Dal 1991 ad oggi, l’incremento dell’attitudine omicida giovanile americana è stato del 130%
E’ il 20 aprile 1999 quando un paio di studenti della “Columbine High School” di Washington , rispettivamente di 17 e 18 anni, entrano nel loro liceo armati e compiono una strage uccidendo 13 compagni e ferendone altri 20. Apparentemente nessun motivo sembra fornire una spiegazione al loro atto impulsivo. Entrambi provengono da famiglie benestanti e quartieri tranquilli. Sono ragazzi studiosi, frequentano una scuola rinomata; non hanno manifestato comportamenti devianti né tendenze delinquenziali in precedenza. L’unica peculiarità che li accomuna è l’interesse per il nazismo e l’adesione agli ideali da esso perseguiti. Inizialmente infatti creano un gruppo interno alla scuola in cui vigono i principi neo-nazi, in cui si utilizza la lingua tedesca per comunicare, in cui ci si veste con lo stesso stile e senza l’immancabile “spolverino nero”. Con il passare del tempo le regole interne alla banda diventano sempre più rigide ed estremiste, i due leader cominciano a perdere adesioni, ma i loro progetti non svaniscono, al contrario i due ragazzi iniziano a bazzicare più frequentemente nelle cantine dei rispettivi genitori trafficando con i loro strumenti da lavoro, gli stessi che, poco tempo dopo, si scoprirà vennero utilizzati per costruire bombe “fatte in casa”. Il loro odio è rivolto in particolare alle persone di colore, agli atleti delle squadre del liceo, che paiono essere i favoriti nell’ambiente scolastico e a tutti i compagni che prendono in giro il loro “credo” e il loro modo di atteggiarsi. La loro intolleranza culmina la mattina del 20 aprile durante la quale i due ragazzi puntano le pistole contro i loro coetanei mietendo più di trenta vittime tra morti e feriti.
20 gennaio 2013 : ad Albuquerque in New Mexico un ragazzino quindicenne uccide il padre, la madre e tre dei suoi nove fratelli. I corpi vengono ritrovati nell’abitazione della famiglia, ma non si è a conoscenza delle cause dello sterminio. Le vittime vengono riconosciute dai vicini di casa i quali descrivono l’adolescente come un ragazzo strano , piuttosto introverso , che indossa spesso vestiti in stile militare.
Inverno 1994, in Florida, una ragazzina di 13 anni passa il sabato pomeriggio in un centro commerciale con gli amici. Verso sera, lei e le sue due amiche decidono di prendere un taxi per tornare a casa. Quando giungono all’abitazione dell’adolescente, il tassista si gira per comunicarle il prezzo del viaggio, lei estrae dalla borsa una pistola e la punta alla testa dell’uomo, colpendolo a morte. Commesso il delitto, rientra a casa e accende la televisione. La madre, durante un’intervista, afferma di non aver notato un comportamento diverso della figlia dopo il misfatto. La tredicenne non le racconta quanto accaduto, non sembra essere sconvolta dall’omicidio commesso e nemmeno sentirsi in colpa.
Questi sopra citati sono solo una minima parte degli omicidi commessi negli Stati Uniti da adolescenti e giovani adulti. I baby killer e gli schoolshooter sono un fenomeno che da anni preoccupa l’opinione pubblica americana che, dal 1991 ad oggi, misura un aumento dell’attitudine omicida giovanile del 130%. Si contano centinaia di delitti commessi da bambini e adolescenti per le cause più disparate: ingiustizie subìte, vendette verso fidanzati/e infedeli, reazione contro l’autorità genitoriale, odio raziale, senso di inferiorità, credenze deliranti o semplice noia. Ciò che accomuna ogni crimine è la facilità con cui viene commesso, la freddezza con cui viene escogitato, la perfetta impassibilità di fronte alle azioni compiute. Sembra che per l’elevata percentuale di giovani omicidi, togliere la vita ad un altro essere umano sia un atto semplice, come guardare un telefilm o sconfiggere un nemico durante una partita ad un videogioco. A volte non si riescono a definire dei veri e propri moventi che spingono i ragazzini a commettere azioni criminose, particolare che induce a pensare che il reato venga vissuto come un’esperienza nuova, qualcosa che prima o dopo si debba sperimentare nel corso della vita.
Fattori di rischio e prevenzione
Numerosi esperti hanno studiato questo fenomeno per provare a comprendere le cause alla base della violenza giovanile: svariate équipe di psicologi hanno condotto studi per poter tracciare i fattori di rischio e di prevenzione legati al caso. I ricercatori dell’università di Grenoble in collaborazione con quella di Hohenheim e con lo stato dell’Ohio, ad esempio, hanno sviluppato una ricerca sugli effetti negativi dei videogiochi violenti sugli adolescenti. E’ stato dimostrato che i videogames producono delle conseguenze significative sui comportamenti dei giocatori, rendendoli aggressivi e ostili. E’ stato inoltre accertato che gli effetti siano a lungo termine e “cumulativi”. Questi risultati sembrano infatti confermare quelli di uno studio condotto l’anno precedente nella University School of Medicine di Indianapolis, nel quale veniva sostenuto che i videogiochi violenti, dopo una sola settimana di utilizzo, provocassero dei veri e propri cambiamenti in alcune aree del cervello associate alle funzioni cognitive e al controllo del comportamento. Nello specifico, si poteva osservare una minore attivazione della regione cerebrale frontale, legata al controllo emotivo e al dominio comportamentale.
Un altro studio, condotto nell’università del Minnesota sembra essere molto interessante. La ricerca è stata condotta su un campione di 20.000 adolescenti americani e sorprendentemente mostra come il 15% dei teenagers affermi di aver paura di morire giovane. Questa percentuale supera di netto quella dei giovani che si drogano, tentano il suicidio o adottano condotte a rischio e, pertanto, anche se non si conoscono le cause che instillano questo timore nei ragazzi, si può notare come tali risultati si oppongano all’idea comune secondo cui i giovani si sentono imbattibili e immortali e proprio per questo motivo non pensino alle conseguenze dei loro comportamenti incoscienti e pericolosi. Al contrario, secondo i ricercatori, talvolta le condotte rischiose o violente vengono attuate proprio per la convinzione che la vita non abbia grande valore, che ci sia poco da salvaguardare, insomma che non ci sia speranza. In questo caso, come sostenuto dal conduttore dello studio, Iris Borowsky, la risposta degli adolescenti rispetto alla paura di morire giovani, potrebbe essere indicatore dei loro comportamenti a rischio futuri.
Negli Stati Uniti per acquistare un’arma basta essere maggiorenni e avere la fedina penale pulita.
Le idee che sono state sviluppate rispetto a questo problema americano sono tante, gli esperti hanno provato a fornire una risposta a svariate domande e, in alcuni casi, ci sono riusciti. Purtroppo però oggi non si possono definire ancora dei veri e propri predittori che indichino i giovani a rischio, quelli che potrebbero diventare dei baby killer o commettere una nuova strage all’interno di una scuola; non si può ancora tracciare un profilo specifico di un futuro assassino. Ciò che è certo è che i videogiochi vengono utilizzati dalla maggior parte degli adolescenti, che ognuno di essi può avere delle antipatie e che le delusioni amorose, che molti di loro vivono, in famiglie in cui i genitori sono assenti o inadeguati, potrebbero sviluppare tendenze omicide o violente. Una sola cosa, infatti, accomuna tutti i casi sopra riportati, tutte le stragi, i delitti, i crimini: ognuno dei giovani ragazzi, artefici di tali violenze, teneva tra le mani un’arma da fuoco.
Secondo uno studio dell’Harvard School of Public Health, infatti, il 70% dei ragazzini delle elementari e delle medie afferma di poter ottenere una pistola senza grandi problemi. Negli Stati Uniti per acquistare un’arma basta di fatto avere raggiunto la maggiore età ed avere la fedina penale pulita. Nonostante l’opinione pubblica stia mostrando segni di sdegno verso questa libertà, manifestando il suo malcontento attraverso petizioni e raccolta firme ( l’ultima ne ha contate 160.000), una buona fetta delle famiglie americane ritiene utile possedere un’arma nella propria abitazione con la quale potersi difendere e sentirsi al sicuro. In seguito agli ultimi eventi tragici compiuti per mano di minorenni, il Presidente Barack Obama ha deciso di varare una legge per limitare la circolazione di armi in America e, anche se quelle già presenti sul territorio e alla mano di tutti sarebbero sufficienti a compiere altri misfatti per un lasso di tempo ancora lungo, questo potrebbe considerarsi un primo passo consistente per la sicurezza dei cittadini e dei bambini. Dal momento che le cause psicologiche e temperamentali, che scatenano alcuni atti tragici e irrimediabili, sono ancora oscure, non resta altro da fare che limitare agli attuali e futuri assassini i mezzi con cui spegnere altre vite.
di Alessandra Genta
http://www.nonsprecare.it/dietro-la-violenza-giovanile/
http://www.giovani.it/news/esteri/usa_stragi_scuola.php
http://www.repubblica.it/online/fatti/massacro/zucconi/zucconi.html
http://www.adozione-a-distanza.info/armi-in-america-e-sparatorie-nelle-scuole/
http://www.chiccheinformatiche.com/videogames-violenti-aumentano-laggressivita-negli-adolescenti/