Da quando l’Information Technology è entrata lentamente, ma prepotentemente nella vita di tutti i giorni, si è assistito a una sempre maggiore virtualizzazione della nostra vita e dell’economia. Un aspetto infatti che caratterizza l’economia moderna è la possibilità di pagare e di ricevere pagamenti senza l’uso di banconote o di cambiali fisiche, bensì mediante carte di credito o altri strumenti “virtuali”. Questo metodo di pagamento, introdotto in America a partire dalla metà del secolo scorso, è quasi esclusivamente frutto di motivazioni (ovviamente) economiche e di profitto.
Le banche infatti sono ben contente di avere a disposizione i depositi dei correntisti per le loro attività, cioè prestiti o azioni speculative, a differenza del cosiddetto capitale circolante che, come lascia intendere il termine stesso, non è nelle “loro” disponibilità.
Se questa virtualizzazione può essere molto comoda e frutto di notevoli vantaggi per tutte le parti in causa, non a caso ha avuto un enorme successo, cosa succede invece quando a virtualizzarsi non è più il mezzo di pagamento, bensì la moneta stessa?
Se lo deve essere chiesto, nel 2008, un signore (o signora) conosciuto con lo pseudonimo di Satoshi Nakamoto. Non si sa molto di questo geniale inventore, se non che, probabilmente, è giapponese e, sicuramente, è ormai molto ricco.
Il sistema monetario dei Bitcoin è basato su un software open source che, tramite una rete peer to peer, permette di acquistare bitcoins e spenderli nella rete per gli acquisti grazie all’uso di “portafogli virtuali”, scaricati grazie all’uso di un software gratuito.
Il termine stesso di “moneta virtuale” farebbe tremare i polsi a qualsiasi persona che abbia aperto almeno una volta un libro di economia (basterebbe anche solo il Manuale di Paperon de Paperoni sui fondamenti dell’economia), ma evidentemente Nakamoto ha puntato molto sull’ignoranza in materie economiche degli utilizzatori o, molto più probabilmente, sul loro desiderio di arricchirsi.
Per secoli gli economisti hanno dibattuto su come stabilizzare il mercato monetario mondiale e di conseguenza le relative economie contro l’elevata inflazione o la dipendenza da fattori esterni (il Gold Standard ad esempio, fallì per l’eccessiva interdipendenza tra il dollaro e le riserve auree).
Ebbene, i Bicoin rappresentano l’esatto opposto della stabilità monetaria.
Il giro d’affari dei bitcoin è ancora molto limitato se rapportato alle altre monete, ma la vertiginosa ascesa di questa valuta virtuale suscita più di una preoccupazione in tutto il mondo.
I bitcoin vengono usati per piccoli scambi e non possiedono ancora una pericolosa pervasività, ma acquistereste una moneta di cui non avete mai sentito parlare da un persona appena conosciuta ad un mercato rionale? Con i Bitcoin avviene all’incirca la stessa cosa.
A molti potrebbero ricordare, facendo le dovute proporzioni, le monete di carta che puoi “spendere” nelle crociere o nei villaggi turistici, dove non ti accorgi effettivamente di spendere “moneta”, ma te ne accorgi eccome alla fine della vacanza.
Il rapporto bitcoin-dollaro è arrivato infatti all’astronomica cifra di 1 a 540 e il controvalore monetario a novembre 2013 era di circa 6 miliardi di dollari statunitensi, con un aumento percentuale a valore del 20.000% nell’ultimo anno.
Un elemento che ha sicuramente incentivato il successo dei Bitcoin è collegato alla crisi finanziaria attuale, con utenti che, non fidandosi delle economie dell’eurozona, preferiscono operare transazioni in Bitocoin, ma la crescita più che esponenziale dell’ultimo anno unite a cadute di anche il 75% del valore in una notte, porta alla conclusione che si tratti di una bolla speculativa.
Con questi presupposti non ci voleva certo Krugman, premio Nobel per l’Economia, per dire che i Bitcoin potrebbero essere una moda molto pericolosa e con conseguenze potenzialmente disastrose.
Non rimane da sperare che questo fenomeno non si allarghi eccessivamente e che quando scoppierà la bolla speculativa non inneschi un effetto a catena sull’economia reale, come avvenuto con la crisi finanziaria del 2008.
Spetta agli stati nazionali prendere le necessarie precauzioni, cercando di non farsi afferrare dal miraggio del guadagno facile.
Proprio in questi giorni il sito MtGox, una dei più importanti al mondo per lo scambio di bitcoins, è scomparso dai siti internet, facendo sprofondare il valore delle monete virtuali scambiate nel sito dell’83%, volatilizzando 345 milioni di euro!
Tutto ciò ha dato maggior forza a quanti sostengono che il sistema dei Bitcoin sia solo un altro cosiddetto “Sistema Ponti”, cioè un sistema che si autosostiene grazie a nuovi utenti e investitori, ma che crollerebbe subito a seguito di una momentanea flessione degli investimenti. Il mercato dei Bitcoin, se ben gestito da autorità nazionali o sovranazionali centrali, potrebbe portare a una rivoluzione monetaria senza precedenti, ma allo stato delle cose attuali rappresenta solo un enorme rischio.
Se capitate dalle parti di Newport, in Galles, non stupitevi di vedere un signore mentre scava in una discarica. Si tratta di James Howells, un ingegnere informatico di 29 anni.
Nel 2009 ha gettato per sbaglio in una discarica un armadio contenente un hard disk con 7500 bitcoin, all’epoca quasi senza valore.
Attualmente varrebbero quasi un milione di dollari, sebbene sei mesi fa potevano fruttare un controvalore di circa 4 volte e mezzo.
Insomma, se non fosse a conoscenza delle precedenti considerazioni e delle ultime novità riguardo i Bitcoin, consigliategli pure di scavare più in fretta.
di Federico Zanoli
marzo 21st, 2014 at 11:27
interessanti analisi di un economista noto sulla possibilità che il destino di bitcoin sia solo quello della bolla speculativa:
http://www.garynorth.com/public/11828.cfm
http://www.rischiocalcolato.it/2014/01/tulipani-digitali-la-mania-di-bitcoin.html