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Archi e Frecce degli Indiani d’America

Pubblicato il 24 marzo 2019 da redazione

archi

Nel Nord America, l’arco esiste da circa cinquemila anni. Nel corso dei secoli furono sviluppate numerose tipologie a seconda dei materiali disponibili, delle condizioni climatiche e delle preferenze personali degli artigiani. Come regola molto generale, i legni più duri, come l’osage orange, venivano utilizzati per costruire archi con sezione trasversale rettangolare, mentre quelli più teneri, come il tasso, per archi più larghi e sottili. Sulla West Coast, il legno migliore era il tasso, sebbene venisse usato anche il ginepro, come pure l’hickory e il frassino.
Questo legno era impiegato per costruire archi larghi e piatti, generalmente provvisti di un’impugnatura più stretta. Questi attrezzi avevano una larghezza di 11/4′-1’/2′ (3,2-3,8 cm) all’impu-gnatura, di 13/4′-21/fl’ (4,4-5,4 cm) a metà flettente e si assottigliavano fino a circa 2 cm nei puntali.

Alcuni erano piatti nel ventre e leggermente arrotondati nel dorso. Altri erano nettamente ellittici nella sezione trasversale, col rinforzo in tendine lungo tutto il dorso fino a entrambe le estremità. Gli Indiani dell’area occidentale realizzarono anche attrezzi senza il restringimento nell’impugnatura, dove questi attrezzi misuravano 13/4″ (4,4 cm), per poi assottigliarsi fino a 5/8″ (1,6 cm) nei puntali. Gli archi della zona
occidentale misuravano in lunghezza dai 36″ (91,4 cm) ai 56″ (142,2 cm), ma in media rientravano fra i 36″ (91,4 cm) e i 45″ (114,3 cm). Quasi tutti gli archi di questa zona che ho potuto esaminare hanno il rinforzo in tendine nel dorso, anche se per Io più si tratta di uno strato sottilissimo. Il tasso è così tenero che basta uno strato minimo di tendine per imporre una certa curvatura all’arco.

I costruttori indiani dell’Ovest eseguivano lavori molto belli e accurati, e realizzavano eccellenti equipaggiamenti. Probabilmente non potevano far diversamente, visto che cacciavano in appostamento e per lo più avevano a disposizione un solo tiro. Sulle Montagne Rocciose e nel Grande Bacino gli archi venivano costruiti col frassino, il tasso proveniente dall’Ovest, e alcuni tipi di legno poco adatti a questo scopo, come il mogano e il chokecherry . A causa della scarsa reperibilità di buon legno per archi, venivano realizzati anche dei bellissimi esemplari compositi, per i quali si utilizzava il corno di pecora odi bisonte, di cui però parleremo più avanti. Gli Indiani del Nordest usavano archi più lunghi, visto che raramente li rinforzavano col tendine, e inoltre cacciavano e combattevano a piedi. Sfortunatamente, non ci sono rimasti molti esemplari di archi provenienti dall’Est, visto che gli Indiani di quell’area vennero spinti verso Ovest, o addirittura sterminati in tempi molto remoti. Un altro problema era, come scrisse O.T. Mason nel 1893, che: le tribù Iroquois furono tra le prime a ricevere armi da fuoco dai coloni. Per questa ragione, esse abbandonarono presto l’uso dell’arco e delle frecce. Colden dice che ai suoi tempi (1727) li avevano già messi da parte.

I pochi archi del Nordest che ho potuto esaminare, o di cui ho letto qualche accenno, misuravano 55-65″ (139,7-165,1 cm) di lunghezza, 1 V2-17/8″ (3,8-4,8 cm) di larghezza massima, e qualche volta erano più stretti nell’impugnatura.
Avevano la sezione trasversale rettangolare. Le tribù orientali usavano per lo più il frassino, l’hickory o la robinia. Gli Indiani della zona sudorientale, come i Cherokee, realizzavano archi diritti e la parte più larga nell’impugnatura. Usavano principalmente la robinia, ma qualche volta anche l’hickory e il frassino. Nella zona occidentale del Sudest, se riuscivano a trovarne, erano soliti usare anche l’osage orange. Gli archi misurava-no dai 42″ (106,7 cm) ai 70″ (177,8 cm) di lunghezza e avevano una larghezza di circa I/4″ (3,2 cm) nell’impugnatura. Gli archi di robinia dei Cherokee erano costruiti in modo che la metà corrispondente al dorso fosse alburno, mentre quella corrispondente al ventre fosse durame.

frecce indiane

Nella parte centrale del Nord America, attorno alle sorgenti del Mississippi, veniva realizzato un self bow piatto e rettangolare. Per questo tipo d’arco, realizzato interamente in legno, si usava prevalentemente il frassino o la robinia, anche se alcuni modelli erano in osage orange, che veniva importato dal lontano Sud. Gli Indiani di questa zona, i Potawatomi, i Sac e Fox e i Chippewa, normalmente fabbricavano un arco semplice, lungo circa 50′ (127 cm), ma talvolta aggiungeva-no una caratteristica molto particolare: tutto il lato destro dell’arco era smerlato, dando l’effetto dei denti di una sega, e gli estremi della dentellatura erano dipinti. A volte, entrambi i lati dell’arco subivano lo stesso trattamento.

Le popolazioni che vivevano lungo il fiume Missouri, come i Pawnee, gli Osage e i Ponca, usavano per lo più il legno di osage orange, ma occasionalmente anche l’hickory. L’osage orange prende il nome dall’omonimo popolo indiano, che abitava nella zona dove questi alberi crescevano. Gli Osage vivevano al confine delle pianure e adoperavano soprattutto un self bow rettangolare e diritto, tipico degli Indiani delle Pianure. Comunque, fabbricavano anche alcuni archi con l’impugnatura più stretta, simili a quelli della zona orientale. Gli archi dei Pawnee che ho potuto esaminare erano abbastanza corti, circa tra i 45″ (114,3 cm) e i 50″ (127 cm), realizzati in osage orange e insolitamente spessi. Erano armi molto potenti, con un carico di 70 lbs o più. Non tutti i loro archi, però, erano così forti, ma quelli che ho visto mi hanno dato la prova che questi indiani fossero dei sollevatori di pesi degni delle Olimpiadi.

Chief Bone Necklace Oglala Lakota, 1899

Nella zona delle Grandi Pianure, gli uomini si spostavano prevalentemente a cavallo, e i loro archi, di solito, erano più corti di quelli degli indiani che cacciavano a piedi (fatta eccezione per gli archi in tasso, dotati del rinforzo in tendine). Gli archi delle Pianure misuravano per lo più i 50-127 cm di lunghezza, o anche meno, e armi così maneggevoli e pratiche erano l’ideale per lrcaccia o i combattimenti a cavallo. Questi archi, la cui sezione trasversale era rettangolare, avevano la parte più larga all’altezza dell’impugnatura, dove misuravano da 1″ (2,5 cm) a 11/4 3,2 cm, mentre nei puntali 9 cm. In epoche precedenti Colombo e l’uso del cavallo, gli archi di quest’area erano più lunghi, circa 55-60- (139,7-152,4 cm), ed erano paragonabili agli attrezzi utilizzati, in epoca storica, dagli Indiani che andavano a piedi. Le armi da fuoco ad avancarica a un solo corpo si rivelarono per gli Indiani dell’Est superiori agli archi, in quanto erano più precise e più potenti. D’altra parte, nelle brulle Pianure, dove generalmente si viaggiava e si combatteva a cavallo, i pionieri bianchi erano svantaggiati per l’uso di queste armi da fuoco, in quanto era praticamente impossibile ricaricare un fucile ad avancarica stando in groppa a un cavallo in corsa. Da un momento all’altro, i coloni bianchi si ritrovavano allo scoperto, senza alcuna possibilità di correre al riparo, e avendo a disposizione solamente un colpo a testa finivano per essere annientati dalle frecce lanciate in rapida successione.

In realtà, prima dell’introduzione del revolver a ripetizione Walker ad opera di Samuel Colt, gli Indiani delle Grandi Pianure erano armati in maniera molto più adatta ai combattimenti in movimento rispetto ai pionieri. I revolver, e più tardi i fucili a ripetizione Spencer ed Henry, utilizzati durante la Guerra Civile, tolsero definitivamente il primato alle armi degli Indiani. In epoca moderna, l’equipaggiamento tipico delle Pianure non ha goduto di grande notorietà.

Coloro che utilizzano il Iongbow e anche, più di recente, il compound, tendono a guardare un po’ di traverso l’arco corto e le sue frecce, considerandolo piuttosto rozzo. Questo pregiudizio contro le armi utilizzate dai guerrieri indiani a cavallo non fu certamente condiviso da nessuno di coloro che in passato ebbero la disavventura di affrontarle in battaglia. “Bigfoot” Wallace, uno dei primi ranger del Texas, fu tra i maggiori conoscitori degli Indiani delle Pianure del secolo scorso. Quando Wallace sentì un novellino che sminuiva le armi degli Indiani,
paragonandole all’ideale romantico dei longbow inglesi, replicò: Nella mia vita ho visto parecchi uomini infilzati da “bacchette di dogwood”, ma
nessuno di loro, in quel frangente, ha mai detto di trovarci qualcosa di romantico.

Consiglio Sioux, 1848.

La verità è che non basta sapere come funzionano arco e frecce per farne armi efficaci. Quello che so io, almeno, è che diventano pericolosi nelle mani degli Indiani. Essi sono in grado di scagliare le loro frecce più velocemente di quanto tu possa fare sparando con un revolver, e quasi con la precisione di un fucile, alla distanza di cinquanta o sessanta iarde, e con una potenza tale che io stesso li ho visti spesso trafiggere da parte a parte un bisonte adulto con una freccia.

Piccolo Sioux.

Wallace rispettava gli archi e le frecce dei Comanche e dei Kiowa, molto più di quanto facesse con le armi da fuoco dei bianchi. Gli archi delle Pianure non erano usati in tornei in cui si tira da lunga distanza stando in piedi, bensì stando in groppa a un cavallo in corsa. Era proprio questa combinazione di cavallo e arco che rendeva gli Indiani delle Pianure tanto temibili in combattimento. Per fabbricare i loro archi, gli Indiani delle Pianure Settentrionali utilizzavano principalmente il frassino. I Sioux anche l’hickory e il chokecherry. I Blackfeet impiegavano il frassino e l’hickory, ma riuscivano anche a procurarsi dell’osage orange attraverso i commerci. Alcuni archi dei Blackfeet (Museo degli Indiani delle Pianure, Montana) sono costruiti in osage orange, col dorso rivestito di Comanche a cavallo con arco e frecce. Dalla collezione privata dell’autore
tendine, anche se si trovavano a circa mille miglia di distanza dall’area di provenienza di questi alberi. Comunque, non tutti nelle Pianure Centrati e
Settentrionali potevano procurarsi l’osage orange, come illustra il dipinto di una battaglia combattuta fra i Cheyenne e i Kiowa attorno al 1830. Uno dei capi Kiowa venne ucciso in uno spericolato attacco in mezzo ai suoi nemici. Il suo arco e altre armi caddero nelle mani dei Cheyenne, ma gli Indiani del Nord non ne riconobbero il colore giallo acceso, tipico dell’osage orange, non avendolo mai preso in considerazione per la fabbricazione degli archi.
Benché non fossero gli unici, i migliori attrezzi costruiti nel Nord avevano il dorso rivestito in tendine. Oli archi dei Sioux avevano la caratteristica sezione trasversale rettangolare, con le due estremità leggermente incurvate. Il rinforzo in tendine non copriva entrambi i lati, ma soltanto il dorso.

L’arco aveva dei tratti completamente avvolti da tendine a intervalli di pochi pollici, allo scopo di evitare che il dorso cedesse. Nel Nord venivano fabbricati anche archi compositi in corno di bighorn, elk e bisonte, e a volte anche in osso, e precisamente con le costole di bisonte.

Nelle Pianure Meridionali, l’osage orange era il legno di gran lunga più impiegato. Ho esaminato parecchie dozzine di vecchi archi Comanche e Kiowa, appartenenti a musei e a famiglie indiane, ed erano tutti in osage orange. Era un legno tanto adatto a questo scopo, che gli Indiani delle Pianure Meridionali, per quanto ne so io, non ebbero mai la necessità di utilizzare il tendine, anche se alcuni viaggiatori d’epoche più recenti fanno talvolta riferimento ad archi “avvolti” con questo materiale. Dal momento che gli archi di questa zona non avevano il dorso rivestito di tendine, a volte erano più lunghi di quelli normalmente usati a cavallo, e misuravano fino a 55-56″ (139,7-142,2 cm) di lunghezza. La maggior parte degli archi delle Pianure Meridionali erano di circa 45-50r (114,3-127 cm), ma questi esemplari più lunghi non erano rari. I Comanche e i Kiowa spesso lasciavano anche uno strato di alburno sui loro archi in osage orange, mentre i costruttori di quasi tutte le altre tribù generalmente lo eliminavano.

(Tratto dal libro Archi e Frecce degli Indiani d’America – Jim Hamm
Guida completa alla costruzione di archi, corde, punte frecce e faretre secondo le tecniche tradizionali indiane)

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