Categoria | Politica-Economia

Adozioni internazionali in Nepal: più esperienza di volontariato

Pubblicato il 20 gennaio 2014 da redazione

Nepal, un paese racchiuso nell’incanto

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Dominato in gran parte dalla maestosa presenza della più vasta catena montuosa della Terra, l’Himalaya, incastonato tra le terre di India e Cina, il Nepal è noto per la presenza nel suo territorio della montagna più alta del mondo, l’Everest: una maestosa altezza di 8848 metri da cui guardare il mondo.

Grazie ai meravigliosi circuiti di trekking che si estendono all’interno di splendidi paesaggi ancora incontaminati, si può scorgere un incantevole habitat naturale che fa da scudo a molte specie animali (tra cui yak e il leopardo delle nevi). Uno stupefacente scenario, combinato con la purezza e la genuinità delle persone, fa del Nepal una forte attrazione turistica, specialmente per i più avventurieri. E pensare che le frontiere del paese sono rimaste serrate per secoli, riaperte soltanto nel 1950 dopo l’invasione cinese in Tibet. Il divieto di entrata, esteso a tutti coloro che non possedevano un permesso regolare per l’accesso al Paese, ha contribuito al forte mantenimento della popolazione che per cultura, aspetto fisionomico e tradizioni si discosta molto dai vicini indiani e tibetani.

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Il Nepal è stato da sempre un paese estremamente chiuso, soggetto a un forte regime protezionistico nei confronti del turismo e dell’occidente in generale. Ciò, ha conferito al paese una forte autenticità, e gli ha permesso un percorso di crescita e sviluppo autoctono. A seguito del suo lungo isolamento e del bassissimo tasso di transazioni commerciali con l’estero, il Nepal è considerato tra le nazioni più povere al mondo.  Anche il suo scarso coinvolgimento nelle questioni politiche ed economiche internazionali ha creato le condizioni perché si sviluppasse una cultura particolare e unica, imperniata su due religioni prevalenti: l’induismo e il buddhismo. L’insieme di questi fattori, ha generato un sistema economico basato sulle risorse primarie, che garantiscono al paese l’autosufficienza e l’indipendenza dagli altri Stati. Non è un caso che il Nepal sia considerato tra i paesi più pacifici e meno ostili del mondo e, grazie allo straordinario spettacolo offerto dalle sue montagne, anche tra i più affascinanti.

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Purtroppo, però, la realtà di questo paese non è tutta rosea. Un problema che merita di maggior attenzione è quello relativo al sistema di adozioni internazionali di bambini nepalesi.

Fin dalle origini, e precisamente dal 2000, anno in cui hanno preso il via le adozioni nel paese, il sistema locale sottostante agli affidamenti internazionali è risultato molto fragile e inadeguato a trattare una materia così delicata e complessa.

All’inizio del secolo, il fatto che ci fosse una sola istituzione delegata a occuparsi del tema, contestualmente a una crescita esponenziale del numero di adozioni, ha creato non pochi problemi nella gestione dei casi. Il numero di bambini adottati (nel 2000 pari a 8), ha conosciuto un incredibile incremento fino agli oltre 500 del 2006.

Questo boom di adozioni, con paesi molto attivi come USA, Italia e Spagna, ha generato involontariamente un sistema illecito che ha portato all’emersione di grossi grattacapi. Si è appurato, infatti, dopo anni d’indagini, che dietro le richieste dei paesi occidentali, nell’ultimo decennio siano comparse organizzazioni di stampo mafioso che avrebbero agevolato e manovrato la collocazione di bambini in giro per il mondo. L’interesse che si è venuto a creare intorno a questo nuovo “business” non è stato certo di poco conto, visti gli oltre 10.000 USD (in Nepal sono una cifra considerevole) che le famiglie avrebbero dovuto spendere per l’adozione e l’iter burocratico sottostante.

Chi ha provato a guadagnarci sono stati quindi falsi gestori di orfanotrofi, che hanno tentato di “piazzare” bimbi poveri a famiglie benestanti di altri continenti. Recentemente, si è scoperto che molti di loro non erano neppure orfani, ma solo in affidamento temporaneo di case-famiglia, che se ne prendevano cura durante una malattia o un’indisposizione di un genitore.

Lo scandalo è emerso quando una madre ignara ha denunciato l’adozione della propria figlia, venduta come orfana, a una famiglia americana senza che venissero interpellati i genitori naturali.

Casi come questi ne sono stati registrati a decine. Di questi bambini, etichettati paper children, veniva apposta una fotografia su un giornale locale, che li dichiarava orfani, senza prove documentate ne rivendicazioni da parte dei genitori naturali. Il caos generatosi ha portato all’attuale sospensione del sistema di adozioni, in un continuo stop-and-go di riforme e tentate regolamentazioni, all’interno di un clima pervaso da totale confusione e incertezza.

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Ramesh e Sarala Lamichhane.

Ramesh e Sarala Lamichhane.

Personalmente, ho avuto modo di trascorrere qualche settimana in una casa-famiglia nella Valle di Kathmandu, la capitale, rendendomi conto di persona della quantità di bambini abbandonati o di situazioni famigliari allarmanti.

Il piccolo villaggio del quale ero ospite è quello di Phutung, nella periferia a nord della città, e rappresenta un centro nevralgico di questa triste realtà, in quanto sede di tre diversi orfanotrofi.

La struttura che mi ha ospitato, la Supportive Self-Sustaining Orphan Home accoglie bambini che riversano in condizioni sociali e famigliari difficili oppure di abbandono.

Una coppia di fratellini, addirittura, ha rischiato la vita per opera del padre, che ha tentato di ucciderli prima di togliersi la vita.

Un altro ragazzino era, invece, stato prelevato dalla polizia poche settimane prima, poiché la madre, prostituta, non era in grado di crescerlo.

Storie tristi e desolanti, distanti dal nostro modello occidentale di società.

I protagonisti, nonché gestori di questa struttura, sono una coppia di coniugi nepalesi, di nome Ramesh e Sharla. La loro, è una vita di sacrifici e incertezze, poiché, nonostante crescano e gestiscano più di quindici bambini, non ricevono nessuna sovvenzione dal governo centrale, a causa, in gran parte, delle vicende sopra descritte.

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Le uniche forme di sostentamento che ricevono sono quelle che arrivano dal network di volontari privati internazionali che “virano” intorno alla vita dell’orfanotrofio. L’attività dei due coniugi, iniziata per passione nel 2002, consiste nel “prelevare” bambini abbandonati dalle caserme di polizia, i quali, senza un apporto esterno, finirebbero in mezzo a una strada nella più totale imprevedibilità.

Nonostante la loro condizione non certo felice e appagante, i bambini riescono a trasmettere un’eccezionale positività a coloro che li circondano. Cresciuti in mezzo alla natura, in un paese dove le giornate sono scandite principalmente dal sorgere e dal tramontare del sole, essi hanno sviluppato un’incredibile acutezza e intelligenza che vi stupirebbe. Questi bimbi vivono con estrema naturalezza, lentezza e armonia. Le mie giornate con loro sono sempre state differenti, divise fra l’intrattenimento dei bambini e altre attività. Nella primo caso, provvedevo ad aiutarli nello svolgimento dei compiti e li affiancavo nelle partite di calcio, nei giochi sociali e nella visione di cartoni animati e film in lingua inglese. Nel secondo caso, collaboravo alla sistemazione in un’altra casa, sempre a Phutung. In accordo con le nuove leggi governative, infatti, i bambini sotto i nove anni di età, e dello stesso sesso, non possono più dormire nella stessa camera.

Ramesh, di conseguenza, si è dovuto adeguare affittando un altro piano di un edificio qualche centinaio di metri più sotto. I lavori da fare per rendere abitabile la nuova dependance dell’orfanatrofio erano molti, dall’imbiancatura delle pareti, al trasloco di mobili da una casa all’altra, dalla pulizia delle macerie, alla sistemazione di taniche d’acqua e mattoni.

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La sera, nelle uniche due ore di pace prima di addormentarmi, la gioia più grande, dopo una giornata così piena e insolita, era il sorriso spensierato di un bambino: riempiva davvero il cuore.

Anche il silenzio incredibile che ti travolge, in quel villaggio sperduto dove l’unica fonte di “inquinamento” acustico era data dal vento o dai versi di alcuni animali, mi appagava completamente.

Beneficiavo soltanto di quelle due-tre cose di cui disponevo tra cui un libro e un quaderno per appunti; ma non computer, cellulari tecnologici e dispositivi vari, che solitamente distraggono dalla realtà e fanno perdere di vista le cose più semplici, più valide e importanti.

Finalmente un po’ di tempo. Un po’ di tempo per me stesso, per riflettere, per riposare e pensare a quanto la vita talvolta è magnifica, quando ti accontenti di ciò che hai. Come quella famiglia, la cui preoccupazione principale era dettata dall’approvvigionarsi le scorte di cibo giornaliero.

Il resto del giorno è un regalo da vivere e gustare, è tempo vita di cui a volte non si è consapevoli.

di Andrea Cecchi

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6 Comments For This Post

  1. Simona Says:

    Che emozione..con il cuore ti ho seguito mi hai portata in quella terra ricca di fascino e mistero..belle le foto che accompagnano le parole evocandoti la potenza della natura e la genuinità del suo popolo.

  2. paola rebecchi Says:

    Siamo quasi invidiosi della tua esperienza.
    Si capisce che ti ha lasciato tanto…
    Se poi unisci l’utile dell’esperienza con i bambini al dilettevole del trekking sull’Himalaya…
    il gioco è fatto!!!
    Siamo fieri di te, del tuo coraggio e altruismo e della persona proprio “speciale” che stai diventando…
    Baci,
    La tua famiglia

  3. Elisa Says:

    Il tuo articolo mi ha fatto pensare a come alcune volte per ritrovare il proprio equilibrio è necessario mettersi in movimento. Avevo in mente anche io di fare un’esperienza del genere questa estate, perciò vorrei chiederti se per fare questo viaggio ti sei appoggiato a qualche associazione o altro. Ti ringrazio.

  4. Andrea Cecchi Says:

    Elisa grazie per il commento; io sono andato là indipendentemente, ma grazie alla referenza di una signora che va lì spesso e conosce personalmente i due “genitori”. Se ti interessa saperne di più contattami pure: andrea.cecchi@live.it

  5. Tommaso Says:

    Andre, hai suonato con ogni parola, ogni sillaba una melodia incantevole,note di gioia, comprensione ed apertura, segnano in te sicuramente un passaggio importante. Grande. Grande Andre.

    A presto per un buon tè.

    =)

  6. Paolo e Luciana Says:

    Siamo veramente orgogliosi di come sei diventato, forte altruista e generoso e pronto a impegnarti di prima persona senza comparire. Luciana e Paolo.

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