Per descrivere una città, non si può non prescindere dal fare affidamento a scene di film, fotografie, vecchi racconti, serie tv, romanzi, o strofe di canzoni. Quando si parla di New York poi, non contare questi aspetti è praticamente impossibile.
Dal più piccolo angolo del Queens, alla più famosa e celebrata Times Square, questa città ha avuto modo di mostrarsi al mondo in ogni sua forma, colore o essenza, diventando parte dell’immaginario collettivo, come simbolo di una realtà in continuo divenire. Un movimento perpetuo di auto e persone, in cui tutto sembra avere un suo piccolo posto, e dove sogni di ogni genere hanno spesso trovato la loro realizzazione.
“La città che non dorme mai”, così viene comunemente definita la Grande Mela, perché nulla si ferma, niente si spegne, e tutto è sempre, incredibilmente vivo.
“The Big Apple”, deriva da un paragone le cui origini vengono fatte risalire al libro The Wayfarer in New York, scritto da Edward S. Martin nel 1909, e con cui sovente si definisce la città. Situata nello stato omonimo, essa sorge su un’area di circa 785 km² alla foce del fiume Hudson, sull’Oceano Atlantico, nella cosiddetta Baia di New York, in parte sul continente e in parte su isole, ed è amministrativamente divisa in cinque distretti (borough): Manhattan, Bronx, Queens, Brooklyn e Staten Island.
La famosa Manhattan costituisce il nucleo storico. Il nome deriva dall’indiano, e significa “zona fra le colline”. Anche se solo 1,5 dei circa 8 milioni di newyorkesi vivono in questo distretto, essa rimane indubbiamente la parte più famosa della città. Vi si trovano infatti quasi tutti i luoghi più importanti e più celebri: il municipio, la borsa di Wall Street, il ponte di Brooklyn, Times Square, i teatri di Broadway, Central Park, il Metropolitan Museum e la Metropolitan Opera, la cattedrale di San Patrizio, senza contare tutti i quartieri più famosi, come SoHo, Chinatown, Little Italy, Greenwich Village, Midtown, Harlem, solo per citarne alcuni. E soprattutto quasi tutti i grattacieli per cui la città è giustamente nota nell’immaginario collettivo come lo skyline più famoso di sempre: l’Empire State Building ed il Chrysler Building giusto per nominarne due.
Passeggiando tra le trafficate vie della città, ci si può soffermare guardando in alto. Così facendo, si intravedono gli spigoli dei palazzi che tagliano il cielo, il quale sembra diventare la parte mancante di un grande puzzle. Una sensazione di vertigine pervade l’uomo che per un attimo si sofferma a guardare quegli immensi e luminosi palazzi della Fifth Avanue, osservando il sole che si infrange illuminando quella moltitudine di piccole finestre.
Nulla sembra veramente reale. Più che una città, New York sembra quasi un’allucinazione. Di fatto, quando si arriva nella Grande Mela, anche per la prima volta, pare di esserci già stati. L’angolo di una via, una casa, un piccolo bar con i tavolini all’esterno, il prato verde di Central Park, pare che tutto questo sia già stato visto, già vissuto, già assaporato. Merito di cinema, canzoni e libri, che hanno cantato questa città in tutto il suo scintillante splendore. Ci sono tre colori che caratterizzano la Grande Mela: il blu, del cielo terso che si intravede tra gli affollati grattacieli, il grigio opaco dei palazzi che costeggiano le vie, e il verde del cuore pulsante della città: Central Park.
Se immaginiamo di passeggiare all’imbrunire, osservando le tante realtà circostanti, sentiamo che non c’è aria, il vento tarda ad arrivare, a spazzare via i residui di una lunga giornata. Un tavolo, un po’ di sedie qua e là, due ragazzi che parlano vicino tanto da bisbigliare. Le macchine passano affianco in strada, non curanti delle vite che camminano accanto ai loro finestrini. Sul marciapiede si vedono volti, sguardi, bocche che trattengono parole, occhi che trattengono sogni, lacrime, insulti, bugie. Speranze.
Si creano così tante immagini di New York, tanto che ognuno può prendere quella che più gli piace, che più soddisfa le proprie aspettative e che più rassomigli ai propri sogni. Perché se c’è una cosa che New York non sa fare, è deludere.
di Alice Allievi