Di cosa si parla quando si parla di Patchwork e di Quilting?
Sono lavori che tradizionalmente rientrano nella categoria dei “lavori femminili”.
Il femminismo degli anni ’70 ha sdoganato dalla banale quotidianità e dal loro anonimato, questi lavori,perché rappresentano la capacità delle donne di mettere sempre qualcosa di sé e della propria sensibilità, della propria fantasia e capacità in ogni lavoro.
Quindi dobbiamo ringraziare il movimento femminista se si è presa consapevolezza dell’esistenza del cosiddetto specifico femminile, cioè di quella cultura che si dipana per tutto il percorso della storia e che è sempre stata tramandata di madre in figlia fino ai giorni nostri.
Patchwork
Il Patchwork, largamente diffuso negli Stati Uniti, consiste nel cucire insieme toppe e pezze di vario tessuto disposti in modo da formare disegni e motivi geometrici, precisi o astratti.
Ogni manufatto è chiamato “sandwich perché organizzato in tre strati:
Top: strato superiore costituito da una serie variegata di tessuti oppure da uno unico.
Bating : strato intermedio di imbottitura.
Backing : strato inferiore o retro.
Il binding è una striscia di tessuto tagliata in sbieco che chiude il lavoro.
I tre strati vengono uniti insieme saldamente da una trapuntatura (quiltatura) che, oltre ad essere funzionale alla stabilità del lavoro, è anche decorativa e dà il nome al lavoro: Quilt.
Geografia del Patchwork: un mito da sfatare.
Contrariamente a quanto si pensa, il Patchwork non è nato negli Stati uniti, ma è un fenomeno che nasce e si sviluppa contemporaneamente in tutte le zone abitate del globo.
In realtà non ha delimitazione geografica e nemmeno temporale, ma nasce in correlazione con il bisogno dell’uomo di coprirsi.
Tutto inizia con l’invenzione dell’ago, la scoperta dell’uso di fibre da filare e tessere, la fantasia e l’affinarsi del gusto estetico, alla ricerca del bello. Le donne imparavano così a rattoppare un vestito, una coperta, un qualsiasi pezzo di tessuto, cercando l’armonia della forme, dei colori e coltivando l’arte di saper fare.
Inizialmente avrà prevalso la necessità di coprirsi e tenersi caldi, e quindi predisporre tanti strati di tessuto, strettamente uniti tra di loro.
Poi, subentrata la necessità di impiegare tessuti altamente durevoli e, probabilmente, difficili da reperire, si inizia l’arte del rammendo e l’uso delle toppe.
Ritrovamenti archeologici riconducibili al Patchwork sono stati fatti ovunque.
I sashiko
Il Sashiko è una tecnica giapponese.
Oggi è una forma di ricamo che segue regole prestabilite, ma la sua storia è piuttosto antica.
Le prime tracce documentate risalgono al periodo Edo (1615-1868), prima metà del 1600 circa.
Probabilmente il Sashiko veniva utilizzato come tecnica di rammendo nelle campagne.
Era un lavoro prettamente invernale, che le contadine o le donne dei pescatori svolgevano quando il maltempo impediva loro di lavorare all’aperto.
I giapponesi, per i loro indumenti da lavoro, usavano un tessuto di cotone molto simile al tessuto jeans prodotto in Liguria fino all’inizio del secolo scorso.
Il tessuto giapponese era tinto di blù con l’indigofera, (un’erba usata ancora adesso per la tintura naturale dei tessuti) ed il trapunto era rigorosamente bianco, comunque chiaro e in netto contrasto con il tessuto.
Il lavoro veniva fatto su capi d’abbigliamento di uso quotidiano, che venivano sfruttati fino a consumazione.
Il sashiko era usato anche per confezionare abiti che servivano a proteggersi dal fuoco e tuniche da indossare sotto le armature.
Poi, diviene un semplice hobby per le signore delle classi sociali più elevate.
Quilt in Afganistan: Korak
Il Korak è una delle più antiche forme di patchwork del mondo.
Ne sono stati prodotti diversi esemplari lungo la Via della Seta, principalmente nelle zone dell’Afghanistan, Uzbekistan e Turkmenistan.
I Korak venivano usati principalmente come pavimentazione e rivestimento delle capanne (yurta, tenda a cupola circolare utilizzata dai nomadi di quelle zone), a volte pressati in pareti di fango ancora morbide.
I Korak hanno avuto una funzione sia decorativa sia di demarcazione dello spazio in più ambienti.
Sono stati utilizzati anche per coprire tavoli, letti, o per avvolgere le salme al momento della sepoltura.
La Via della Seta, lungo la quale le carovane portavano i tessuti provenienti dalle diverse parti del globo, fu la culla di questa tecnica che impiegava cotone, seta, broccato e velluto, probabilmente a strisce ricavate da indumenti, o ritagli triangolari di cotone dello stesso tipo di quello utilizzato per i rivestimenti delle tende.
Alcuni pezzi erano impreziositi da piume, crine di cavallo, bottoni o perle di vetro blu.
Il libro di Ruth Tschudy, unico testo importante sul Korak, spiega il significato delle forme e dei colori impiegati: “I Koraks sono cuciti su basi di tessuto come vecchi cotoni e lino. Un sacco di lavoro va nella preparazione dei modelli e nel taglio delle forme del tessuto. Si tratta solo di quadrati e rettangoli di varie misure che vengono piegati e o sovrapposti in modo da formare varie figure geometriche, fra cui prevale il triangolo.”
Kuna: Mola
La mola (in italiano più comunemente molas) è una forma di artigianato strettamente legata all’abbigliamento tradizionale degli indios Kuna che abitano le isole di San Blas, provincia di Kuna Yala, Panamá.
Nella società dei Kuna, discendenza, eredità e successione avvengono in linea materna. Le donne Kuna indossano gonne lunghe fino alle caviglie e camicette dai variopinti disegni, sulle quali sono cucite le molas, caratteristiche pezze formate da diversi strati di ritagli di tessuto colorato.
L’uso di ornare gli abiti con questa tecnica deriva dall’antica abitudine delle donne Kuna di decorare il proprio corpo con disegni geometrici realizzati con colori naturali.
Su uno strato di tessuto, che forma la base, ne vengono applicati altri, di colori contrastanti, ritagliati e cuciti con piccoli punti praticamente invisibili, in modo da formare complicati disegni lineari. Gli ultimi particolari del disegno vengono aggiunti con punti di ricamo.
I disegni tradizionali sono astratti, lineari e geometrici, direttamente derivati dallo stile di decorazione geometrica che veniva anticamente utilizzata per dipingere il corpo.
Altri soggetti si ispirano alle loro leggende e tradizioni, come l’olasu (anello al naso).
Forte fonte d’ispirazione è la natura, con arcobaleni, animali, fiori e piante.
La capacità di fare una bella molas indica anche lo status di una donna kuna.
America : Seminole
Le guarnizioni dei vestiti degli indiani d’america seminole.
Il popolo abitante nel sud-est del territorio degli Stati uniti, i Seminole, sono nativi americani. Alla fine del 1800 comincia a svilupparsi il commercio dei tessuti, soprattutto del cotone. Le donne di quei territori, cominciano così a realizzare con gli avanzi di tessuto delle strisce, le “strip tema“. Con l’invenzione della macchina per cucire, intorno alla fine del 19 ° secolo, si diffonde anche fra queste donne, l’uso di strisce molto più piccole. I disegni Seminole, diventano così sempre più complessi. Patchwork Seminole era solitamente usati per i vestiti tradizionali, comprese le lunghe gonne delle donne e le grandi camicie patchwork indossate dagli uomini. Ancora oggi questi capi vengono sfoggiati per le feste tradizionali.
Hawaii: Hawaiian
I Quilt hawaiani sono chiamati Hawaiian;
Il quilting fu insegnato alle donne nelle Isole hawaiane dai missionari del New England, nel 1820. che imparavano a cucire insieme gli scarti dei materiali tradizionali importati appunto dal New England.
Prima di apprendere l’arte di fare quilt, le donne hawaiane facevano tessuti in forma di copriletti noti come ‘Kapa Moe’.
Kapa Moe era fatta di corteccia di alberi, poiché il clima delle Hawaii non permette la produzione di cotone. Il tessuto veniva ottenuto battendo le cortecce, poi infeltrite e decorate con i diversi colori e modelli. Dopo l’apprendimento delle tecniche quilting tradizionali e utilizzando i tessuti dell’Occidente, gli hawaiani, nel tempo hanno sviluppato un proprio stile, più aderente alla loro tradizione e cultura.
Le tecniche hawaiane utilizzate per il patchwork e per il quilting sono molto particolari.
I tessuti usati per creare i disegni sono di due diversi colori.
Tra le tecniche apprese dai missionari, il ‘metodo snowflake’, prevedeva la preparazione di un modello, un quarto del progetto, che veniva posto sulla stoffa piegata in quattro; la stoffa veniva tagliata come se si trattasse di bamboline di carta (come quelle che facevamo da piccoli).
Questo metodo da luogo ad un disegno simmetrico del tessuto che viene sovrapposto a una base in tinta unita e applicato manualmente con la tecnica del “needle turner”.
“L ‘echo”, tecnica di quilting viene eseguita seguendo il contorno del disegno per tutta la trapunta e mantenendo fra le cuciture la distanza di un dito.
I disegni utilizzati nei quilt hawaiani venivano ispirati da motivi presi a prestito dalla natura e da esperienze personali, da un evento significativo o persino da sogni! Fantasie floreali, piante e animali sono simboli della naturale bellezza e delle tradizioni delle Hawaii.
Ogni trapunta creata, e rigorosamente cucita a mano, riceve un nome in base a ciò che l’ha ispirata.
di Costanza Galli
Linkografia:
http://www.squidoo.com/sashikoembroidery
http://www.designbyaika.com/what-is-sashiko/
http://www.semtribe.com/Culture/SeminoleClothing.aspx
http://www.molaartandcraft.com/links.php?27219