Arrivati a casa stanchi dopo una giornata di lavoro? Oppure vi state preparando a partire per una settimana di vacanza? In ogni caso, quel che vi serve è una bella colonna sonora…quella che preferite, che sia la sinfonia n. 8 di Gustav Mahler o ‘Paint it Black’ dei Rolling Stones, scegliete voi : dovete solo accendere lo stereo, il lettore MP3 (o qualsiasi altro supporto utilizziate) e mettervi comodi. Al resto ci pensa lui, Ray Dolby. Perché se la riproduzione dei suoni è diventata quella che conosciamo tutti in meno di 50 anni, lo dobbiamo alla sua passione e al suo genio. Ray Milton Dolby venne al mondo il 18 gennaio del 1933 a Portland, nello stato dell’Oregon, in uno degli inverni più duri che la meteorologia abbia registrato.
La rigidità del clima e le poche opportunità economiche della regione (si era nel pieno della Grande Depressione causata dal crollo della borsa nel 1929) spinsero la famiglia Dolby a trasferirsi in California, sulla costa ovest degli Stati Uniti, nella regione chiamata della Bay Area. Una scelta che avrà conseguenze fondamentali nella crescita del giovane Ray e nel suo destino di inventore.
Incidentalmente i Dolby trovano casa nell’entroterra di San Francisco, dove la vita scorre tranquilla, fino allo scoppio della seconda guerra mondiale. Il coinvolgimento degli Stati uniti nel conflitto portò uno sviluppo gigantesco: nella zona si stabiliscono moltissime aziende che vedono nei lucrosi contratti delle forniture belliche grandi opportunità, negate fino ad allora dal torpore in cui l’economia americana era caduta dalla crisi del 1929. Curiosamente, molte delle imprese nate in quella parte del Sud della California si occupavano di tecnologie elettroniche, una vocazione mantenuta poi nel tempo. Tanto che negli anni ’70 divenne nota in tutto il mondo come Silicon Valley, durante il boom dell’industria informatica.
A 16 anni nell’estate del 1949 Ray trova come molti suoi coetanei un lavoretto nella Ampex Electric and Manufacturing Company, fondata da un eclettico imprenditore di origini russe, Alexander Michael Poniatoff. Fino ad allora l’azienda ha prodotto generatori e componentistiche elettriche per i militari, ma Poniatoff guarda avanti alla riconversione industriale. Da sempre si è interessato alla registrazione e manipolazione dei suoni: ha raccolto attorno a se un gruppo di entusiasti ricercatori e scienziati, inoltre ha conosciuto Jack Mullin e i suoi studi sui “Magnetofoni”. Mullin nel luglio del 1945 si trovava come militare dell’U.S. Army nella Germania occupata dagli alleati. Tecnico con esperienza nel campo delle radio e dell’industria discografica, rimase folgorato dall’esperienza fatta dai tedeschi alla fine degli anni ’30 con i registratori magnetici su nastro, molto più avanti di qualsiasi altra realizzazione a livello mondiale.
Mullin studiò a lungo i magnetofoni usati dall’emittente Radio Frankfurt, prodotti dalla AEG e dalla Telefunken, nonché i rivoluzionari nastri in bobina messi a punto dalla BASF.
Quando tornò nella Bay Area mise a frutto la tecnologia studiata lavorando con l’emittente radio ABC e il gigante della chimica americano 3M. Mullin e Poniatoff collaborano da subito attivamente per sviluppare la tecnologia del registratore a nastro, anche perché a finanziare la loro ricerca contribuì con 50.000 dollari dell’epoca (una cifra astronomica) nientemeno che Bing Crosby, showman e stella di radio e cinema di enorme popolarità.
Crosby detestava cantare e recitare in diretta, tanto da rompere il contratto milionario con l’emittente NBC per questo. Aveva registrato su vinile qualcuna delle sue performance, ma non era sufficiente. La possibilità di registrare, tagliare, comporre le puntate dei suoi show su nastro era esattamente quel che voleva Crosby. Poniatoff nel 1947 mise a punto e iniziò a produrre in serie il primo registratore magnetico dell’era moderna, l’Ampex Model 200, con cui nel 1948 venne registrato e messo in onda dalla ABC il primo spettacolo in differita vera e propria della storia.
L’Ampex 200 costava all’epoca 4.000 dollari (oggi equivalenti a quasi 9.500 Euro!!!), un vero sproposito, quindi era destinato prettamente all’uso professionale. Anche le dimensioni non erano proprio maneggevoli, simili a quelle di un mobile da casa.
Quando il giovane Ray fu messo da Poniatoff a lavorare sui nastri di bilanciamento del Model 200 il destino di Dolby fu segnato. Ray Dolby ricordava che quell’estate passò anche 15 ore al giorno a mettere a punto la macchina ed i suoi accessori, un lavoro di ricerca pura che sviluppò la sua innata inventiva e la passione per la riproduzione perfetta del suono. Del resto, se Poniatoff aveva messo a lavorare un ragazzino di 16 anni sul progetto più importante della sua industria è perché aveva intuito il suo grande talento. Dolby si trovò a crescere professionalmente nell’ambiente perfetto, in un momento di grande entusiasmo, fianco a fianco alle menti più importanti nel campo. Come un pesce nell’oceano. Di fatto Dolby, entrato per un lavoretto stagionale, non lasciò più la Ampex, trovandosi coinvolto nei più grandi progetti del tempo: tra il 1954 e il 1956 contribuì in maniera essenziale allo sviluppo del sistema a nastri audiovisivi “quadruplex”, pietra miliare per la nascente televisione commerciale.
Nel frattempo Dolby si diplomò e si iscrisse alla facoltà di ingegneria di San Josè, poi passò all’ateneo di Stanford dove ottenne la laurea, a pieni voti (manco a dirlo) nel 1955. Il fuoco sacro per la ricerca del suono perfetto ormai era acceso e Dolby inizia a guardarsi attorno. Dopo una parentesi in India come consulente tecnico come inviato dell’O.N.U., Dolby approdò in Inghilterra, dove si rimise a lavorare sulle sue idee a tempo pieno. E anche a studiare: nel 1961 conseguì un dottorato in fisica, con borsa di studio, a Cambridge.
Nel 1965, negli anni mitici della “swingin’ London” fondò la sua impresa, i Dolby Laboratoires. Ed è qui che riuscì a mettere a punto nel 1966 il suo primo sistema di registrazione, chiamato Dolby A: all’epoca la registrazione su nastro a due tracciati rendeva di per sé abbastanza manipolabile e purificabile il suono. Ma la traccia andava poi trasferita sul disco in vinile, le cui incisioni invariabilmente trasferivano fruscii che rovinavano il lavoro fatto in studio: sono i famosi rumori di fondo che chi ha vissuto l’epoca dei “45 giri” o dei “long playing” a 33 giri conosce bene.
Il sistema, concettualmente semplice, consisteva nell’esaltare le alte frequenze durante la registrazione del nastro “master”, per evitare la maggior parte di quei fastidiosi effetti poi esaltati involontariamente sul vinile. Di seguito lavorando sulle basse frequenze e equlibrando le alte si presentava un insieme sonoro molto depurato all’incisione su disco.
Fu una rivoluzione che consentì di aumentare la purezza nella riproduzione abbattendo gli effetti indesiderati dai 20 ai 60 decibel.
La Decca Records, memore del flop subito quando rifiutò di mettere sotto contratto i Beatles, firmò con il giovane “fenomeno” statunitense un appalto in esclusiva di 6 mesi, in cui vennero rimasterizzati e registrati di nuovo con le macchine realizzate da Dolby quasi tutte le opere del loro catalogo. I Dolby Laboratoires divennero famosi come la fabbrica del “sound of silence”, il suono del silenzio. A Londra nei primi anni ’70 Ray incontrò un altro inventore e ricercatore statunitense, Henry Kloss, arrivato in Inghilterra dopo aver mollato una laurea al prestigioso M.I.T., con il chiodo fisso di produrre i sistemi stereo e altoparlanti più perfetti sul mercato. Fra i due giovani, uniti dagli stessi interessi e dalle personalità iperattive, ci fu subito intesa personale e professionale. I Dolby Laboratoires da subito iniziarono a collaborare con l’industria fondata da Kloss, la KLH.
Erano gli anni in cui l’introduzione del transistor stava inaugurando l’era della miniaturizzazione in elettronica, iniziando ad intaccare il dominio del vinile e portando registratori e stereo a nastro nelle case, addirittura nelle auto: era il momento della musicassetta, conosciuta come compact cassette. Kloss era convinto che ormai la musica non fosse solo un affare commerciale dell’industria dell’intrattenimento, ma stesse divenendo un fenomeno culturale. Il pubblico era sempre più esigente e attento all’aspetto estetico, per cui chiedeva riproduzioni il più possibile fedeli per cogliere l’essenza dell’esibizione di un artista.
Cosa sarebbe arrivato all’orecchio dell’ascoltatore di un assolo di Jimi Hendrix o di un acuto di Robert Plant senza un sistema di riproduzione all’altezza?
Il rock n’ roll era il genere trainante, ma la domanda di Hi-Fi (acronimo di High Fidelity, ovvero alta fedeltà) arrivava da ogni settore della musica. E Dolby riuscì nel miracolo: il sistema Dolby B “Noise Reduction” (riduzione del rumore) rendeva, almeno in teoria, applicabile al singolo riproduttore portatile o alla radio gli stessi parametri di qualità ottenuti in una sala di registrazione professionale.
Il KLH 40 fu il primo apparecchio registratore e riproduttore a nastro (all’inizio a bobina poi in seguito a cassetta) a essere lanciato sul mercato già dotato del sistema Dolby B, divenendo presto il metro di paragone per la concorrenza. Per la verità, l’attivazione del sistema Dolby B rendeva il suono fin troppo ovattato, fenomeno causato spesso dell’uso di decodificatori del segnale di cattiva qualità rispetto agli standard stabiliti da Dolby. Tanto che di solito si preferiva non schiacciare il famoso tastino sull’apparecchio. L’introduzione dei nastri di alta qualità al ferro-cromo, disponibili dalla fine degli anni 70, consentì una resa inimmaginabile in passato e risolse in parte il problema. Ma ormai la sfida era lanciata e indietro non si poteva tornare.
Nel 1980 la creazione del sistema Dolby C e nel 1986 del Dolby S, evoluzioni del sistema B, misero a disposizione dell’elettronica di largo consumo i sistemi definitivi di registrazione e riproduzione per cassette. L’evoluzione tecnologica in questo campo procedeva rapida come una valanga: ormai si stava affacciando l’era del Compact Disk, e la ricerca di Dolby fu sempre al passo… Ma in realtà il campo in cui le sue intuizioni conobbero la massima realizzazione fu un altro: nel 1976 Ray Dolby decise di tornare a casa e trasferì la sede dei suoi Laboratories negli Stati Uniti.
Tale cambiamento seguiva anche l’interesse manifestato dal cinema per le applicazioni di Dolby. Fino a tutti gli anni 50, era in uso il sistema Cinemascope, con grandi schermi curvi e il suono scomposto su 3 canali, per cui il pubblico avvertiva le onde sonore provenire dai lati e di fronte rispetto alla propria posizione. Ma dagli anni 60 in poi fu chiaro che l’introduzione dei nuovi sistemi di immagine dovevano essere accompagnati anche da un’evoluzione della resa sonora, che da sola pesa almeno per il 50% sul successo di un film. A questo punto Dolby si lanciò negli studi di applicabilità delle sue scoperte alle pellicole cinematografiche.
Non si trattava solo di pulire e potenziare ogni suono che arrivava allo spettatore, ma di garantire la sincronizzazione ed il bilanciamento ottimali, secondo la teoria messa a punto dall’ingegnere inglese Alan Dower Blumein nel 1931.
Già durante il periodo inglese c’era stato un illustre precedente: il famoso regista Stanley Kubrick nel 1971 si era rivolto a Dolby nella realizzazione del film Arancia Meccanica, che divenne presto un classico del cinema moderno.
La complessa colonna sonora del film fu rimasterizzata e sincronizzata, ma non fu incisa assieme al filmato. Nel 1975 i Dolby Laboratories avevano ormai messo a punto il sistema Stereo per la registrazione delle tracce di suono-immagine affiancate su pellicola da 35 millimetri, quella standard usata dall’industria cinematografica.
Dolby aggiunse un quarto canale di riproduzione del suono, normalmente posizionato dietro allo spettatore. Ma l’aspetto che ne ha denotato il larghissimo successo è che la lettura audio poteva essere accoppiata a un sistema di diffusione sonoro anche non dotato di decoder Dolby o addirittura non stereofonico. Questo voleva dire che i gestori delle sale potevano proiettare tranquillamente film girati con la pellicola senza sostituire l’intera attrezzatura audio stereo, cosa che avrebbe comportato una spesa decisamente impegnativa. Se però si voleva ottenere la piena qualità del sistema di diffusione brevettato da Dolby, allora bisognava comprare il decoder stereo da affiancare all’impianto già esistente, aumentando proporzionalmente il numero di amplificatori e diffusori per l’aggiunta del quarto canale audio.
Praticamente lo spettatore seduto in sala per la prima volta non ha l’impressione di essere davanti o dietro all’azione, ma proprio nel mezzo, come se fosse tra i protagonisti del film. Il suono viene percepito come un insieme potente e diffuso, come una sorta di amplificatore della realtà.
Il primo film ad essere girato e proiettato in Dolby Stereo fu Listztomania del 1975, ma è nel 1977 con il fantasy Guerre Stellari (Star Wars) che il sistema Dolby diventa famoso anche fra il pubblico cinematografico. Il regista George Lucas aveva legato la riuscita della sua opera proprio alla resa degli innumerevoli effetti speciali e l’enorme popolarità di cui gode il film ancora oggi sono la conferma dell’efficacia del sistema. Nel 1979 il grande Francis Ford Coppola per Apocalipse Now addirittura utilizzò per la registrazione e la proiezione un sistema a 5 canali.
E ovviamente anche l’enorme mercato dei videogiochi a consolle ha visto una vastissima applicazione dei brevetti Dolby. La sua intuizione ha aperto l’era dell’ “home theatre”, cioè dei sistemi integrati di riproduzione multicanale anche per gli ambienti ristretti: la possibilità di vivere l’esperienza delle moderne sale cinematografiche comodamente seduti nel salotto di casa.
Nel 2011 lasciò la direzione dei suoi laboratori per ritirarsi con la moglie Dagmar a vita privata, tornando a vivere nella California del Sud dove tutto era iniziato, dopo ben 45 anni di lavoro e ricerca a caccia del suono perfetto. Nel corso della sua incredibile carriera nella doppia veste di imprenditore e ricercatore scientifico, Ray Dolby ha ricevuto una lunga serie di premi e riconoscimenti, tra cui nel 1979 un Emmy Award, l’equivalente del premio Oscar per la televisione, mentre nel 1986 la regina Elisabetta lo ha nominato Ufficiale dell’Ordine dell’Impero Britannico.
Nel 2004 il suo nome è stato inserito nella National Electronic Hall of Fame, dedicata ai protagonisti dello sviluppo dell’eletronica. Veloce come una delle sue intuizioni, Ray Milton Dolby se ne è andato vittima della leucemia il 12 settembre scorso nella sua amata San Francisco, all’età di 80 anni.
La prossima volta che accenderete il vostro stereo, prima dedicategli un momento di silenzio: si può dire che l’uomo che ha proprio reinventato il silenzio se lo sia meritato.
di Davide Migliore
Linkografia e Bibliografia :
Sito ufficiale delle società Dolby.
http://www.dolby.com/us/en/index.html
La pagina Wikipedia italiano dedicata a Ray Dolby.
http://it.wikipedia.org/wiki/Ray_Dolby
Radio 24 – Destini incrociati, Ray Dolby, l’uomo che inventò il silenzio, trasmissione del 18.10.2011.
Daily Mail, article of 13rd September 2013, “Ray Dolby, pioneer of sound industry died of acute leukemia.”
http://www.nydailynews.com/news/national/surround-sound-inventor-dolby-dies-article-1.1454674
Storia del magnetofono, il primo registratore / riproduttore audio a nastro.
http://it.wikipedia.org/wiki/Magnetofono
Storia della Ampex Electric and Manufacturing Company, fondata da Alexander Michael Poniatoff, pioniere nel campo delle registrazioni audio e video, azienda in cui il giovanissimo Ray Dolby iniziò la sua carriera nel campo della riproduzione dei suoni.
http://it.wikipedia.org/wiki/Ampex
Sito ufficiale della Ampex Company.
http://www.ampex.com/home.html
Dolby Stereo, 1975 : l’alta fedeltà invade anche il cinema.
http://it.wikipedia.org/wiki/Dolby_Stereo
Sito del Museo storico virtuale della registrazione magnetica. Pagina dedicata all’Ampex Model 200.
http://museumofmagneticsoundrecording.org/StoriesAmpex.html
Pagina descrittiva del sistema Dolby Digital
http://it.wikipedia.org/wiki/Dolby_Digital
Storia e tecnica del Dolby Surround.
http://it.wikipedia.org/wiki/Dolby_Surround
Wired.it, “Che cos’è il sistema Dolby?”, di Lorenzo Mannella, 18.01.2012.
http://daily.wired.it/news/tech/2012/01/18/dolby-sistemi-audio-hifi-16237.html