valutare in modo corretto e imparziale un’opera d’arte oggi?

La sola etica che riguarda il giudizio dell’arte è quella dell’arte stessa; la coerenza – diceva sempre Wilde – è l’ultimo rifugio di chi non ha immaginazione. Quanto alla novità e alla provocazione, sono due modesti concetti di origine romantica sviluppati allo scopo, prima, di punzecchiare i filistei, e poi di adeguare l’arte alla logica del consumo. Nessun criterio è necessario perché non esiste alcun criterio determinabile a priori. L’imparzialità di giudizio non esiste, il massimo che si può ottenere è una parzialità consapevole. Come diceva Baudelaire, chi abbraccia tutto non abbraccia niente.

8. C’è stato chi sosteneva che la libertà di scelta dell’uomo non è la sua ricchezza, bensì il suo perenne dramma e la sua miseria, costringendolo a brancolare nel buio dell’indecisione: l’arte contemporanea risente forse di un’angoscia data dalla sua sconfinata libertà espressiva?

Chi pensa che la libertà porti all’indecisione ha la mentalità del fedele che si aspetta le regole dagli altri; non così l’artista, che detta le regole a sé stesso. L’arte contemporanea non è affatto più libera dell’arte del passato, anzi è schiava di infinite regole e costrizioni, al punto che da mezzo secolo a questa parte ha costituito una gigantesca accademia.

9. Ogni artista è necessariamente figlio del suo tempo, ma nella sua opera può scoprirsi un’anima antica, oppure in anticipo sul tempo stesso. Un artista anacronistico è da considerarsi compromesso rispetto a chi utilizza a pieno i linguaggi espressivi della propria contemporaneità?

Un grande artista è sempre anacronistico. Non “utilizza” linguaggi già esistenti perché li crea e non è affatto figlio, ma padre del suo tempo perché lo determina, non lo subisce. Sono gli artisti che delineano il volto di un’epoca, che insegnano a vedere le cose.

 

di Iacopo Pesenti

4 Comments For This Post

  1. Lucrezia Says:

    Sono stata fortunata ad avere lui come professore

  2. Davide Says:

    “L’arte è un prodotto aristocratico (nel senso dell’intelligenza poetica, non in quello sociale), dunque è naturale che risulti poco comprensibile…
    …Tuttavia negli ultimi decenni si è fatta strada un’incomprensibilità di natura diversa, sconosciuta ai maestri del Novecento, perché subdola e intenzionale. Essa utilizza come alibi della propria nullità la difficoltà di comprensione dell’arte autentica…”

    Oh, finalmente qualcuno lo dice a chiare lettere: una realtà credo evidente eppure negata, glissata, nascosta, volutamente ignorata… il perché poi risulta ben chiaro, secondo me, dal resto dell’intervista…

  3. Francesco Annarumma Says:

    Solo applausi.

  4. lucia conti Says:

    È stato il mio professore sono d’accordo con lui tanto oggi come allora. Mi chiedo quando l’arte sarà un impegno serio per un’umanità migliore

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