Per gli appassionati di fantascienza questo sistema propulsivo non sarà di certo una novità, infatti, la narrativa fantascientifica è piena di riferimenti a vele solari: Vento Solare di Arthur C.Clarke, I confini del Cielo di David Brin o ancora La vela dello spazio di Jack Vance.
Ma avreste mai creduto che la tecnologia moderna sarebbe stata in grado un giorno di arrivare a tanto?
L’idea di viaggiare nello spazio sfruttando vele solari risale a 400 anni fa, e a pensarla fu niente meno che il noto Giovanni Keplero. Quest’ultimo dedicò parte della sua ricerca all’osservazione delle scie delle comete e intuì che erano in qualche modo influenzate da un vento solare. Si convinse così della possibilità di costruire vele solari in grado di trasformare questo vento in propellente utile per il movimento di velivoli spaziali, in analogia a quanto accade con le imbarcazioni navali a vela. Con il passare degli anni la teoria di Keplero sull’esistenza del vento solare è stata smentita, ma in compenso si è scoperto che effettivamente la luce del sole è in grado di esercitare una forza sufficiente a far muovere un oggetto. Il funzionamento delle vele solari si deve proprio a questa forza.
Il primo esperimento per dimostrare la validità delle vele solari fu avviato dalla NASA con il nome di NanoSail-D. Venne messo in orbita nel novembre 2010 e trasportato a 650 km dalla Terra all’interno di un altro satellite chiamato FASTRAC; purtroppo solo a metà gennaio 2011 si riuscì ad estrarre le vele solari e così ebbe inizio la missione conclusasi, poco dopo, nel Marzo 2011 quando il satellite si autodistrusse nell’atmosfera terrestre.
Oltre alla NASA, anche l’agenzia spaziale giapponese JAXA (Aerospace Exploration Agency) ha sperimentato in orbita un sistema a vele solari con il progetto Ikaros, Interplanetary Kite-craft Accelerated, lanciato il 21 Maggio 2010. Si tratta di un sistema che sfrutta le radiazioni del Sole per incrementare la propria velocità; costituito da una membrana ricoperta di piccoli pannelli solari che convertono l’energia solare in energia elettrica, impiegata per mantenere il veicolo in movimento. Ikaros ha raggiunto la sua destinazione, Venere, nel mese di dicembre dello stesso anno posizionandosi a 80.000 km da esso.
La vela solare si presenta come una grande pellicola riflettente, specchio membranoso, che riflette la luce di qualsiasi sorgente luminosa, in questo caso il Sole. Rispetto agli altri sistemi propulsivi non necessità di propellenti convenzionali: il suo motore è il sole e il suo propellente è la luce stessa. Ma come trasforma la luce in spinta? Per rispondere alla domanda bisogna tralasciare per un attimo componente ingegneristica del progetto e ripassare un po’ di fisica.
La luce è composta da radiazioni elettromagnetiche che, come tali, esercitano una pressione di radiazione sullo specchio, la quale genera una quantità di moto dovuta ai fotoni riflessi. Grazie a questa forza è possibile inclinare la vela di un certo angolo e determinare i cambiamenti di direzione del veicolo spaziale. Per quanto riguarda lo sterzo, verranno impiegate delle pale ausiliarie (la cui inclinazione può essere modificata tramite motori elettrici) che agiscono come piccole vele solari in grado di cambiare l’assetto della vela grande centrale.
Oltre ad essere un valido sostituto del propellente in viaggi spaziali, il sistema della vela solare potrebbe venir utilizzato per effettuare rientri controllati di satelliti ormai in disuso, infatti è possibile rallentare dalla Terra la velocità del satellite puntando con un laser, o altri fasci di luce, la superficie riflettente della vela. Studi più teorici su missioni interstellari con vele solari pianificano di spingere la vela tramite un gigantesco sistema laser, inoltre verrebbe installato un piccolo laser a bordo delle navicelle che garantirebbe il funzionamento della vela anche in caso di scarsa luminosità.
I ricercatori della NASA hanno scoperto che, in corrispondenza di un’unita astronomica (AU, corrisponde a 150 milioni di chilometri), la luce del Sole è in grado di generare una potenza di 1.4 kW. Dividendo questo valore per la velocità della luce otteniamo la forza esercitata dal Sole: circa 9 Newton per miglio quadrato. In confronto, il motore principale di una navetta spaziale produce una forza pari a 1.670.000 di Newton durante decollo e 2,1 milioni di Newton di spinta nel vuoto. Tuttavia, la forza costante data dalla luce solare sarebbe in grado di accelerare un veicolo spaziale a velocità fino a cinque volte superiori a quelle dei razzi tradizionali; per questo motivo si è preso in considerazione questo sistema propulsivo per l’esplorazione dello spazio oltre l’eliosfera.
Le missioni che sfrutterebbero al meglio le prestazioni di una vela solare sono quelle che prevedono un tuffo vicino al Sole, infatti qui la luce è intensa e l’efficienza della vela è massima.
Materiali
Per la realizzazione di una vela solare occorrono materiali estremamente leggeri, molto riflettenti e in grado di sopportare temperature elevate.
La capacità riflessiva delle vele è fondamentale per il suo corretto funzionamento, infatti le particelle di luce, fotoni, che rimbalzano sul materiale riflettente spingono delicatamente la vela variandone il momento. Tuttavia poiché all’interno della luce solare vi è un elevato numero di fotoni e visto che ognuno di questi colpisce la superficie riflettente, si genera sulla vela una pressione costante che a sua volta comporta un’accelerazione costante del veicolo spaziale che è quindi in grado di raggiungere velocità elevatissime; è proprio questo il motivo per cui si preferisce l’impiego di un veicolo spaziale dotato di una vela solare al convenzionale razzo chimico.
Attualmente la NASA utilizza per le vele solari le pellicole alluminate di Kapton (pellicola polimmide in grado di rimanere stabile dai -269°C a +400°C, è il materiale di rivestimento esterno delle tute spaziali) che hanno uno spessore di 2 µm. Ovviamente lo strato in alluminio è posto sul lato rivolto verso il Sole.
Invece la Planetary Society, una società privata no-profit con sede a Pasadena, ha preferito utilizzare il rinforzo in alluminio Mylar per la realizzazione delle vele solari del Cosmos I (progetto russo-americano il cui unico scopo era testare la prima vela solare nello spazio, fallito a causa di difetti del razzo), il cui spessore corrisponde a circa un quarto di quello di un sacchetto in plastica.
Nel 2000 gli Energy Science Laboratories hanno sviluppato un nuovo materiale in fibra di carbonio che, nonostante abbia uno spessore duecento volte superiore a quello delle vele solari convenzionali, è talmente poroso (costituito da migliaia di fori) da eguagliare il peso del materiale più sottile finora testato. La rigidità e la durata di questo materiale lo rendono significativamente più robusto delle pellicole in plastica progettate per le vele solari. Il materiale può dispiegarsi da solo e dovrebbe essere in grado di sopportare temperature più alte.
Il lancio di una vela solare
Sfruttando unicamente il potere della luce solare, una vela solare non sarebbe mai in grado di staccarsi dal suolo. Quindi il metodo convenzionale per la messa in orbita di questo sistema propulsivo prevede l’ausilio di un secondo velivolo spaziale. Tuttavia esiste un altro modo per il lancio di una vela solare. Nel Jet Propulsion Laboratory della NASA (JPL) è stato portato a termine un esperimento che prevedeva l’uso di fasci di microonde per fornire la spinta necessario al decollo e raggi laser che spingevano la vela in avanti.
Una volta lanciate le vele solari si dispiegano tramite un sistema di bracci pneumatici, a sua volta attivato da un meccanismo di innesco.
Sviluppi Futuri
La NASA ritiene fondamentale l’impiego di vele solari per l’esplorazione dello spazio e illustra le sue motivazioni riferendosi alla nota favola “la tartaruga e la lepre”, dove gli attuali razzi sono la lepre mentre la vela solare è la tartaruga. In questa gara, il veicolo con propulsione a razzo rapidamente si porta in testa superando il veicolo dotato di vela solare che invece procede a ritmo lento ma costante. Prima o poi, non importa quanto velocemente si va, il razzo sarà a corto di carburante mentre il veicolo a vela disporrà di una scorta infinita di energia, data dal Sole. Quest’ultimo potrebbe anche potenzialmente tornare sulla Terra, mentre il velivolo a razzo non avrebbe alcun propellente per il rientro.
Continuando il suo viaggio grazie alla spinta del Sole, il veicolo a vela è in grado di raggiungere velocità impensabili per i veicoli alimentati a razzo; un veicolo del genere sarebbe in grado di viaggiare a circa 90 km/s, una velocità dieci volte superiore alla velocità orbitale dello shuttle (8 km/s). Per fornirvi un’idea di quanto sia veloce, pensate che a bordo di un veicolo a vela solare che ha raggiunto la velocità massima sareste in grado di percorrere la tratta New York-Los Angeles in meno di un minuto.
Se si volesse calcolare il tempo che impiega una sonda interstellare alimentata da vele solari a raggiungere Voyager 1 (la navicella spaziale più lontano dalla Terra) ne risulterebbe un viaggio di otto anni, un lasso di tempo insignificante rispetto ai vent’anni che ha impiegato la Voyager per arrivare dov’è. Se poi si aggiunge al sistema un trasmettitore fascio laser o magnetico, la NASA ha garantito che questi veicoli sarebbero in grado di raggiungere velocità di 30.000 km/s, un decimo della velocità della luce. A una simile velocità, il viaggio interstellare non sarebbe più un sogno ma una certezza.
di Sara Pavesi
http://www.youtube.com/watch?v=wLPK9uEstNE
Linkografia:
http://science.howstuffworks.com/solar-sail.htm
http://www.verascienza.com/la-vela-solare-un-nuovo-sistema-di-propulsion/
febbraio 27th, 2017 at 20:12
Molto interessante!