Sfruttare il potenziale energetico infinito del Sole per sopperire al fabbisogno di un’intera nazione. Il progetto potrebbe sembrare solo fantascienza, ma sta cominciando a prendere corpo nelle intenzioni e nei piani della JAXA, l’Agenzia Spaziale Giapponese.
Il Sole, la stella che da più di cinque miliardi di anni illumina l’intero Sistema Solare, la cui luce ha permesso alla vita di svilupparsi sul pianeta azzurro; è lui il motore della giostra planetaria, lui che con la sua attrazione gravitazionale regola e governa il moto dei mondi sin dal suo inizio. Ed è da sempre una fonte inestinguibile (o quasi) di luce, calore, energia. Un’energia pulita, che non inquina, rinnovabile e virtualmente illimitata. Fin dalla metà del secolo scorso l’uomo ha cominciato a comprenderne i vantaggi (ma anche le difficoltà) di poter sfruttare questa energia e molti passi in avanti sono stati fatti al fine di creare e migliorare le tecnologie volte a immagazzinare questa energia in modo da poterla utilizzare sotto forma per esempio di corrente elettrica. Ed è qui che approda questo lungo filone: sulle coste della baia di Tokyo, nel cuore dell’impero del Sol Levante.
Le ragioni del progetto: tutte le motivazioni del Giappone
Infatti la JAXA (Japan Aerospace Exploration Agency) sta sviluppando un progetto per creare un enorme pannello fotovoltaico situato nello spazio in grado di catturare l’energia del Sole e trasferirla sulla Terra e usarla per alimentare città, campagne, infrastrutture, industrie di energia elettrica. E il Giappone è la punta di diamante della ricerca in questo settore e non poteva essere diversamente: povero sia di combustibili fossili che di gas naturale, il paese si è votato a una politica nucleare in materia di approvvigionamento energetico. Tuttavia i recenti incidenti (uno su tutti: il reattore di Fukushima) stanno spingendo il popolo nipponico a trovare delle alternative valide al nucleare per sopperire al proprio bisogno di energia. Ovviamente l’attenzione corre alle energie pulite, il fotovoltaico, l’eolico, ma queste soluzioni richiedo spazio che il Giappone, snodato su isole piccole e strette, spazio che andrebbe tolto a settori produttivi quali l’agricoltura e le industrie. Ed è forse proprio dalla spinta di tutte queste esigenze che è nata l’idea di poter puntare sì sull’energia solare, ma di prenderla stando direttamente nello spazio, dove essa è presente in misura 10 volte superiore che sulla Terra e non è affetta da cali di rendimento dovuti all’alternarsi del giorno e della notte.
Alla base del progetto
Il progetto prevede di installare questo impianto fotovoltaico a circa 36.000 chilometri sulla superficie terrestre, nell’orbita geostazionaria, così detta perché qui la velocità di rotazione intorno alla Terra è esattamente pari alla sua velocità di rotazione. Ne consegue che un oggetto collocato su questa orbita al di sopra di un ben preciso punto sulla Terra, continuerà a ruotare insieme con il pianeta rimanendo sempre esattamente sopra quel preciso punto. Per intendersi, è la stessa orbita su cui si trovano i satelliti per telecomunicazioni. Su quest’orbita particolare verranno collocati dei satelliti a energia solare (SPS) in grado di produrre 1 GW di energia, pari cioè a quella prodotta da un’intera centrale nucleare. E ciò significa che questi satelliti molto particolari dovranno essere molto estesi e pesanti. Per gestire e controllare tutte le operazioni della missione ci sarà bisogno delle conoscenze e delle tecnologie più all’avanguardia in tutti i principali settori dell’industria spaziale e non solo: dalla costruzione di strutture spaziali al lancio, dall’assemblaggio alla gestione della trasmissione energetica, al controllo dell’assetto.
Due possibili configurazioni
La JAXA sta studiando due possibili configurazioni: la prima consiste di un unico pannello di circa 2 km di superficie ricoperta da materiale fotovoltaico e dotato di antenne per la trasmissione dell’energia nella parte posteriore. A questo pannello sarà collegato a diversi chilometri di distanza un secondo satellite che alloggerà i sistemi di controllo e di comunicazione. Per mantenere il sistema nel giusto assetto all’interno dell’orbita, si sfrutterà la stabilizzazione tramite gradiente di gravità, una tecnica che, attraverso l’equilibrio delle forze e delle attrazioni gravitazionali agenti sulle parti collocate a una certa distanza tra loro e rispetto alla Terra, consentirà di risparmiare combustibile o energia per le operazioni di controllo di assetto. Tuttavia questa prima soluzione impiantistica mostra un problema fondamentale. Infatti, essendo fissa la posizione del pannello, la produzione di energia non sarebbe costante, poiché varierebbe in base alla rotazione della Terra e del satellite stesso sull’orbita geostazionaria.
Per ovviare a questo inconveniente l’Agenzia Spaziale Giapponese ha pensato a una seconda configurazione. Questa volta non solo un pannello, bensì due, sui quali la luce del Sole viene concentrata grazie a due specchi liberi di muoversi, garantendo una concentrazione di luce sui pannelli 24 ore su 24. Ma ovviamente in questo caso bisognerebbe studiare molto più attentamente la collocazione nello spazio degli oggetti al fine di garantirne l’equilibrio e al tempo stesso sviluppare dei cavi ad alta tensione in grado di trasportare l’energia dai pannelli al satellite centrale con perdite resistive minime.
La sfida più importante: la trasmissione dell’energia
E queste sono solo alcune delle sfide che attendono i giapponesi. Infatti gli altri grandi interrogativi riguardano la trasmissione a terra dell’energia raccolta nello spazio. La tecnica principale prevede l’utilizzo di laser, i quali hanno vantaggi e svantaggi connessi entrambi alle lunghezze d’onda d’utilizzo, che sarebbero piccole per questo tipo d’applicazione. Queste lunghezze d’onda, sebbene possano essere trasmesse e ricevute da oggetti relativamente piccoli, presentano l’inconveniente di essere bloccate dalle molecole d’acqua presenti nell’atmosfera. Le microonde con lunghezze d’onda tra i 5 e i 10 centimetri permettono di aggirare quest’ostacolo. Esse inoltre garantiscono alta efficienza di conversione, sia nel passaggio da corrente continua a microonde sia in quello opposto. La scelta della frequenza di trasmissione invece si basa su un compromesso tra capacità di penetrare l’atmosfera terrestre e dimensioni delle antenne ricevitrici. Un’altra problematica connessa alla trasmissione dell’energia consiste nel riuscire a determinare la precisione con la quale un fascio di microonde può “centrare il bersaglio”, ossia raggiungere la giusta antenna ricevente posta a 36.000 chilometri di distanza. La JAXA ha proposto una soluzione a questo problema, che consiste nel “guidare” il fascio di microonde verso la giusta antenna attraverso un segnale pilota.
Una volta raggiunta l’antenna ricevente, l’energia contenuta nel fascio di microonde viene riconvertita in corrente continua e questa a sua volta è convertita in corrente alternata, pronta a essere utilizzata.
Un nuovo futuro per lo sviluppo energetico del pianeta
Data la complessità e l’importanza del progetto, si pensa che esso possa vedere la luce non prima del decennio 2030-2040. Nel frattempo si procederà per gradi, step-by-step, cercando di risolvere le problematiche che di volta in volta si presenteranno, confermando o invalidando ciò che era stato progettato. La strada è ancora lunga e ricca di sfide, non solo per il Giappone ma per tutto il mondo della ricerca e dell’ingegneria, ma se tutto ciò che la JAXA ha brillantemente pensato dovesse un giorno orbitare sopra le nostre teste, allora saremo di fronte a un grande, grandissimo salto per l’umanità, una rivoluzione nella storia dell’energia paragonabile all’invenzione della macchina a vapore, in grado di dare un volto nuovo al futuro dell’uomo e del suo unico, splendido pianeta.
di Michele Mione
Linkografia:
http://spectrum.ieee.org/green-tech/solar/how-japan-plans-to-build-an-orbital-solar-farm