L’Indonesia è il primo esportatore e il secondo produttore mondiale di stagno dopo la Cina.
Dopo la forte domanda di stagno degli ultimi anni il governo indonesiano ha imposto alcune norme di cui due molto restrittive: il metallo deve essere raffinato nel paese e non può, quindi, essere venduto all’estero grezzo, e chi esporta può farlo solo attraverso l’Icde (Commodity and Derivatives Exchange di Jakarta), la borsa delle commodity di Jakarta. Secondo l’analista di Bnp Paribas, Stephen Briggs, la forzata esportazione attraverso un’unica borsa, decisa dal Governo locale, alzerà il prezzo del metallo fino all’8% in più del valore attuale.
Questa forte crescita del costo dello stagno, ancorché forzata dall’Icde, dipende anche dall’enorme richiesta dei mercati produttori di componentistica elettronica, che hanno assorbito le già scarse scorte dei magazzini indonesiani, anche di grandi società come la Timah, primo produttore di stagno del Paese (le altre società produttrici di stagno più grandi al mondo sono la cinese Yunnan Tin, la Malaysia Smelting -Malesia, la Minsur-Perù e la Thaisarco-Thailandia).
Metallo | $/tonnellata 2013 | $/tonnellata 2014 |
Alluminio | 2017 ($/tonnellata) | 2100 ($/tonnellata) |
Rame | 7.920 ($/tonnellata) | 7.500 ($/tonnellata) |
Palladio | 748 ($/oncia) | 795 ($/oncia) |
Piombo | 2363 ($/tonnellata) | 2.450 ($/tonnellata) |
Stagno | 24.656 ($/tonnellata) | 26.000 ($/tonnellata) |
Zinco | 2.058 ($/tonnellata) | 2.700 ($/tonnellata) |
Nickel | 16.500 ($/tonnellata) | 18.000 ($/tonnellata) |
Il valore economico dei sette metalli più importanti al mondo.
I settori industriali più attivi sono quelli delle fotocamere, smartphone e i dispositivi che, in genere, richiedono saldature di precisione. Solo la minuteria elettronica, al momento utilizza il 50% di tutto lo stagno disponibile nel mondo. Un cellulare, per esempio, contiene 0,7 grammi di stagno e i comuni reader ne contengono almeno 3 grammi.
Le riserve complessive di stagno del mondo ammontano a 4,8 milioni di tonnellate. I più grandi giacimenti di stagno sono quasi sempre di natura alluvionale e si trovano per lo più nel sudest asiatico come Cina (43%) e Indonesia (20%). Altre zone estrattive si trovano in Perù, Brasile e Bolivia. Dal riciclo e fusione di rottami di leghe si recuperano ogni anno altre 12.500 tonnellate, poca roba se si calcola che alla fine di quest’anno la domanda globale del prezioso metallo supererà 350mila tonnellate, insufficienti a soddisfare il fabbisogno industriale attuale.
A cosa serve lo stagno
Lo stagno (Sn) è un metallo di color bianco argenteo, e grazie alla sua particolare struttura cristallina risulta morbido e duttile da lavorare, ma al contempo fragile alle alte temperature.
Molto resistente alle corrosioni dell’acqua marina, di quella potabile e di quella distillata è invece facilmente aggredibile da acidi forti, alcali e sali acidi. In presenza di ossigeno, disciolto in acqua, lo stagno agisce da catalizzatore accelerando l’attacco chimico. Spesso usato con il rame per aumentarne la durezza (questa lega non è altro che il bronzo) veniva genericamente usato in passato quale rivestimento per proteggere dalle corrosioni altri metalli come piombo, zinco e acciaio. Anche ora molti contenitori, come le comuni lattine o le scatolette per il cibo, sono rivestite in acciaio stagnato. Perfino le navi vengono dipinte con lo stagno per evitare il proliferare di alghe e crostacei sull’opera viva dello scafo. La carta stagnola, oggi sostituita con i rotoli di alluminio non mancava mai nelle cucine domestiche. Ma anche le fabriche di finestre lo usano spesso: facendo galleggiare il vetro fuso sopra uno strato di stagno fuso, la lastra di vetro si raffredda e la sua superficie risulta perfettamente piatta. Non ultima la lega niobio-stagno usata per fabbricare cavi per magneti superconduttori, che devono resistere ad alte temperature e forti campi magnetici.
I minatori di Bangka
Si scava dal mattino presto fino a sera tardi. Da 13 anni, senza sosta, le foreste dell’isola di Bangka vengono devastate ogni giorno come un gruviera, pervase ormai completamente da acqua acida e metalli pesanti che affiorano grazie a trivellazioni indiscriminate, liberalizzate dal governo indonesiano nel 2001. Decine di minatori improvvisati, con licenza governativa in mano, scavano freneticamente per portare in superficie il loro bianco tesoro argenteo.
Sono casalinghe, pensionati, giovani ragazzi, pescatori, bambini: il 40 % della popolazione di Bangka, si gioca le sorti del proprio futuro e la carta è finalmente vincente, lo stagno. A nulla serve indicare e autorizzare una zona piuttosto che un’altra: sono tutte buone, basta scavare. Gli incidenti sono frequenti e spesso si muore, tuffandosi nell’acqua scura e melmosa. A 8 metri di profondità, a nuoto, devono risucchiare il metallo grezzo con un grosso tubo di plastica, potenziato da una pompa diesel, lo stesso motore che pompa anche l’aria, risucchiandola in superficie dentro un manicotto sott’acqua attraverso il quale i minatori respirano, anche se ogni mezz’ora riemergono per una boccata d’aria fresca! Il rischio per chi si immerge è infatti quello, come minimo, di respirare aria caldissima e irritanti gas di scarico o, peggio, di venire travolti dal fondo del mare, che, battuto e ribattuto dalle lunghe canne di bambù, che lo smuovono per portare in superficie il prezioso minerale, frana all’improvviso, lasciando sepolti sotto metri di sabbia i minatori.
Alla fine di una giornata di lavoro, si raccolgono forse 15 chili di stagno, per un valore medio di 100 dollari, e un corrispettivo a giornata uomo di 15 dollari, il doppio della paga di un bracciante locale.
La legge locale stabilisce che i terreni trivellati, una volta utilizzati, andrebbero alla fine ripuliti, richiusi e piantumati con nuova vegetazione, ma in realtà vengono semplicemente abbandonati. Il mare è in condizioni anche peggiori e gli sversamenti di sabbia provocati dalle canne di bambù hanno distrutto fino al 60% della barriera corallina e allontanato i pesci della zona. I pescatori che fino a 14 anni fa buttavano le reti in un raggio di 6 chilometri dalla costa, oggi le devono gettare a trenta.
Nel 2012 gli ambientalisti di Friends of the earth hanno chiesto ai maggiori produttori di telefoni cellulari di farsi carico del disastro ambientale di Bangka e di rendere trasparente la filiera dello stagno. Ci sono voluti molti mesi solo per ammettere che la maggior parte di loro usa lo stagno che proviene da quell’isola.
Il capo dell’amministrazione provinciale di Bangka , Yan Megawandi, è stato molto chiaro: “A breve termine è impossibile fermare le estrazioni illegali, dobbiamo essere realisti. Dobbiamo prima creare posti di lavoro, di modo che gli abitanti possano sfamare i loro figli. Abbiamo bisogno di aiuto. Credo sia giusto chiederlo a chi ha beneficiato del nostro stagno. Non chiediamo necessariamente denaro, ma tecnologia, formazione e assistenza, per rendere più ecocompatibile la nostra società”.
di Adriana Paolini